Io bevo così: 15 domande agli organizzatori su vini naturali, ristoranti e comunicazione

A Milano l’evento più garbato d’Italia sui vini “non convenzionali”. Il modello? Vinnatur di Maule


MILANO –
Entrano solo operatori Horeca e giornalisti. Porte chiuse al pubblico – forse (anche) per “tagliare fuori” le note frange di ultras del vino naturale – e arrivare dritti al punto: promuovere alla ristorazione di qualità le “piccole realtà vitivinicole artigiane e contadine”, spesso incapaci di muoversi in maniera efficace a livello commerciale.

Io bevo così, in programma lunedì 14 gennaio 2019 all’hotel Excelsior Gallia di Milano, è l’evento più garbato (e chic) del “vino naturale” in Italia, paragonabile solo a Vinnatur di Angiolino Maule. Lo organizzano per il sesto anno consecutivo Andrea Pesce e Andrea Sala, imprenditori sensibili al movimento dei vini “non convenzionali”.

Pesce ha trasformato la salumeria di famiglia in caffetteria ed enoteca, dando vita a Vini e più. Sala ha fondato la distribuzione That’s Wine, che propone a ristoranti, enoteche e bar una selezione di vini naturali.

Come è nata l’idea di “Io bevo così”?

L’idea nasce nel 2014 quando abbiamo sentito l’esigenza di portare nel nostro territorio (in particolare Lecco-Como e la Brianza) un evento che promuovesse piccole realtà artigiane e contadine legate alla propria terra e che producessero vini senza l’utilizzo di sostanze chimiche, dando così un’interpretazione quanto più fedele del territorio e dell’annata senza ricorrere a compromessi o scorciatoie.

I nostri rispettivi lavori (all’inizio eravamo in 3) sono stati un motore non indifferente per poter partire con questa idea che all’inizio ci sembrava tanto folle quanto brillante. Da allora le cose sono cambiate e sempre migliorate sino ad arrivare a oggi.

L’affluenza è cresciuta negli anni?

“Io bevo così” era inizialmente organizzato in provincia di Lecco e a Milano. Siamo passati dai 120 espositori e 1100 partecipanti del 2014 ai 1700 partecipanti e 97 produttori del 2017. A Milano, 300 persone e 30 produttori nel 2015, fino alle 400 persone (massima capienza della location) con 40 produttori del 2017. Nel 2018 un unico evento a Milano dedicato agli operatori e alla stampa di settore, all’Excelsior Hotel Gallia: 400 attività commerciali (600 persone), 100 testate giornalistiche, 90 produttori.

Ma cos’è il “vino naturale”? E’ corretto chiamarlo così?

È difficile poter dare una definizione unica e ufficiale di “vino naturale” fino a che non ci sarà un disciplinare registrato come per il biologico o il biodinamico. Quello che è il nostro pensiero e i punti di riferimento sui quali ci basiamo per la selezione delle aziende sono: l’assenza di utilizzo di pesticidi, diserbanti, prodotti sistemici, ecc in vigna (quindi vigne come minimo a regime bio o biodinamico), le fermentazioni spontanee senza utilizzo di lieviti in cantina, il non utilizzo di coadiuvanti enologici (enzimi, tannini, batteri ecc), le basse quantità di solforosa e le filtrazioni (se presenti) non sterili.

Vino naturale: c’è qualcosa da migliorare nella comunicazione al giorno d’oggi? I social sembrano popolati da ultras e intransigenti, più che da conoscitori della materia

Non crediamo esista un “modo migliore di comunicarlo”, ma il modo che più si addice alla persona che lo comunica: ognuno di noi, che si tratti di distributori, titolari di wine bar o ristoranti, enotecari, pubblico privato, blogger, appassionati, sceglie una linea di comportamento, come nel lavoro così nella vita e ognuno si prende le responsabilità di quello che dice e di quello che fa.

Ci stiamo rendendo conto che ultimamente sorgono continue polemiche sui social e su alcuni gruppi specifici e di questo ce ne dispiace molto. Dovremmo essere tutti un grande gruppo che aiuta questo piccolo, ma grande ed effervescente movimento. Non crediamo che sia utile a nessuno (ai produttori in primis) farsi coinvolgere in questo genere di battibecchi. E’ uno stile che non ci appartiene.

Vino naturale e ristorazione: quali sono i vantaggi?

Sicuramente la maggiore versatilità di questi vini sugli abbinamenti con i piatti e la possibilità di stupire il proprio ospite (sia neofita che già conoscitore). Senza dimenticare la maggiore digeribilità e “leggerezza” nella beva: caratteristiche che permettono al commensale di poter cambiare più vini durante una cena e di alzarsi il mattino dopo senza i classici mal di testa o bruciore di stomaco, che vengono nella maggior parte delle volte collegate a ciò che si mangia e non a ciò che si beve.

Vino naturale in carta: non se ne trovano, se non in pochissimi ristoranti. Come promuovere l’interesse della ristorazione e dei clienti verso questo segmento?

Certamente a tavola, ma anche e soprattutto con iniziative come la nostra, che ci permettiamo di dire UNICA nel suo genere: perché mettiamo in una giornata dedicata la ristorazione e la comunicazione di settore di fronte alle aziende che a loro volta sono pronte a farsi conoscere. Sarà poi compito della ristorazione e degli uomini che la compongono comunicare al cliente finale questa filosofia, guidarlo e aiutarlo a capire.

Vino naturale in carta: pensiate sia meglio mostrarlo assieme agli altri, oppure in una sezione propria, “indipendente” dal resto della lista?

Riteniamo che creare una sezione a parte in una carta vini sia un po’ ghettizzare. Sarebbe come dire “noi lo facciamo diverso e stiamo in una sezione a parte”. Qui dunque ritorna il ruolo fondamentale del front man di sala o del wine bar che deve conoscere a fondo la propria proposta e capire le esigenze de cliente. Invece troviamo un’idea più giusta indicare a fianco delle referenza in lista (con un simbolo o altro) se si tratta di un vino naturale (vero, artigiano).

Vino naturale a Milano: quali sono i locali consigliati?

Ci sono numerosi locali che hanno dedicato una buona parte, se non la totalità delle proprie referenze al “naturale”. Se dobbiamo citarne alcuni possiamo dire Vinoir, Vinello, Surlì, Bicerin, Champagne Socialist, Forno Collettivo (ce ne sarebbero molti altri) e per i ristoranti ci piace citare Mu Dim Sum, alta cucina cinese con una carta vini davvero interessante, e il “neonato” ristorante di Eugenio Boer, Bu:r, il cui sommelier, Yoel, ha fatto scelte ben precise e mirate.

Io bevo così: e gli altri, perché dovrebbero “così”?

Per ritrovare il gusto del vino, dello stupirsi ogni volta che si stappa una bottiglia perchè è importante quanto quello che mangiamo.

Un hotel 5 stelle a ospitare l’edizione 2019. E’ la risposta naturilista “enofighetta” a LiveWine e La Terra Trema, o qualcosa di diverso? Tradotto: si entra solo in giacca e cravatta e con la “r” moscia?

Non è nostra intenzione fare la “guerra” a nessuno: dal 2015 vi è sempre stata un’anteprima milanese a gennaio dedicata ai soli operatori che vedeva la partecipazione di circa 40 aziende: rappresentava il preludio alla due giorni di maggio che si svolgeva in provincia di Lecco e che ospitava oltre 100 espositori.

Dal 2018 abbiamo deciso di spostarci con un unico grande evento a Milano dedicato ai soli operatori. La scelta della location è molto semplice: riteniamo sia la migliore per spazi, logistica, posizione e servizi per quello che è il nostro intento.

La decisione di aprire solo agli operatori non è una scelta fighetta che implica giacca e cravatta o “r” moscia: ci sono moltissime belle fiere in Italia dedicate al vino naturale (tra cui il Live Wine) e che sono aperte al pubblico. Parlando spesso con i produttori ci siamo resi conto che sono stanchi di dover girare l’Italia (con tutto ciò che comporta anche  a livello di spese).

Da noi possono fare tutto in un giorno, con poche bottiglie, arrivando comodamente in treno o in macchina e senza dovere obbligatoriamente stare fuori due giorni. E soprattutto hanno la possibilità di fare contatti con l’operatore finale: che è il loro principale scopo.

A volte con la presenza del privato si crea troppa confusione e l’operatore che ha generalmente poco tempo non riesce ad assaggiare i vini nelle giuste condizioni. Tutti gli operatori a Io Bevo Così entrano su invito senza alcuna spesa: se ci pensate per noi è anche anti-economico non aprire al pubblico. Ma siamo fermamente convinti che questa sia la direzione giusta.

Bere “naturale” fa figo? Quanta “moda” c’è nel fenomeno?

Da quello che vediamo recentemente non crediamo che faccia figo bere naturale, ma più farsi vedere a stappare bottiglioni di blasone con sciabole, telefonini, forchette e chi ne ha più ne metta. Sembrano quel genere di cose a fare tendenza.

Vino naturale e “puzzette”. Il vino naturale puzza?

Ecco il domandone che ci aspettavamo: argomento davvero troppo complesso, perché per alcune persone quelle che sono puzze insostenibili sono invece per altri massima espressione di territorio o di stile o di altro. Certamente alcune imperfezioni nel vino a volte sono le cose che rendono quel vino ancor più accattivante.

Facciamo questa riflessione: perché se un formaggio artigianale ha profumi “particolari”, magari di stalla o di fieno, allora è riconosciuto come autentico/artigianale/senza trucchi e perché con un vino che presenta magari dei profumi di cantina non si è altrettanto clementi?

Tre etichette che avete bevuto a Natale e/o berrete a Capodanno

Se ci dobbiamo limitare a sole 3 etichette: il Metodo classico Revolution Pas Operé 2012 di Cà del Vènt (il vero e unico che non ci fa sfigurare di fronte ai grandi francesi), lo Chardonnay di Borgogna L’Ecart 2005 da vigne centenarie di Gilles e Catherine Vergè e il Buchepale 2016 di Jason Ligas (Ktima Ligas) da uve autoctone Xinomavro di montagna coltivate in permacultura nel nord della Grecia.

Il futuro del vino naturale: su cosa devono puntare i produttori?

Crediamo che i produttori debbano puntare in primis a una totale trasparenza nei confronti dei propri clienti e consumatori finali. Insomma, a nostro avviso vi è la necessità che i produttori facciano gruppo e che spingano tutti insieme e con forza per arrivare a una certificazione ufficiale e unica di “vino naturale”, basata su seri principi. Vinnatur ci sta provando da tempo, incrociamo le dita. Ultimamente assistiamo alla comparsa dei “produttori naturali dell’ultimo momento” su cui nutriamo molti dubbi.

Chi beve naturale può bere e apprezzare anche i vini convenzionali

Bella domanda. Nel mio caso (Andrea Sala) il percorso è stato quello di partire dai convenzionali e iniziare circa 10 anni fa a bere vini naturali. Una strada senza ritorno. Io credo che il vino vada assaggiato senza preconcetti e facendo parlare il bicchiere. Ritengo ci siano moltissimi vini convenzionali molto buoni e che hanno fatto la storia, ma non mi emozionano più. Diciamo che apprezzare un vino è una cosa. Emozionarsi quando lo si beve è un’altra.

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