Cork Trip in Portogallo: il sughero, dal campo alla bottiglia

Ci infiliamo il cavatappi, lo estraiamo, lo annusiamo e lo buttiamo via. Ma vi siete mai chiesti cosa c’è dietro a un tappo? Dietro quei pochi centimetri di sughero che proteggono il nostro vino e gli consentono di evolversi?

WineMag.it ha avuto l’opportunità – unica testata italiana – di partecipare al “Cork Trip” organizzato negli stabilimenti portoghesi di Cork Supply, azienda americana che è tra i leader mondiali nella produzione di tappi in sughero. Dietro un tappo, insomma, c’è un mondo. Anzi più di un mondo.

Il mondo della coltivazione, del rispetto per i cicli naturali e dell’ecosotenibilità. Il mondo della Ricerca & Sviluppo, per raggiungere gli “zero difetti”. Il mondo industriale, l’approccio “lean”, per garantire efficienza e continuità. Mondi che si legano ed intrecciano per coprire l’intero ciclo di produzione del tappo in sughero.

LA RACCOLTA
Da 20 a 25 anni perché una nuova piantina produca sughero, anche se la prima raccolta non da sughero utile alla produzione di tappi. Da lì in poi le raccolte avverranno ogni 9 anni (il sughero cresce al ritmo di 3 millimetri l’anno) ma solo dalla terza raccolta il sughero ha le caratteristiche migliori. Morale: oltre 40 anni prima che una pianta dia sughero ottimale. Ma non solo.

Il sughero non è tutto uguale. Il sughero è come la nostra amata vite: sente il terroir. Ecco quindi che terreni più sabbiosi, drenanti ed ossigenati danno sugheri di qualità superiore.

Terreni più compatti trattengono maggiore umidità e danno sugheri più soggetti a problematiche come il TCA: il Tricloroanisolo, la sostanza responsabile del sentore “di tappo”. Ecco perché le foreste di sughero vengono accuratamente selezionate e monitorate.

Come la “Cork Forest“, nella regione del Montado, Sud del Portogallo. Qui, Cork Supply può contare su un modernissimo stabilimento di 21 mila metri quadrati, nel cuore della più estesa area del mondo di querce da sughero.

Il sughero subisce qui i primi trattamenti, prima di essere trasferito per completare il suo ciclo industriale nelle altre due sedi, a São Paio de Oleiros e Rio Meão, nel Nord del Portogallo.

All’avanzato livello tecnologico degli stabilimenti fa eco una raccolta che, nella Cork Forest del Montado, avviene rigorosamente in maniera manuale. Tanto perché non è facile meccanizzarla, quanto perché sta alla mano e all’abilità dell’operatore decorticare correttamente ogni singola pianta.

Selezione del raccolto sia in foresta che in stabilimento, “cottura” a vapore per allargare i pori e reidratazione del legno completano la prima fase dell’affascinante ciclo produttivo del tappo da sughero Cork Supply.

LA PRODUZIONE

Ciò che sembra semplice e in realtà non lo è. Ricavare un tappo, sia esso “pieno” che “agglomerato”, non è così immediato come sembra. Le fasi sono molte, dal taglio alla finitura attraverso numerose operazioni di controllo visivo, sia automatiche che manuali (nessuna macchina è efficace quanto l’occhio umano), lungo la produzione.

Cork Supply adotta un puro approccio “lean“. “6S”, “Spaghetti Chart”, “Value Stream Mapping”, per citare i paroloni. In pratica, una realtà dove ogni operazione è pensata, studiata, analizzata e realizzata in ottica di totale efficienza, in cui il primo obiettivo è la qualità finale del prodotto.

IL CONTROLLO

Non solo attenzione in foresta. Non solo grande capacità nella gestione produttiva. Ciò che davvero caratterizza il main player di questo mercato è la grande attenzione alla Ricerca & Sviluppo, per identificare tutte le possibili cause di difetto e contaminazione.

Conoscenza profonda del TCA e dei suoi meccanismi che hanno portato a sviluppare sistemi di controllo (Innocork, DS100, DS100+) in grado di garantire che ogni tappo di ogni lotto sia controllato e privo di difetti al punto da fornire al cliente la garanzia del Bottel Buy Back (riacquisto della bottiglia a prezzo consumatore) in caso di tappo difettoso.

Ma in cosa consistono i controlli? In estrema sintesi ogni tappo viene controllato – ovvero annusato – da tre persone adeguatamente formate: se solo una delle tre sente un difetto, l’intero lotto di quel tappo viene appartato ed eliminato. Non riciclato. Eliminato!

Riconoscere i contaminanti è meno semplice di quanto possa sembrare. Abbiamo potuto partecipare a ben tre panel per il riconoscimento dei difetti. Un panel costituito da tre batterie in cui due campioni di vino vanno valautati contro un campione di riferimento. Uno in cui il campione di riferimento fornisce il riscontro a sette campioni di vino potenzialmente difettato da identificare.

Il terzo in cui riconoscere l’eventuale presenza di difetto nei campioni di ben nove lotti di tappi (tecnica DS100, cioè Dry Soak 100. Tappi leggermente umettati per poter evidenziare al naso umani i sentori).

Per i tre panle i difetti sono presenti in concentrazioni da 20 ppt (part per trilion = una molecola di difetto ogni milione di milioni di molecole “sane”) giù fino ad 1 ppt.

Si impara così che il “difetto” non è solo il famigerato TCA, ma che il TeCA, il TBA, il TCP (precursore del TCA) che danno problemi simili (a volte il naso non distingue la differenza) ma hanno origini molto diverse. O anche presenza di etanolo, di geosmine, ed eccessivi sentori floreali.

Consigliamo a tutti gli enoappassionati di approfondire il discorso sui difetti da tappo. Solo così, guardando il “turacciolo”, si riuscirà a fermarsi a pensare che quel semplice cilindro (o fungo) di sughero ha almeno 40 anni. Ed è lì perché in molti – almeno se si tratta di un sughero Cork Supply – ci hanno messo la faccia. Anzi, meglio: il naso.

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