«Una scure per il mondo del vino e l’inizio di una nuova ondata proibizionista per il settore». Così Unione italiana vini commenta l’approvazione delle linee guida del documento European framework for action on alcohol 2022-2025 dell’Organizzazione mondiale della Sanità.
Decisioni che «si discostano da quanto previsto dalla Global alcohol strategy approvata lo scorso maggio dalla stessa Oms e dalla votazione al Cancer plan da parte del Parlamento europeo, che avevano rimarcato l’esigenza di focalizzare l’azione sul consumo dannoso di alcol». Nessun voto contrario, ieri a Tel Aviv. Neppure da parte della delegazione italiana.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – Regione Europa ha dunque adottato integralmente la propria risoluzione. «Mettendo di fatto in crisi un comparto, quello del vino europeo – sottolinea Unione italiana vini – che solo nel nostro Paese conta 1,2 milioni di addetti e un surplus commerciale con l’estero di circa 7 miliardi di euro annui».
L’European framework for action on alcohol 2022-2025, secondo quanto riferisce Uiv, prevede un contrasto al consumo tout court dell’alcol come priorità di azione, con un obiettivo di riduzione del 10% pro-capite entro il 2025.
Tra le politiche che l’organizzazione proporrà ora ai Paesi interessati c’è l’aumento della tassazione, il divieto di pubblicità / promozione / marketing in qualsiasi forma, la diminuzione della disponibilità di bevande alcoliche. E ancora: l’obbligo di health warning in etichetta e un nuovo approccio alla concertazione delle politiche che vedrebbe totalmente escluso il settore dal dibattito.
“NO SAFE LEVEL” PER IL CONUSMO DI VINO E ALCOLICI
Il testo, spiega ancora Unione italiana vini, si basa sul concetto di consumo “no safe level“, solo qualche mese fa fortemente contestato in sede di voto al Cancer plan dell’Europarlamento.
Secondo Uiv, l’obiettivo di taglio lineare ai consumi anche di vino – senza distinzione tra quelli compulsivi e moderati, oltre che tra le tipologie di bevande – risulta essere «decisamente lontano dall’approccio alle politiche di prevenzione e formazione promosse dal nostro comparto, oltre che dai modelli di consumo moderato prevalenti in Italia di cui l’Europa non tiene conto».
«La storia – evidenzia Uiv in una nota – ci ha insegnato come il proibizionismo non sia la soluzione per sconfiggere la piaga dell’alcolismo, ma soprattutto come il vino sia un simbolo del bere responsabile, della Dieta mediterranea e non certo protagonista del binge».
«Per questo – conclude Unione italiana vini – l’associazione si appella alla politica, che in questo caso si è dimostrata sorda e distratta, per cercare di tutelare uno dei capisaldi del made in Italy, ma anche di un tessuto sociale di migliaia di viticoltori, custodi dei territori e di una cultura millenaria parte integrante del nostro Paese».
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