ViniVeri 2018: i migliori assaggi a Cerea

CEREA – Tanti buoni vini, tanto entusiasmo e tanta buona volontà. ViniVeri 2018, la fiera dei vini naturali (anzi, “Secondo Natura”) in programma fino al 15 aprile a Cerea, consacra un movimento in crescita di consensi e qualità.

Sin dalle prime ore di ieri, 13 aprile, giornata d’esordio, tanti appassionati e operatori di settore – tra cui molti orientali e americani – hanno affollato l’Area Exp della cittadina alle porte di Verona.

Clima disteso e positivo tra i produttori, consci di un ruolo sempre più determinante nelle scelte delle nuove generazioni di consumatori, attenti al “green”, alla sostenibilità e alle “storie” del vino che acquistano.

Un’edizione, quella 2018 di ViniVeri, che sarà tuttavia ricordata per le esternazioni di Josko Gravner, in occasione del convegno di ieri pomeriggio: qui i dettagli.

Pochi i difetti riscontrati negli oltre cento assaggi messi a taccuino nella giornata d’esordio di ViniVeri (oggi saremo a Villa Favorita – VinNatur 2018, a Sarego, Vicenza). Di seguito i migliori tra gli italiani.

SPUMANTI
Vino bianco frizzante 2016 “H Lispida”, Castello di Lispida. Ribolla (70%) e Friulano (30%) per questo divertente e cremoso rifermentato di Monselice (PD). Frutta a polpa bianca predominante, polposa, tanto al naso quanto a un palato che si raddrizza nel solco dei terreni vulcanici dell’azienda.

Vino frizzante sui lieviti 2016 “Ambarabà”, Volcanalia. Si chiama “Ambaraba”, ma fate conto che ci siano pure “Ciccì” e “Coccò”. Aspettando il Metodo classico dosaggio zero che arriverà il prossimo anno, questo è il baby campione di casa Volcanalia.

Un rifermentato da farsi lanciare addosso a bocca aperta, d’estate, al posto di andare in piscina. Ottima pure d’inverno questa Garganega senza stagione, rifermentata col mosto di Recioto, senza solforosa aggiunta.

Vino frizzante rosato “Balós”, Crocizia. Pinot nero in purezza, rifermentato in bottiglia. Ma non siamo in Oltrepò, terra madre di quest’uvaggio in Italia, piuttosto a Pastorello di Langhirano, in provincia di Parma.

Una notte sola di macerazione delle uve sulle bucce, ma di quelle che non si scordano: tanto carattere e un tocco di finezza grintosa nel sorso di questo bel rifermentato.


VINI BIANCHI
Rina 2017, Viteadovest. Segnatevi questo prezzo: 9 euro. Andate ad assaggiarlo e fateglielo capire, a questi matti di Contrada Amabilina (Marsala) che un vino così, per quella cifra, è un regalo.

Ma non è Natale. E di renne, a Cerea, manco l’ombra. Sete, invece, tanta. Solo a guardarlo, Rina 2016. Assaggiamo il campione di vasca di quello che è l'”ossidativo” di casa Viteadovest.

Naso dirompente, da passito: frutta matura, miele, arachidi. Poi, in bocca, uno stacco empirico, da catapulta: ecco l’ossidazione, cercata, voluta, da amare come un cioccolatino, prima che se lo porti via il sole della Sicilia.

Sapidità e tannino felpato in un retrolfattivo che mostra tutta la genialità dell’affinamento del blend Grillo-Catarratto in botti di Marsala del 1973. Babbo Natale è siciliano.

Lama bianca 2016, Feudo d’Ugni. La piccola fiammiferaia abruzzese Cristiana Galasso mette in bottiglia magia al posto del vino. Lama bianca è uno dei suoi capolavori. Un Trebbiano in purezza (3 settimane in vasca di cemento) da amare di sorso in sorso.

Tutto tranne che timido nel raccontarsi nel calice, in perfetta disarmonia col carattere schivo della grande vignaiola a cui deve la vita. Un pezzo d’arte.

Venezia Giulia Igt 2003 “Severo Bianco”, Ronco Severo. Il coniglio nel cestello di una linea di totale affidabilità, come quella dei vini bianchi e rossi di Ronco Severo, by Stefano Novello.

La spina dorsale del blend Friulano (60%) e Charonnay (30%) s’inclina su se stessa in fin di bocca, come in un inchino invocato al cospetto di Madre Natura in persona, sotto forma di Picolit (10%). Chapeau.

Trebbiano Spoletino 2012 “Arboreus”, Bea Paolo. E che sia Bea(to) Giampiero, figlio di Paolo Bea, per questo pezzo di magia che nutre nasi e bocche assetate di infiniti bouquet, tra l’erbaceo e il balsamico, l’etereo e lo speziato.

Un vino in continua evoluzione nel calice. Stappato in un monolocale funge da diffusore di profumi che manco la catalitica di Lampe Berger. E lo Spoletino si dimostra così tra le varietà meno valorizzate d’Italia.

Verdeca 2017 “Carsia”, Cristiano Guttarolo. Sua maestà la Verdeca, quella vera. Un vino vero, intenso, fresco, tipico. Un vino-manifesto dell’uvaggio. E di tutte le Murge, zona vinicola pugliese che – assieme alla Valle d’Itria – partorisce bianchi di spessore, meritevoli di parterre nazionali.


VINI ROSATI
Rosato “Rossetto di Sangiovese”, Altura
. Bellissima realtà dell’Isola del Giglio, Altura. Un tempo questo rosato fascinoso si chiamava “Chiaretto”, ma per evitare guai il nome è variato. Solo Sangiovese, macerazione sulle bucce di una settimana e fine fermentazione in bianco.

Rosato 2016 “Sant’Isidoro” , Maria Pia Castelli. Un rosato da Montepulciano e Sangiovese della zona di Monte Urano, provincia di Fermo, nelle Marche, sottoposti a salasso. Non gli manca nulla, se non qualche anno in più sulle spalle: un rosè che non ha paura del tempo.


VINI ROSSI
Erasmo Castelli 2010, Maria Pia Castelli. Top di gamma della cantina marchigiana che piazza un pezzo da 90 tra i rossi di ViniVeri 2018. Un Montepulciano riconoscibile tra mille campioni.

Splendida l’espressione del 2005: un vino da dimenticare nel calice per ore, ammirandone l’evoluzione elegante come un cielo vestito di stelle, la notte di San Lorenzo.

Colli Berici Barbarano Doc 2015 “Cio Bacaro”, Azienda Agricola Pialli. Tutte ottime espressioni di Tai Rosso quelle di casa Pialli. A sorprendere, oltre a “Cio Bacaro” 2015, è il cugino “Gregorio” 2012, che mostra le grandi potenzialità di invecchiamento dell’uvaggio.

Marche Igt Rosso 2012 “Ruggine”, Clara Marcelli. Piceno, terra di grandi rossi dal sapore antico. E dai nomi azzeccati, come “Ruggine”. Un termine che racconta alla perfezione questo rosso verticale, tattile, che sembra sgretolarsi e ricomporsi di continuo in bocca, in un crescendo di intensità fine.

Sagrantino 2013, Raìna. Sua maestà il Sagrantino, in una delle sue versioni migliori del panorama del momento, per fascia prezzo. E pensare che non si tratta del top di gamma di casa Raìna, dove qualità non fa mai rima con “compromesso”.

Barbera “Barla”, Case Corini. Uno scrigno a Costigliole d’Asti. E’ Case Corini, il regno di Lorenzo Corino, appassionato vignaiolo piemontese che regala a ViniVeri 2018 uno dei rossi in assoluto più completi, da un vigneto di 100 anni.

Cesanese del Piglio Docg “Torpiano” / “Collefurno” 2016, Carlo Noro. Sta facendo un gran lavoro questo ragazzo dalle parti di Piglio, in provincia di Frosinone. Una storia iniziata nel 2010, che promette capitoli interessantissimi al ritmo di due sfumature di Cesanese: Torpiano e Collefurno.

Toscana Igt “I Giunò”, Podere Luisa. Il Chianti respinto dalla commissione di degustazione. Eppure non si capisce bene quale sia il difetto de “I Giunò!”, prodotto con grande rigore storico da questa preziosa azienda vinicola della zona d’Arezzo.


PASSITO
Passito di Pantelleria Doc 2008 e 2012, Ferrandes. Un capolavoro da esporre al museo del Louvre questo passito di Pantelleria. La vendemmia 2008 è da cori da stadio. La 2012? La risposta dell’altra curva.

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