Trento Doc verso la Docg? La (mezza) proposta della Lega in Trentino

Approvata all’unanimità dal Consiglio provinciale la mozione della consigliera Alessia Ambrosi

Non la cita mai, direttamente. Ma il riferimento alla Docg sembrerebbe piuttosto chiaro. Dopo aver «scoperto che il Trento Doc è la prima denominazione italiana interamente dedicata al Metodo classico, già dal 1993», la consigliera provinciale della Lega Salvini Trentino Alessia Ambrosi è riuscita a far approvare all’unanimità (32 voti favorevoli) la mozione 256/XVI «per l’ulteriore valorizzazione» del Metodo classico Made in Trentino.

L’impegno assunto dal Consiglio provinciale della regione autonoma è quello di attivarsi a tutti i livelli, di concerto con gli attori della filiera, per rendere ancor più il Trento Doc la vera gemma della produzione vitivinicola trentina.

E come, se non attraverso un passaggio dalla Denominazione di origine controllata (Doc) alla Denominazione di origine controllata e garantita (Docg)? Una richiesta che, se formalizzata, avrebbe tutte le basi legislative. Sono infatti decorsi, anzi quasi triplicati, i 10 anni minimi dall’approvazione della Trento Doc, necessari per il grande salto.

Decisivi gli accenni nella parte finale del discorso della consigliera Alessia Ambrosi, nel pomeriggio di mercoledì 3 febbraio. «Con questo documento – ha dichiarato l’esponente della Lega per Salvini Premier – si vuole promuovere un’ulteriore valorizzazione del sistema vino Trentino, anche grazie proprio alla sua punta di diamante, il Trento Doc».

Bisognerebbe fare ancora di più per far conoscere sia l’importanza e l’unicità di inalterate tradizioni culturali, tramandate di generazione in generazione, sia la stessa area di produzione vinicola di questo prezioso nettare.

In tal modo – ha aggiunto Ambrosi – si conferirebbe quindi ulteriore e giusta visibilità ad un prodotto che, come detto, non solo eccelle nella sua categoria, ma funge pure, permettetemi di dire, da gemma preziosa.

Da splendida cartolina che, automaticamente, rinvia alle bellezze del nostro territorio e apporterebbe un enorme valore aggiunto al Trentino, con molteplici immaginabili ricadute, anche sul comparto turistico».

La consigliera leghista ha quindi invitato la giunta provinciale «ad attivarsi in sinergia con associazioni e operatori del settore per promuovere una maggiore valorizzazione delle produzioni vitivinicole, autoctone, identitarie e del territorio che le produce: produzioni che hanno nel Trento Doc, prima denominazione italiana riservata esclusivamente al Metodo classico, una loro punta di diamante».

«Ritengo il documento approvato rilevante, perché traccia un orizzonte verso il quale è quanto mai opportuno lavorare», ha commentato la consigliera all’indomani della seduta del Consiglio provinciale.

Intanto, lontano dalle stanze attentamente distratte della politica, un vitigno autoctono del Trentino rischia letteralmente la scomparsa. È il Groppello di Revò, una varietà antica, riscoperta e valorizzate oggi da appena 4 cantine, in Val di Non. Auguri.

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