Scatto in avanti per le Marche del vino, con le modifiche ai disciplinari di produzione di due vini simbolo della regione. A partire dalla vendemmia 2024 sarà facoltativo per i produttori scrivere “Verdicchio” sulle etichette dei vini bianchi Riserva di Jesi e Matelica. Un modo per enfatizzare l’importanza del territorio in cui nascono le due Denominazioni di origine controllata e garantita (Docg), evitando di menzionare il nome di un’uva coltivata anche in altre regioni italiane (Trebbiano di Lugana e Trebbiano di Soave sono sinonimi di Verdicchio, così come “Verdone” in Umbria).
La mossa dell’Istituto Marchigiano Tutela vini (Imt), il mega-consorzio che tutela 16 denominazioni delle Marche, è studiata anche per salvaguardare i produttori dal potenziale (pur remoto) rischio di “scippo” del Verdicchio da parte di Paesi esteri. Un’attenzione particolare merita per esempio l’Australia, già protagonista della querelle Glera-Prosecco australiano. Il vitigno tipico delle Marche è presente sull’isola-continente almeno dal 1.064, importato col sinonimo di Peverella. È ora coltivato nel nord-est dello Stato di Victoria, oltre che nella regione di Murray Darling del Nuovo Galles del Sud, dove si è ormai acclimatato molto bene. Diverso il profilo organolettico, spesso un mix tra il naso di un Sauvignon blanc e il palato di una varietà aromatica.
In Italia, secondo i dati più aggiornati, gli ettari di Verdicchio sono in totale 4.682. La parte del leone è proprio quella del Verdicchio dei Castelli di Jesi, con 2.230 ettari. Matelica segue a ruota con 410 ettari. Evidente, dunque, come le due denominazioni di origine controllata e garantita marchigiane abbiano tutto l’interesse di profilarsi come «patria del Verdicchio», partendo proprio dai loro vini top di gamma: i Riserva.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia.