Hai detto Marsala? Visita a Cantine Florio, tra storia e modernità

Marsala val bene un viaggio. Anche solo per scoprire che l’omonimo “vino dolce”, utilizzato da migliaia di casalinghe per sfumare le scaloppine, è molto più di quello che siamo abituati a pensare.

Le cantine Florio sono lì anche per questo. Sin dall’ingresso, l’azienda manifesta tutta la sua imponenza. Siamo in un luogo strategico, a separarla dal mare vi è solo la strada principale.

Non è difficile immaginare il trambusto del passato, quando venivano caricati sulle navi i barili contenenti il Marsala, in viaggio verso l’Inghilterra. L’azienda è stata fondata nel 1832 da Vincenzo Florio. Eppure, per la prestigiosa cantina di Marsala, ancora oggi protagonista di importanti pagine di storia e di grandi vini, non è stato facile imporsi.

Si è dovuto attendere fino al 1832 per vedere entrare un italiano nella scena del Marsala. Quell’italiano è proprio Vincenzo Florio – abile commerciante originario di Bagnara Calabra, già affermato mercante di spezie e discendente di una delle famiglie più prestigiose e ricche dell’Italia di quei tempi – che decide di fondare il proprio “baglio” proprio in mezzo a quelli di due inglesi: John Woodhouse e Benjamin Ingham.

Cosa ci facevano due inglesi a Marsala? Semplice. Furono proprio loro a “scoprire” il Marsala come vino “fortificato” con acquavite, portandolo dalla città siciliana sino in Inghilterra, dove piacque (e piace ancora, persino a Buckingham Palace) molto.

Il contributo di Vincenzo Florio per lo sviluppo e l’immagine del Marsala fu notevole. Ben presto, da vino destinato ai marinai delle flotte inglesi, divenne un vino apprezzato e ricercato dalle corti nobili di tutta Europa. L’abilità e il successo dei Florio e dei loro vini sembrano inarrestabili e nel 1904 fondano, insieme ad altri imprenditori di Marsala, la S.A.V.I (Società Anonima Vinicola Italiana) che in pochi anni acquisisce gli stabilimenti di Woodhouse e di Ingham-Whitaker.

Nel 1924, a causa della mancanza di eredi maschi, i Florio decidono di vendere la cantina di Marsala alla Cinzano, altra importante famiglia nella storia del vino italiano. Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, a causa dei bombardamenti delle aviazioni alleate, le cantine Florio furono gravemente danneggiate, tanto che la ricostruzione dello stabilimento richiese un lunghissimo periodo. La ristrutturazione sarà completata solo nel 1984.

Nel gennaio 1998 il controllo delle cantine Florio passa alla ILLVA Saronno Holding, che già nel 1987 possedeva il 50% della società, iniziando quindi un nuovo e importante capitolo di questa storica azienda vinicola.

Si introducono infatti importanti e fondamentali cambiamenti nella gestione aziendale e commerciale, affidando la direzione della produzione all’enologo Carlo Casavecchia.

Grazie alle sue competenze e capacità, Casavecchia contribuirà in modo fondamentale alla rinascita del Marsala Florio – e all’immagine qualitativa del Marsala in generale – operando scrupolose selezioni in ogni fase della produzione e introducendo criteri produttivi di indiscussa qualità.

Il risultato del lavoro di Carlo Casavecchia e della Florio sono oggi incontestabili: il Marsala è tornato a splendere come ai gloriosi fasti di un tempo e il nome Florio è ovunque nel mondo sinonimo di Marsala di qualità.

LA DEGUSTAZIONE
Tanti i vini in degustazione alla Florio, ma uno davvero spiazzante e capace di rubare il cuore. E’ il Marsala Terre Arse (Grillo 100%). Al colore si presenta ambrato, compatto.

Al naso cattura per i suo profumi freschi, agrumati, di limone, arancia candita, miele e vaniglia. In bocca i 19% di alcol in volume si integrano bene. E’ un vino secco, che invita a ripetere l’assaggio. Non stanca mai il palato.

I produttori consigliano di berlo ad 8-10°C, in un calice a tulipano, come aperitivo, accompagnato da un Parmiggiano Reggiano di media stagionatura.

LA STORIA DEL MARSALA
La storia del vino di Marsala è fra le più affascinanti che si conoscano, non solo perché si tratta di un vino nato come conseguenza di un episodio non programmato dal suo “inventore”, ma soprattutto per il fatto di essere uno dei più grandi vini italiani.

In tempi passati, il Marsala è stato capace di confrontarsi e vincere la sfida con quelli che erano considerati i migliori vini del mondo: Jerez e Madeira. Dopo vicende alterne di prestigio e decadenza, oggi il Marsala sta vivendo una nuova e sfolgorante esistenza, dove finalmente la qualità è tornata ad essere la protagonista principale, lasciando alle spalle – e si spera per sempre – gli errori e le leggerezze commesse dai tanti produttori per troppi anni.

Nel corso degli ultimi venti anni, lo sforzo dei produttori è stato considerevole per restituire, finalmente, la dignità che questo grande vino merita, ponendo maggiore attenzione sulle pratiche di produzione e sulla qualità.

Oggi si può infatti affermare che il celebre “Victory wine”, così caro all’ammiraglio Orazio Nelson, è finalmente tornato.

La storia racconta che nel 1773, a causa di una tempesta, il mercante inglese John Woodhouse fu costretto ad approdare nel porto di Marsala anziché in quello di Mazara del Vallo, dove era diretto per affari.

Sceso a terra, entrò in una bettola per cercare ristoro e qui ebbe l’opportunità di assaggiare il vino locale. Gli fu infatti servito il “Perpetuum”, il vino che tradizionalmente si produceva a Marsala.

Il “Perpetuum” – o “Perpetuo” – si produceva riempendo la botte con il vino dell’ultima vendemmia e quindi prelevato quando necessario, per poi riempire nuovamente la botte (che contiene ancora il vino delle annate precedenti) con vino nuovo. Un vino che, pertanto, subisce una naturale ossidazione con il progressivo svuotamento e riprende “nuova vita” con l’aggiunta del vino della nuova vendemmia.

Woodhouse trovò particolarmente buono quel vino, anche perché gli ricordava i celebri vini di Madeira e Jerez, tanto apprezzati nella sua patria. Da bravo commerciante quale egli era, decise di spedire una partita di quel vino in Inghilterra sperando di avviare un florido commercio. Poiché Woodhouse era consapevole delle avverse condizioni alle quali il vino era sottoposto nelle stive delle navi, decise di aggiungere dell’alcol ad ogni botte così da assicurare una migliore conservazione.

Woodhouse tornò quindi in Inghilterra con il suo prezioso carico e, giunto a destinazione, si accorse che quel vino rinforzato era diventato migliore di quando era partito: fu un grande successo. Il mercante inglese tornò quindi in Sicilia e fondò il suo stabilimento per la produzione di vino.

In pochi anni il suo Marsala si affermò in Inghilterra e divenne presto il vino principalmente consumato nelle navi della flotta di Sua Maestà Britannica. Si dice che Orazio Nelson – grande appassionato di Marsala – fosse solito festeggiare le vittorie delle sue battaglie con questo vino. Così il Marsala diventa il “Victory wine”, il “Vino della vittoria”.

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