Dazi Usa sul vino italiano: inviata a Bruxelles la petizione di 207 vignaioli

Raccolte 6250 firme, destinate ad aumentare

La petizione contro i dazi Usa sul vino italiano firmata da 207 vignaioli è stata inviata alle 11 di questa mattina a Bruxelles e Roma. Lo annunciano i promotori dell’iniziativa, su Change.org. “Le istituzioni europee, per prime, hanno l’onere di tentare di superare la guerra a colpi di dazi con gli Stati Uniti”, si legge nell’annuncio.

I vignaioli invitano a non smettere di firmare il documento: “Continua a sostenere questa petizione che la prossima settimana sarà consegnata all’autorità della Repubblica Italiana, per sensibilizzarle riguardo a questo fondamentale rischio per il nostro mondo. Grazie ancora dell’aiuto”.

La petizione finirà presto tra le mani dell’Ue Commissioner for Agriculture and Rural Development, Janusz Wojciechowski, e in quelle del presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli.

Tra i destinatari anche il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali rappresentato da Teresa Bellanova, il deputato della Camera Paolo Gentiloni, il Ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio e Filippo Gallinella, Presidente della Commissione Agricoltura.

BELLANOVA: “SERVE UN FONDO AD HOC”
Nelle stesse ore, la ministra Bellanova ha scritto nuovamente al Commissario europeo Phil Hogan, atteso a Washington martedì 14 gennaio per scongiurare la penalizzazione dell’agricoltura e dell’agroalimentare europei.

Non un minuto da perdere e un’azione forte dell’Europa. Utilizzare tutte le armi della diplomazia politica. Costituire immediatamente un Fondo ad hoc, senza assolutamente intaccare le risorse Pac, per affrontare questa e altre crisi commerciali.

Nell’immediato, sostenere le aziende dell’agroalimentare italiano ed europeo colpite ingiustificatamente dai dazi. Infine, ma non ultimo: mantenere l’unità d’azione europea e la coesione tra gli stati membri che la strategia dell’amministrazione statunitense sta a colpi di dazi tentando di minare. Queste le richieste di Bellanova a Hogan.

Dopo la prima lettera di ottobre e i numerosi incontri istituzionali a Bruxelles – spiega – ho ritenuto urgente sollecitare ancora una volta il Commissario Hogan in vista della sua imminente missione a Washington.

Bisogna mettere in campo ogni sforzo negoziale per scongiurare la penalizzazione che rischia di colpire ulteriormente da subito, e con un peso che si annuncia infinitamente maggiore del precedente, l’agricoltura e l’agroalimentare europei”.

“Non è accettabile – continua la ministra – che agricoltori e imprese paghino dazi addirittura al cento per cento del valore come quelli previsti dalla revisione in corso delle misure. Sarebbe una debacle, che dobbiamo assolutamente scongiurare. Ed è assolutamente necessario costituire un Fondo europeo per sostenere le imprese. Prendendo le risorse dal bilancio europeo e non dai fondi agricoli, perché altrimenti l’agricoltura pagherebbe due volte”.

Per Bellanova, “bisogna agire con assoluta urgenza e fare seguire azioni concrete ad impegni e assicurazioni verbali più volte rimarcati. Le nostre imprese hanno già pagato l’embargo russo e non sanno cosa aspettarsi da Brexit. E noi non possiamo muoverci solo dopo che il disastro è accaduto. Dobbiamo farlo prima e dobbiamo farlo subito”.

Per questo, scrive la Ministra Teresa Bellanova a Hogan, bisogna “mantenere l’unità d’azione dell’Unione Europea e la coesione tra Stati membri. Coesione che rischia invece di venire meno, laddove le nuove misure venissero a colpire in maniera sproporzionata alcune categorie di prodotti agroalimentari europei: nel nostro caso, dopo aver gravemente danneggiato il lattiero-caseario, l’ampliamento ipotizzato nella lista finirebbe per colpire nostre filiere strategiche come quelle viti-vinicole, delle carni lavorate, dell’olio di uliva e degli agrumi”.

“L’impatto non sarebbe sostenibile per le nostre imprese che hanno investito molto in questi anni e che, senza adeguate misure compensative, resterebbero di fatto escluse dal mercato americano”. Ecco allora la seconda priorità, ormai indifferibile dinanzi al quadro che si annuncia: la costituzione a livello europeo di uno strumento adeguato di intervento “in grado di affrontare crisi commerciali come questa, senza intaccare le risorse della Pac”.

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