Chi dice che i vini di Cotarella sono tutti uguali non ha mai assaggiato questi

Il noto enologo è consulente di diverse cantine italiane, dalle aziende private alle cooperative

EDITORIALE – Riccardo Cotarella è uno degli enologi italiani più noti e, al contempo, più dibattuti. Settantuno anni, 51 di carriera, è presidente di Assoenologi dal 2013 e consulente di diverse cantine italiane, dalle realtà cooperative alle aziende private.

È apprezzato a livello internazionale. Ma nominarlo nell’ambiente vinnaturista scatena reazioni paragonabili solo ai nitriti di cavallo  di Frau Blücher in Frankenstein Junior, il capolavoro degli anni Settanta diretto da Mel Brooks.

Molti concordano tuttavia su un punto: i vini firmati dell’enologo umbro peccherebbero di “omologazione”. Cotarella tenderebbe a “calcare troppo la mano” nelle sue etichette. Un tocco che, secondo i detrattori, sovrasterebbe il vitigno e il terroir, rendendole tutte piuttosto simili, pur essendo realizzate con vitigni diversi e in diverse regioni.

Una posizione in parte condivisibile. Ma esistono delle eccezioni assolute. E’ caso dei vini di San Salvatore 1988. Giuseppe “Peppino” Pagano, imprenditore del settore alberghiero, ha iniziato a collaborare con Cotarella sin dalla fondazione della cantina di Giungano (SA), negli anni Ottanta. Pagano ha messo subito le cose in chiaro.

Giuseppe Pagano, fondatore della cantina San Salvatore 1988

“Volevo il massimo dai miei vini – spiega – e per questo ho scelto Riccardo Cotarella, enologo che gode di fama internazionale, consigliatomi da molti esperti del mondo del vino. L’obiettivo era ed è quello di produrre vini di alto profilo, ma anche e soprattutto di territorio, che rispecchiassero l’identità della terra d’origine”. Detto, fatto.

Cotarella accetta l’incarico e inizia a collaborare con San Salvatore 1988. Ma non basta. Giuseppe Pagano è un perfezionista, un cosiddetto “maniaco del controllo”. Alla cantina serve qualcuno che segua quotidianamente i vigneti e le vasche.

Qualcuno che coccoli i grappoli dalla mattina alla sera, nel loro processo di trasformazione in vini d’eccellenza. Il nome giusto arriva dalla Francia. E’ Charly Annes. Giovane, dinamico, intraprendente. Preparato.

Il vigneto Cannito di San Salvatore 1988

E’ lui l’anello di congiunzione tra il progetto imprenditoriale (e affettivo) di “Peppino” Pagano e Cotarella. Ed è così che si concretizza, nel calice, l’aspettativa di una linea di etichette “di territorio”.

A Cotarella ho chiesto di fare semplicemente quello che gli riesce meglio – spiega Pagano – ovvero il suo lavoro. Ma il Fiano deve essere Fiano. L’Aglianico deve essere Aglianico. Il Greco deve essere Greco. E così via. Obiettivo raggiunto? Questo lo devono dire i giornalisti. Io credo proprio di sì”.

Non è un caso se i vini San Salvatore 1988 siano risultati tra i migliori degustati alla cieca da WineMag.it in occasione dell’ultima edizione di Campania Stories, nella categoria “bianchi e spumanti” e “rossi“.

Tra i parametri del tasting, una voce a cui diamo particolare rilevanza è proprio la tipicità e la riconoscibilità del vitigno, oltre alla correttezza enologica del campione degustato. Chi pensa che i vini di Cotarella siano “tutti uguali”, beh: non ha mai assaggiato quelli di San Salvatore 1988. Cin, cin.

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