Con le vendite dei pregiati vini dolci di Tokaj in ripresa sui mercati internazionali, in prossimità di Natale 2020, la regione vinicola più famosa d’Ungheria si prepara a una doppia rivoluzione.
Da un lato una riduzione della superficie rivendicabile per la Denominazione. Dall’altro una pioggia di denaro dal governo guidato da Viktor Orban: circa mezzo miliardo di euro per potenziare infrastrutture, trasporti, servizi. E creare, in ambito vitivinicolo e turistico, una rete di piste ciclabili tra i vigneti. In una parola: enoturismo.
Se i 150 miliardi di fiorini messi a disposizione da Budapest fanno felici un po’ tutti, non si può dire lo stesso della nuova Legge sul Vino dell’Ungheria, che vede proprio la regione settentrionale del Paese al centro di un importante cambio di passo.
Secondo rumors provenienti dall’Országház, il parlamento ungherese potrebbe varare un taglio delle superfici vitate in cui sarà possibile produrre i vini a marchio Tokaj, oggi pari a 5.500 ettari (all’incirca quanto l’Alto Adige) con altimetrie tra i 400 e i 600 metri sul livello del mare.
La bozza del provvedimento contiene un solo accenno a tale provvedimento, che ha scatenato la preoccupazione di molti produttori e associazioni di settore. L’oltalom alatt álló, omologo della Denominazione di origine controllata italiana (Doc) o dell’Appellation d’origine contrôlée francese (Aoc), dovrebbe essere così relegata alle zone di “montagna”.
Tutte le altre si fregerebbero invece della dicitura “Zemplén“, termine che fa riferimento ai Monti situati al confine con la Slovacchia, che in questo caso assumerebbero il significato di “Collina“. Qui entrerebbe in vigore il divieto di apporre in etichetta il nome Tokaj.
Un modo per favorire i migliori appezzamenti e le migliori esposizioni per gli attacchi della Botrytis cinerea, la “muffa nobile” che rende tanto unici e speciali i vini di Tokaj, assieme ai terreni di matrice vulcanica.
“Una prima semplificazione delle leggi che regolano i nostri vini – spiega a WineMag.it il presidente del Consorzio di Tokaj, Péter Molnár (nella foto) – c’è stata nel 2014, con la suddivisione tra i vini Eszencia, Aszù, e i vari Szamorodni e vendemmia tardiva divenuta ancora più marcata”.
“L’anima della nostra denominazione, anche a fronte della crisi internazionale dei consumi di vini dolci, sarà sempre la medesima. La vera sfida è ampliare il ventaglio delle occasioni di consumo: siamo convinti che il nostro Tokaj, grazie alla sua eccezionale freschezza e mineralità, che garantisce un perfetto equilibrio con la componente dolce naturale, sia un ottimo vino da pasto, abbinabile a una vasta gamma di piatti, ben oltre il dessert o i formaggi”.
A dare ragione a Molnár, che ricopre anche il ruolo di direttore generale della cantina Patricius Borház a Bodrogkisfalud, è la ripresa dei consumi in Asia: “Al di là del periodo natalizio, stiamo registrando da diverse settimane un’impennata degli ordini in Oriente, soprattutto in Paesi come Cina, Giappone, Corea, Taiwan“.
“L’Occidente fatica ancora per via delle chiusure dell’Horeca – spiega ancora Molnár – ma siamo incoraggiati dall’apprezzamento dimostrato sempre più spesso dalle nuove generazioni nei confronti dei nostri vini dolci: costituiscono una nicchia minuscola nel panorama internazionale, con soli 2 milioni di bottiglie all’anno, ma sanno essere moderni come pochi al mondo, grazie alle caratteristiche uniche conferite dal nostro terroir”.
I produttori locali hanno iniziato a promuovere l’unicità di Tokaj già nel 1.700, 155 anni prima della celeberrima Bordeaux. Quella magiara è stata la prima regione vinicola a darsi un codice qualitativo basato sulla prodizione di 173 vigneti, riconosciuti sino all’avvento del Comunismo.
“Abbiamo accolto molto positivamente la notizia dello stanziamento di 150 miliardi di fiorini per lo sviluppo della zona – conclude Péter Molnár – e siamo già in contatto con il commissario governativo per lo sviluppo della regione Tokaj-Zemplén, György Wáberer, per studiare le soluzioni migliori per lanciare Tokaj nell’olimpo dell’enoturismo, una volta messa alle spalle la pandemia. Certo bisognerebbe anche rivedere le norme sulla tolleranza zero per chi si mette alla guida, uniformando l’Ungheria ai tassi di tolleranza di tante altre nazioni produttrici, come per esempio l’Italia”. Su questo capitolo, il Governo Orban rifiuta di rilasciare dichiarazioni.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.