Si parla spesso del Cile come di un Paese che aggredisce le economie internazionali, proponendo etichette di vino di scarsa qualità, a prezzi ridicoli.
Un Cile che inonda d’uva da taglio il Sudamerica (e non solo) dove sta invece crescendo il consumo consapevole di vino. I vini cileni di Rodrigo Soto, produttore incontrato all’ultima edizione del ProWein di Dusseldorf, in Germania, costituiscono l’altra faccia della medaglia.
“A labor of love“. Una questione d’amore, per questo appassionato enologo e winemaker, produrre vino secondo i principi della viticoltura biologica e biodinamica. Una missione “strettamente legata alla terra coltivata, alla salubrità del suolo e ai rituali artigianali del vino”.
Seguendo i ritmi della natura. Un modo “nuovo” di fare viticoltura in uno dei Paesi, il Cile, spesso citato quando si parla di New World wines, i “Vini del Nuovo Mondo“.
Per il suo progetto biodinamico, Rodrigo Soto ha scelto in particolare tre zone, convertendole a una produzione attenta e di assoluta qualità, riunite sotto il tetto di González Byass, uno dei marchi storici del Cile del vino
- Veramonte, la parte più a Est della Casablanca Valley, sferzata dalle fresche correnti del Pacifico (Ritual Estate)
- Apalta, un’area influenzata dalla presenza del fiume Tinguiririca, nella Colchagua Valley (Primus Estate)
- I terrazzamenti a mezzaluna di Apalta, un microclima unico all’incontro tra la catena montuosa delle Ande e la parallela Coastal Range, la Catena Costiera (Neyen Estate)
I MIGLIORI ASSAGGI
Sauvignon Blanc 2016, Ritual. Fermentazione in legno per questo Sauvignon che svela i tratti internazionali del vitigno, con una spinta aromatica intrigante. Il gioco tra l’acidità esplosiva e la morbidezza è parte integrante di un sorso difficile da dimenticare.
Chardonnay Supertuga 2016, Ritual. Giallo dorato che “tradisce” l’utilizzo di un legno forse ancora troppo invasivo, al naso. Una punta “piccante”, però, incuriosisce e invita a proseguire con entusiasmo l’analisi. In bocca l’ingresso è dritto, verticale, ma destinato ad ammorbidirsi.
Bello il contrasto tra la vaniglia – nota predominante del retro olfattivo – e il cesto di agrumi (pompelmo e buccia di lime) che sembrano spremuti nel momento centrale del sorso. Il nettare mostra solo in un secondo momento i suoi tratti più mansueti, disegnati appunto dal sapiente utilizzo del legno. Vino di prospettiva.
Pinot Noir 2016, Ritual. Una varietà relativamente nuova, piantata qui negli anni Novanta, nei primi anni della denominazione di Casablanca. Anche in questo calice la presenza al naso di richiami erbacei netti, che smorzano la finezza del frutto, rivelando però la territorialità del calice. La rivincita assoluta è al palato: una vera e propria rivincita per le note di melograno, lampone e mora che dominano il sorso, anche in un finale lungo.
Neyen 2013. Blend ottenuto per il 55% da Carmenere, completato da un 45% di un antico clone di Cabernet Sauvignon. Un vino da provare almeno una volta nella vita per la “misura” con cui riesce ad esprimere la propria ampiezza. Un nettare complesso, che evolve nel calice di minuto in minuto.
Naso e bocca non risentono particolarmente dei 18 mesi di affinamento in legno francese, per il 50% nuovo. La frutta di libera preziosa, accarezzata da un tannino di seta e da terziari composti che richiamano, in particolare, la liquirizia. Un vino decisamente gastronomico.
Carmenere 2016, Primus. Paprica, peperone e pepe per il naso di un Carmenere che si rivela verde, ma senza sbavature. Non mancano richiami balsamici mentolati, che completano il bouquet assieme alla frutta rossa.
In bocca sorprende per equilibrio e finezza, con una rotondità inaspettata. Il vino più facile da bere di quelli proposti in degustazione da Rodrigo Soto, pur evidenziando ulteriori margini di affinamento.
Syrah Alcaparral 2015, Ritual. Un Syrah col cappotto, che cresce (e bene) anche lontano dai climi caldi che sembra preferire a livello internazionale. La nota di pietra focaia è la cifra dell’assaggio: quella che ne connota l’unicità.
In bocca è rotondo in ingresso, prima di lasciar spazio a un’acidità vibrante. Chiusura su note vegetali e speziate che riportano a una dimensione mondiale questo tipicissimo Syrah cileno.
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Nato con la penna in mano, poi c’è finito pure un calice. Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi WineMag.it. Segno Vergine allergico alle ingiustizie, innamorato delle cause perse e del blind tasting, vivo questo mestiere come una missione e una delle più alte forme di altruismo. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100” migliori vini italiani, in collaborazione con la redazione. Apprezzi il nostro lavoro e la nostra indipendenza? Sostienici con un euro al mese