Nel nome del padre, del figlio e della Valentina Passalacqua

EDITORIALE – Nulla di nuovo. Nulla di diverso. Nulla che si discosti dal campo della fede cieca, necessaria a riempire – persino ai tempi del Covid-19 e del distanziamento sociale – la chiesa sconsacrata del cosiddetto “vino naturale“. Con il padre Settimio agli arresti domiciliari con l’accusa infamante di “caporalato“, Valentina Passalacqua sfoggia la mise elegante e autoreferenziale di sempre.

Fedele a se stessa e al simbolismo legato alla “Madre Terra“, che l’ha trasformata in pochi anni in una delle più acclamate divinità vinnaturiste italiane, la vignaiola pugliese (foggiana del Gargano) non risponde al telefono e si fa trovare sempre “in riunione”.

Non devono essere ore di festa in cantina, in località Posta Nuova ad Apricena (FG). In compenso, la ‘diva Vale’ affida ai canali social (personali e aziendali) un post dai toni melanconici e teatrali. Corredato di foto ad effetto, in bianco e nero.

L’azienda ortofrutticola condotta da mio padre è stata sottoposta a procedimento penale per asserite irregolarità nella gestione della manodopera. Formalmente ci unisce lo stesso cognome, tuttavia le condotte ascritte a mio padre, peraltro tutte in fase embrionale e tutte da accertare, non sono riconducibili alla mia azienda ed al mio operato.

Peraltro, la filosofia gestionale della mia azienda è – da sempre – virtuosa e si è sempre distinta per la correttezza del suo operato, anche con la manodopera. Spero ardentemente che mio padre possa chiarire al più presto la sua posizione e risultare estraneo alle ipotesi di reato che oggi lo vedono indagato.

In ogni caso, ove così non fosse, confido che questa dolorosa esperienza possa offrirgli un’opportunità di cambiamento e di revisione degli schemi. Confido nel supporto di tutte le persone con cui ho condiviso principi ed ideali che mi hanno sempre dimostrato grande fiducia in tutti questi anni di promozione di valori universali nei quali credo personalmente.

Sono perciò disposta a lottare anche per ottenere il cambiamento della mentalità che dilaga nella mia terra. Voglio bene a mio padre, come non potrei? Ma chiedo a tutti voi di sostenermi in questa azione di cambiamento e di riappacificazione con Madre Terra e con quanti se ne prendono cura.

Potrei sentirmi affranta e disperata. Tuttavia, il mio cuore mi dice che, con l’aiuto di chi ha creduto finora in me, sarà davvero possibile fare la differenza e lasciare alle future generazioni un futuro migliore.

#Peaceful living non è solo uno slogan, è la filosofia che mi ha sempre ispirato in questi 20 anni e che, sopratutto ora, mi da la forza per andare avanti con trasparenza, positività e integrità, nella consapevolezza che non camminerò da sola”.

Un coup de théâtre non richiesto, che ha generato reazioni diametralmente opposte tra il pubblico, diviso tra fedelissimi, detrattori e redenti. Tra questi anche il distributore Les Caves de Pyrene Italia di Alba, che in un altro post sui social difende Passalacqua.

La terra è di chi la lavora. Oggi più che mai. Alla luce degli eventi che hanno visto coinvolto Settimio Passalacqua, padre di Valentina Passalacqua, ci sentiamo di ribadirlo con forza.

Da sempre sosteniamo un approccio etico all’agricoltura, con una giusta remunerazione della filiera e soprattutto dei lavoratori agricoli, vero motore del comparto.

Fino a prova contraria, l’azienda di Valentina è cosa distinta e separata da quelle del padre, così come lo sono il suo approccio e la gestione dei collaboratori.

Ove così non fosse, saremmo i primi a dissociarci fermamente da pratiche di sfruttamento e oppressione, prendendo le decisioni del caso. Al giustizialismo abbiamo sempre preferito la giustizia e riteniamo che il luogo deputato per accertare come stanno le cose non siano i social media ma i tribunali”.

Parole che, dagli uffici di Les Caves, vengono confermate oggi a WineMag.it anche dal responsabile Claudio Bronzi. La difesa, però, cozza con le accuse mosse anche all’azienda “Passalacqua Valentina”, una delle cinque finite nella rete dei Carabinieri del Comando Provinciale e del Nucleo carabinieri Ispettorato del Lavoro di Foggia, coordinati dalla Procura della Repubblica di Foggia.

Come spiegano gli inquirenti a WineMag.it, secondo l’accusa, i lavoratori impiegati nelle vigne della ‘diva Vale’ sarebbero infatti gli stessi utilizzati da papà “Don” Settimio nei campi delle altre quattro aziende agricole dedite alla produzione di frutta e ortaggi.

In sintesi, sempre secondo il quadro indiziario, “Tenute Passalacqua Srl Società Agricola”, “Passalacqua Settimio”, “Passalacqua Nazario Guido”, “Passalacqua Pierpaolo” e “Passalacqua Valentina”, tutte con sede legale ad Apricena, si scambiavano i lavoratori (sotto)pagati da un minimo di 3,33 euro a un massimo di 5,71 euro l’ora. Stesse facce, stessi metodi.

Si tratterebbe in prevalenza di manovalanza di origine albanese e africana, reclutata tra gli indigenti e bisognosi del foggiano, tra cui figuravano però anche alcuni italiani. Tutti costretti a operare su turni da 7 a 9 ore giornaliere, senza concessione di alcun giorno di riposo e con una pausa di circa 30 minuti per il pranzo, peraltro non sempre concessa. Ferie e malattia non riconosciute.

Nell’arco temporale coperto dall’indagine, tra il gennaio ed il luglio 2019, Settimio Passalacqua avrebbe maturato un tornaconto di circa 650 mila euro per le parziali retribuzioni, causando all’erario un danno di oltre 280 mila euro.

Nello stesso periodo, le cinque aziende contavano un totale di 222 dipendenti dislocati su oltre 2.500 ettari di proprietà (600 quelli in affitto per la rotazione delle colture) per un volume di affari calcolato in oltre 5 milioni e 800 mila euro, nel 2019. Evidenze che, secondo indiscrezioni, sarebbero solo la punta dell’iceberg di un’indagine ben più ampia, con capitoli ancora da scrivere, tra la Calabria e la Campania.

Valentina Passalacqua non sapeva? Può darsi, il dubbio è d’obbligo. La immaginiamo aggirarsi pensierosa tra le sale e l’ampio giardino della sua maestosa “reggia”, fatta costruire da Rubner House tra le vigne, con la certezza che lo scandalo che non t’uccide, ti fortifica. Il bianco, del marmo e dell’innocenza, dona un sacco ai vignaioli col reame. Cin, cin.

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