La Francia estirpa vigneti e noi Nelson

La Francia estirpa vigneti e noi Nelson
Sarà forse un’impressione solo mia. Ma ho la netta sensazione che, in Italia, si stia osservando sradicar vigneti in Francia non col dovuto spirito critico, interrogativo, introspettivo. Bensì col fare sornione dell’era mentalmente destabilizzante dei social, che porta chiunque a filmare in diretta una scena del crimine, con lo smartphone d’ultima generazione, al posto di darsi da fare per chiamare, in tempo, la Polizia. Evitando che qualcuno finisca morto ammazzato, oltre che immortalato.

Leggo a destra e a manca un sacco di titoloni e commenti contradditori. Come se la Francia fosse un mondo lontano rispetto al nostro. Un Paese di un’altra galassia. Magari così fosse. Invece no. La Francia, ancora una volta, dimostra d’essere una nazione che non nasconde sotto al tappeto i problemi (cosa che a noi riesce benissimo). Anzi, li affronta di petto. Anche in maniera (apparentemente) impopolare. Dalle nostre parti, molti sembrano godersi lo spettacolo. Senza accorgersi d’avere i piedi nel fango.

Niente e nessuno sembra voler fare davvero qualcosa per salvare un settore che bada sempre più al trucco impeccabile, al sorriso da imporre alle labbra, alla messa in piega perfetta. Alla copertina. E sempre meno alla sostenibilità delle proprie scelte, mirate esclusivamente all’effetto wow d’una storia su Instagram. Che dura 24 ore e poi finisce in archivio. Tra i più, in questo settore, non vedo visione. Ma quel che è peggio è che non vedo reazione.

Non sento nell’aria di questo Paese e di questo settore la voglia e la determinazione di svoltare. Di cambiare il corso delle cose. Di fare innamorare i giovani della semplicità del vino, persi come sono nell’immediatezza di un Gin Tonic o della ricetta di una birra artigianale. Non vedo gli effetti di quel «cambio generazionale» di cui, appunto, blaterano solo quelli coi capelli bianchi, dai loro posti di comando mai abbandonati, saldamente sotto al culo.

LA FRANCIA ESTIRPA VIGNETI E NOI NELSON

Non vedo nessuno, tra i produttori, abbandonare in maniera decisa quell’amore malato per chi è solo capace di compiacerli, contribuendo con lusinghe d’autore a riempiere d’aria stagna una stanza in cui manca da un pezzo un filo d’ossigeno nuovo, fresco. Un barlume di luce, una speranza. Non vedo nessuno, tra i produttori, lasciare al proprio destino quei magazine stampati che non legge più nessuno, buoni solo a mandare alle Maldive gli editori e le loro allegre famigliole da Mulino Bianco.

Quanto alla stampa, più nello specifico, sembra vincere solo chi lascia (del tutto). O chi si lascia plagiare dallo stato piatto delle cose: che forse, così, un altro pranzo o press tour lo scrocca, al Consorzio o alla cantina di turno (tanto “lavora” gratis: le bollette le pagano altri in famiglia, oppure la pensione; e dei giovani a casa chi se ne fotte). Vince, poi, chi fa il mio mestiere con una mano e, con l’altra, organizza – neppure troppo clandestinamente – inviti a tour ed eventi per conto di cantine che sapranno riconoscer il giusto compenso.

Vedo falsi eroi e lingue sempre più lunghe, sotto ad occhi che guardano tutto, ma sono sempre più incapaci di osservare. La Francia che estirpa vigneti, o qualsivoglia altro spettacolo. Domani, tanto, è un altro giorno. E se proprio si deve affondare, tutti assieme, meglio avere almeno la pancia piena. Un po’ come quella di Nelson. Ha ha!

® Riproduzione riservata

sostieni winemag.it

Siamo una testata indipendente gratuita, ma il nostro lavoro ha un costo che la pubblicità fatica a ripagare.
Se credi nell'informazione libera e in un nuovo modo di raccontare il vino italiano, sostienici con un euro al mese.

Dello stesso autore

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI WINEMAG!

Altri articoli dalla stessa categoria