Vinitaly 2017: diario dei migliori assaggi

Nella frenesia del Vinitaly, avere la possibilità di condividere un po’ di tempo con un produttore, per chiacchierare di vino, degustare in modo costruttivo, bere bene e approfondire argomenti è davvero una benedizione. E benedetta fu la nostra sosta allo stand di Corte Archi di Marano di Valpolicella, con il titolare Fernando Campagnola e consorte.

Si fa presto a scrivere frasi fatte nelle brochure di presentazione delle cantine eppure le tre parole con le quali comincia quella di Corte Archi, “Dedizione, Entusiasmo e Amore” sono la sintesi effettiva, efficace e sincera di questa azienda.

Un “dandy” del vino Fernando, inteso come “maestro” di eleganza, che però, diversamente dai dandy inglesi,  non ha nulla da ostentare. Tutta sostanza la sua e quella della sua azienda. Con le sue mani “sporche” di terra ci ha condotto con pacatezza in un viaggio emozionale tra i suoi vini.

Dal Valpolicella Classico base annata 2016, schietto e fine, giocato sul frutto e prontezza della beva, alla complessità del Ripasso rifermentato per circa 12 giorni sulle vinacce dell’Amarone ed invecchiato in botti di rovere di Slavonia per 18 mesi fino al suo top di gamma: l’Amarone IS, dedicato alla figlia Isabella.

Blend Corvina 40%, Corvinone 30%, Rondinella 25% e Oseleta al 5% affina per ben  40 mesi. Un Amarone a 5 stelle, intensamente profumato di ciliegia sotto spirito, caffè, cioccolato e spezie che al palato è regale, mai stucchevole e con una buona acidità che invoglia la beva. L’Amarone da meditazione, che ti apri così, perchè vuoi gratificarti.

Di Corte Archi consigliamo tutti i vini dal primo all’ultimo, anche quelli delle annate che Fernando chiama “zoppe” come la 2014. Una visita alla sua cantina è certamente tra le cose da fare appena possibile perché lo stand del Vinitaly non basta. Fernando è davvero un uomo d’altri tempi, proiettato al futuro con i valori del passato.

Dal Veneto siamo approdati alla regione della capitale, il Lazio, dove abbiamo incontrato una persona altrettanto squisita, ma di tutt’altra pasta.

Il “romanissimo” Fabrizio Santarelli, spiritoso ed esuberante, che ci ha condotto alla scoperta del Frascati e degli altri vini ella sua azienda, Castel De Paolis. “So meio della sciampagna i vini de ste vigne, ce fanno la cuccagna dal tempo de Noe”.

Una canzone scritta nel 1926 che ben si addice ai vini di questa azienda, nata in tempi più recenti e per la quale ha collaborato anche Attilio Scienza.  Il suo Frascati Doc è un vino dai sentori intensi: note di frutta a pasta bianca con sfumature agrumate, note floreali e tanta mineralità. Sorprendente al palato, fresco, acido, bello sapido e soprattutto persistente. Un Frascati che ti fa riconsiderare l’intera denominazione (inflazionata). Non solo bianchi, ma anche rossi da Castel De Paolis tra i quali “I quattro mori”.

Nulla a che vedere con la Sardegna: i mori sono quattro vitigni: Shiraz, Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot. La combinazione di questo taglio è strepitosa. Tra le cartucce sparate da Castel De Paolis memorabile il “Muffa Nobile”, “Sauternes” made in Lazio di tutto rispetto: un concentrato di frutta disidratata, caramello e spezie che avvolge il palato con la sua densità. Ma anche il loro Moscato rosa RosaThea: una vera e propria rivelazione. Una spremuta di piccoli frutti rossi, petali di rosa con una spolverata di cannella.

In Emilia Romagna, regione dai grandi numeri, la famiglia Zeoli della Fattoria Monticino Rosso di Imola ci ha accolto con la tipica solarità dei romagnoli. Menzione speciale per i piatti della tradizione proposti in accompagnamento ai vini tra i quali una lasagnetta di quelle che vorresti chiedere una porzioncina da portare a casa.

Abbiamo degustato diversi loro vini, dall’Albana al Pignoletto della linea classica fino al Sangiovese della linea riserva. Ma due vini hanno davvero una marcia in più. Il primo che ci ha colpito è il Codronchio,: Albana secco da uve vendemmiate tardivamente e attaccate da muffa nobile.

Vino che “dribbla”: nonostante sia indicato in etichetta e presentato come secco, l’associazione mentale albana, vendemmia tardiva, muffa nobile induce a pensare quasi ad vino dolce. Ma è tutt’altro. Intenso, al naso e al palato, fruttato, floreale, profumato di erbe aromatiche con tanta mineralità: una beva davvero interessante, ma secca.

Il secondo outsider è  una visione della Fattoria Monticino Rosso dove hanno l’occhio lungo: hanno prodotto uno spumante metodo classico con sosta sui lieviti di trenta mesi con l’Albana. Bolla mediamente fine e persistente per questo questo Blanc de Blanc che al palato ha mostrato carattere pur non rivelandosi impetuosa. Di acidità allettante, un metodo classico assolutamente godibile.All’Alto Piemonte siamo affezionati, la tappa è stata quasi scontata. Siamo passati allo stand di Paride Iaretti “figlio d’arte del vino”, che ci ha raccontato il terroir di Gattinara. E’ una storia che ci affascina quella di Gattinara e del suo territorio, tutti gli amanti del vino dovrebbero conoscerla.

Paride è una persona essenziale, pragmatica, concisa. A Napoli direbbero “E’ trasuto sicc e s’è mis chiatt”, ovvero è entrato magro ed è diventato grasso. Timidamente ci ha sfoderato un “crescendo” di tre vini pazzeschi. Il primo degustato è stato Uvenere, vino da tavola perché in Piemonte non ci sono Igt.

Un blend composto da uve Vespolina, Croatina, Nebbiolo e Bonarda provenienti da vigneti quasi centenari. Vinificato in acciaio, un prodotto fresco e fragrante,  con note di violetta, amarena, ciliegia che si esprimono all’unisono regalando grande piacevolezza gustativa. Il secondo è un Coste della Sesia Doc: misurato in alcolicità e tannino è scattante e verticale. Davvero un’ottima espressione di questa doc.

Il “grasso” del trittico non è una sorpresa:  è il Gattinara Docg Pietro. “Il seduttore guarda alla vita come fa il guerriero. Vede in ogni individuo un castello cinto da mura da assediare” citava Robert Greene nel libro “L’arte della seduzione”.

Il Gattinara Docg Pietro è proprio un guerriero seducente: provocante il suo colore granato, tentatore all’olfatto che è un tripudio di ciliegie sotto spirito, violette essicate e  spezie dolci. Al palato sorso dopo sorso esprime tutta la sua complessità. L’apoteosi dell’eleganza. In parole povere: buonissimo.

Giornate intense dunque quelle del Vinitaly. Tanti assaggi tra cui nè segnaliamo anche altri. Forse uno dei migliori tagli bordolesi per eleganza e struttura: il Tenuta San Leonardo Terre di San Leonardo 2013 Vigneti delle Dolomiti Igt.

Il Perlè Bianco di Ferrari 2007 seppur appena sboccato e quindi diverso da quello che potrà essere. Ha un’elevata acidità, superiore al 2006, meno struttura, ma un bouquet floreale e una freschezza memorabili.

Non possiamo non citare il Metodo Classico Brut Pinot Bianco delle Terre di San Rocco. 36 mesi di sboccatura per un non dosato con un naso complesso di fiori bianchi e frutta tropicale. Difficile trovare chi vinifica Pinot Bianco in purezza. Sempre in tema di bollicine, menzione speciale per il Blanc de Noir “Farfalla” di Ballabio.

Un pas dosè fatto benissimo, già tre bicchieri Gambero Rosso: una cantina che dà lustro all’Oltrepò Pavese, punto di riferimento assoluto del territorio. Tra i rossi, portiamo a casa un assaggio del Barolo Docg di Oddero, Vigneto Brunate: non ha bisogno di presentazioni, sicuramente, a dispetto di altri Barolo regala qualcosa di più al palato, un vino elegante di altissimo livello. Tra i vini passiti, nei quali è raro trovarne di non stucchevoli, ci ha ammaliato il passito Nectaris di Kerner Valle Isarco.

Davvero un bel bere, con la giusta presenza aromatica. Ci siamo fatti nuovamente sedurre dall’Oseleta di Zymè: naso balsamico, tannino presente, molto vigoroso conserva allo stesso tempo acidità e freschezza, un equilibrio non facile, ma un grande vino.

Lo avevamo già degustato durante la nostra visita in cantina. Infine, consigliamo un Montello Colli Asolani Doc, il Rosso dell’Abazia di Serafini e Vidotto a base di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot: un rosso che non deluderà mai. C’è poco da dire, un grande vino robusto e potente con un naso ineguagliabile e grandi note speziate. (Viviana Borriello – Johnny Iannantuono)

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