Dall’idea di istituire voucher per il “noleggio” di “uno o due giorni di temporary export manager appositamente formati” nell’ottica di “internazionalizzazione delle aziende del vino italiano” – virgolettato da attribuire a Carlo Calenda, intervenuto nel settembre 2014 all’assemblea Federvini in qualità di vice ministro dello Sviluppo economico – all’abolizione totale dei voucher, votata giovedì dal Consiglio dei Ministri. L’Italia delle vendemmie si interroga, ora, sulle prospettive future.
“Occorre individuare immediatamente uno strumento ad hoc che sostituisca i voucher – tuona Coldiretti – e che tenga conto delle specifiche caratteristiche di stagionalità dell’agricoltura come avviene in tutti Paesi dell’Unione Europea”. E forse è proprio in questo senso che si sta muovendo il Governo. Il modello da imitare sarebbe proprio quello della Germania, dove in questi giorni si stanno riunendo molti imprenditori del vino italiano in occasione del Prowein di Dusseldorf. Una rivisitazione dei minijobs tedeschi, forma contrattuale studiata per il lavoro di breve durata o svolto in contesto familiare. Insomma, i voucher potrebbero semplicemente cambiare nome.
I VOUCHER DELLA DISCORDIA
Introdotti per la prima volta in agricoltura nel 2008, proprio in concomitanza con la vendemmia, i voucher sono stati negli anni criticati come “nuova forma di precariato”, per dirla con la Cgil.
“L’agricoltura nell’attività di preparazione dei terreni, di semine e trapianto di raccolta di ortaggi, frutta e uva è condizionata dagli andamenti climatici sempre più imprevedibili – evidenzia la Coldiretti – ed ha bisogno di strumenti che tengano conto di queste caratteristiche. Con la cancellazione dei voucher si mettono a rischio le produzioni agricole e si perdono opportunità di lavoro nei campi per integrare 50 mila giovani studenti, pensionati e cassa integrati impiegati esclusivamente in attività stagionali che in agricoltura ne sono gli unici possibili beneficiari”.
“A differenza degli altri settori – continua Coldiretti – l’utilizzo dei voucher in agricoltura è rimasto pressoché stabile negli ultimi anni con circa 2 milioni di buoni venduti per un totale di 350 mila giornate di lavoro, che hanno aiutato ad avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani studenti e a mantenere attivi molti anziani pensionati nelle campagne. Si perde uno strumento che ha consentito nel tempo di coniugare gli interessi dell’impresa agricola, per il basso livello di burocrazia, con la domanda di lavoro di giovani studenti e pensionati in cerca di un reddito occasionale da percepire in forma corretta”.
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