Dicono sia un errore voler dare un nome a tutte le cose. Catalogarle. Racchiuderle nei confini dell’umana comprensione. Dicono. Ma se così non fosse, la vigna Schiena d’Asino di Mastrojanni non esisterebbe. Chiedere per credere ad Andrea Machetti, deus ex machina della cantina di Montalcino, oggi fiore all’occhiello del Gruppo Illy. La storia di uno dei cru di Brunello più noti e apprezzati al mondo affonda le radici nel 1992.
«Ero appena approdato a Matrojanni, dopo l’esperienza a Villa Banfi – racconta l’ad Machetti a WineMag.it – quando in cantina vidi una singola botte accantonata, con una scritta: “Vigna Schiena d’Asino”. Chiesi all’avvocato Giuseppe Mastrojanni di cosa si trattasse. Poi assaggiai il vino e capii che era speciale».
Quel nettare, ottenuto dalla vigna piantata nel 1975 da Mastrojanni nella frazione Castelnuovo dell’Abate di Montalcino, era noto anche a Gualtiero Marchesi. L’interprete rivoluzionario della nouvelle cuisine lo serviva come “Vino Rosso da tavola Schiena d’Asino”.
«Feci di tutto per registrare ufficialmente quel nome – rivela Andrea Machetti – approfittando dello scollamento che c’era all’epoca tra le attività della Camera di Commercio e l’amministrazione provinciale. Oggi il Brunello di Montalcino “Vigna Schiena d’Asino” è l’unico vino da cru senza toponimo in Italia e forse al mondo, regolarmente riconosciuto come tale».
Il nome non è legato ad una località, ma alla caratteristica forma “a dorso d’asino” di una porzione del vigneto, pari a 1,1 ettari dei 2,6 complessivi. La conformazione garantisce un’esposizione a Est e a Ovest, a un’altezza di 390 metri sul livello del mare. Le particolarità della Vigna Schiena d’Asino sono nascoste anche nel sottosuolo.
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«Si tratta ovviamente di Sangiovese grosso da Brunello – spiega Machetti – di età media di 45 anni, le cui radici affondano in un terreno di tipo argilloso e sassoso, con una presenza di calcare che non si ravvisa negli altri 40 ettari della tenuta. In presenza di fallanze, si reimpiantano le barbatelle ottenute dalla selezione interna al vigneto».
Le viti, grazie ad un «approccio più biodinamico dei biodinamici certificati», come ama descriverlo Andrea Machetti, hanno raggiunto un equilibrio naturale e sono in grado di regalare uve sane, vinificate come cru solo negli anni migliori. Oggi a disposizione la 2015 in 6 mila bottiglie, dopo 2007, 2008, 2010, 2012 e 2013.
Una volta in cantina, il lungo affinamento in legno grande (42 mesi) e l’ulteriore anno di bottiglia conferiscono al Brunello di Montalcino Schiena d’Asino di Mastrojanni note uniche, anche (anzi, soprattutto) nel tempo.
Esemplare l’assaggio di un vendemmia 1997 perfettamente integro, preciso nella succulenza del frutto e freschissimo. Tutto questo per la voglia di dare un nome alle cose di Andrea Machetti. L’uomo che ha cambiato il futuro di Mastrojanni, con appena tre lettere. Cru.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.