Produttori del Conero, strigliata alla stampa: «I nostri vini? Buoni come toscani, pugliesi e siciliani»

Piervittorio Leopardi Dittajuti (Conte Leopardi) suona la carica: «Marche ingiustamente fanalino di coda»

«Conero chiama stampa enogastronomica. Stampa enogastronomica ci sei? Rispondi». Potrebbe essere riassunto così il secondo incontro firmato Marche Tasting!, ciclo di appuntamenti voluto dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) con la stampa di settore per presentare “a distanza” i vini marchigiani, vista l’impossibilità di organizzare incontri sul territorio a causa della pandemia Covid-19.

L’evento digitale andato in scena ieri pomeriggio – dopo quello di lunedì 15 marzo sul Verdicchio dei Castelli di Jesi – si è presto trasformato in una sorta di remake dell’epico colloquio tra l’Apollo 13 e Houston, in cui l’astronauta Jack Swigert segnala alla base, senza mezzi termini: «We’ve had a problem here».

Il problema, secondo i 6 produttori collegati da Studio Marche, capeggiati dal direttore dell’Imt Alberto Mazzoni, è che la stampa (enogastronomica, s’intende) non darebbe abbastanza attenzione ai vini del Conero, prediligendo altri territori come Toscana, Puglia e Sicilia.

Un concetto espresso a chiare lettere dalla stoccata di Piervittorio Leopardi Dittajuti dell’Azienda Agricola Conte Leopardi di Numana (nella foto, sopra): «Gli operatori del settore sono convinti che nelle Marche si debba spendere poco, a prescindere da nome, qualità, quantità. Lo dico perché, soprattutto all’estero, i commenti sulla mia Riserva sono sempre i più positivi, anche quando viene messa accanto a bottiglie da 60, 70 euro, nell’ambito di degustazioni alla cieca. Poi si scoprono le etichette e mi sento sempre dire: “Ah, Conero Docg Riserva? Non avrei mai pensato che fosse così buono. Quanto costa?”. La risposta è la metà di un toscano o di un piemontese, inferiore di qualità».

Non lo dico perché amo darmi la zappa sui piedi e quindi svendo il mio vino, anzi. Dovrei tirare le orecchie a voi giornalisti: si parla sempre di vini toscani, di vini piemontesi, adesso di grandi vini della Puglia, della Sicilia, di questo e di quell’altro, ma purtroppo le Marche sono il fanalino di coda. Come se noi avessimo imparato ieri a fare vino, o fossimo produttori di vini poco seri o poco interessanti».

Secondo Piervittorio Leopardi Dittajuti la stampa dovrebbe «premiare il grande rapporto qualità prezzo dei vini del Conero»: «Piano, piano vedrete che anche il consumatore comincerà a seguire le vostre indicazioni e i marchigiani cominceranno ad avere una quotazione di mercato giusta, perché oggi sono purtroppo sottovalutati dal punto di vista di economico».

Piccola grande eccellenza regionale, la Doc Rosso Conero è stata la prima denominazione istituita nelle Marche, nel 1967. Risale invece al 2004 il riconoscimento del Conero Riserva Docg, piuttosto in sofferenza sul mercato.

Facciamo purtroppo fatica a vendere il Conero Docg Riserva – ha sottolineato Leopardi Dittajuti – e siamo costretti a puntare su grandi Rosso Conero Doc. Facendoli pagare meno, riusciamo a coprire una fascia di mercato che altri snobbano. Entriamo a spron battuto dove toscani o piemontesi dicono: “Quella fascia di mercato non ci interessa“, grazie a dei vini di grande qualità che cominciano a piacere a molti».

La verità, dall’assaggio dei 6 vini in degustazione, è che i Rosso Conero di Marchetti (“Castro di San Silvestro”), Umani Ronchi (“San Lorenzo”), Moroder, Fattoria le Terrazze e Conte Leopardi Dittajuti (“Fructus”) sono perfettamente posizionati sul mercato, in un range di prezzo indicativo che va dai 9 a 12 euro. A brillare, in ottica value for money, è il Rosso Conero Doc 2018 “Il Cacciatore di Sogni” de La Calcinara (10 euro).

L’azienda agricola di Ancona è tra le più storiche del territorio ed è oggi guidata da Eleonora e Paolo Berluti, fratello e sorella che hanno ricevuto in eredità la cantina dal papà Mario, uno degli artefici della storia della Denominazione marchigiana.

Cerchiamo di portare in bottiglia l’arenaria, il calcare e il gesso che caratterizza i terreni e dà il nome alla nostra azienda – ha spiegato Eleonora Berluti – e siamo convinti che la pianta debba dialogare con il suolo, per questo abbiamo voluto la certificazione biologica».

“Il Cacciatore di Sogni” è un Montepulciano 100% frutto dell’assemblaggio delle uve di diverse vigne di proprietà de La Calcinara. Quella vecchia, con suolo più argilloso rispetto alla media; Vigna della Luna, su arenaria; per finire, gli impianti più giovani, impiantati grazie alla selezione massale dalle piante storiche.

La fermentazione di 15 giorni sulle bucce e la prolungata sosta sulle fecce, oltre alla vinificazione per l’80% in acciaio e il 20% botte grande, regalano un vino dalla beva agile ma dal sorso teso ma pieno, sul frutto, sollecitato da tannini muscolosi ma in cravatta. Una piccola Riserva, insomma. L’identikit del vero vino qualità prezzo, in un territorio in cui spopola il vino sfuso e il Bag in Box da pochi euro.

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