Chianti, l’export parla francese. E comunica coi giovani con il rebranding del logo

Il vino toscano continua a performare bene in Germania e Uk e cresce in alcuni mercati minori


MILANO –
Il Chianti cresce nella terra dei grandi rossi: la Francia. E punta alla revisione del logo, utile a catturare l’attenzione delle fasce più giovani di consumatori internazionali, con la “C” che ricorda uno “Smile”. È quanto emerge dalla relazione sulle vendite dei vini rossi toscani in Europa, organizzata ieri dal Consorzio Vino Chianti a Palazzo Mezzanotte, a Milano.

La ricerca è stata affidata a Nomisma Wine Monitor. Ad esporla Manuela Savardi, esperta di mercati internazionali. Il quinquennio preso in considerazione è quello 2013-2018. Partendo da dati macroscopici del vino italiano si evidenzia una crescita del 16% a valore nell’import, che passa da 2.535,5 milioni di euro a 2.941,8 milioni di euro dello scorso anno.

La Germania si riconferma il primo Paese, anche se la sua crescita è quasi nulla rispetto al notevole registrato dalla Francia (+59%), che si stabilisce al quarto posto. Al secondo posto troviamo la Gran Bretagna, che cresce del 18%.

Ma è bene sottolineare che il 49% dell’import è costituito dagli spumanti. Sicuramente un dato interessante è quello relativo ai mercati minori, anche tenendo conto che i Paesi nei primi 5 posti (terzo posto per Svezia e quinto Paesi Bassi) costituiscono un market share del solo 33%, in cui la crescita della Polonia risulta esponenziale (+ 109%).

Andando nello specifico dei rossi imbottigliati italiani, il valore nel medesimo lasso di tempo riporta una crescita contenuta in Ue, con un +6% a valore e sempre con la Germania che si trova saldamente in testa, ma con una crescita bassa (4%), a dispetto della Francia che fa registrare la migliore performance (+13%) ed è al quinto posto, preceduta da Svezia, Danimarca e Uk.

SORPRESA: I MERCATI MINORI

La Germania è comunque il primo Paese di export per i rossi italiani, ma ancora una volta i dati più impressionanti arrivano da mercati minori: Polonia +51%, Finlandia +35%, Repubblica Cieca +38%.

L’export di vini rossi è sempre guidato saldamente dalla Francia, che nei 5 anni incrementa del 14% in valore. L’Australia fa un balzo di +52% e segue Spagna e Italia. Nel dettaglio delle Dop, re indiscussi sono i rossi di Bordeaux, che generano un valore di 15,8 milioni di euro, con grande distacco sui vini toscani che seguono e segnano un 9,1 milioni di euro, seguiti in modo compatto da Rioja, Borgogna, Veneto e Piemonte.

Nel dettaglio dei vini rossi toscani Dop, l’export è aumentato del 3%, generando un valore che era 501,2 milioni di euro nel 2013 per giungere a 518,6 milioni nel 2018, anche se la percentuale sull’Europa è diminuita dell’8% (dal 39% al 31%) rispetto ai paesi extra EU.


Si registrano perdite nei principali mercati europei, con un -30% sulla Germania, -5% sugli Uk, -7% sui Paesi Bassi, -19% sul Belgio, e -30% sulla Danimarca. A rafforzare i trend precedenti, l’unica eccezione è sulla Francia, al terzo posto e con un valore di 13 milioni di euro, in cui c’è un incredibile +49%.

Guardando poi ai competitors interni, sempre nei primi 5 paesi Eu precedenti, i vini rossi toscani Dop restano i più esportati, con la sola eccezione dei Paesi Bassi. Insomma, tirando le somme dopo aver dato i numeri, puntare su alcuni mercati non canonici può essere una delle strategie per allargare il bacino dell’export anche per il Consorzio del Chianti.

IL REBRANDING DEL LOGO
Il Presidente Giovanni Busi evidenzia come un’altra via potrebbe essere “l’avvicinamento alla fascia più giovane della popolazione, a partire dal rebranding del logo che ha la ‘C’ di Chianti simile a uno smile“.

Altro obiettivo dei tour internazionali è insegnare la versatilità del Sangiovese, facile da abbinare ai piatti tradizionali di diversi Paesi, nel mondo. Un imponente lavoro di “riqualificazione dei vigneti” è stato operato tra il 2001 e il 2018, anche grazie ai finanziamenti pubblici sia italiani che europei.

In tutto circa 850 ettari, il 75% della superficie totale. Se le vendemmie saranno buone si prevede di arrivare a una produzione di un milione di ettolitri nel 2025. Lo stesso presidente Busi suggerisce infine “il Chianti come vino da Happy Hour. Magari non una Riserva…”.

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