I produttori di Barolo e Barbaresco hanno deciso di non autorizzare la coltivazione del Nebbiolo sui versanti Nord delle colline. La zona di imbottigliamento dei due vini è stata limitata all’areale di produzione, mettendo un freno alle mire dei commercianti che potevano importare vino sfuso e imbottigliarlo anche all’estero (clamorosi i casi del Ticino, in Svizzera e di Denver, negli Stati Uniti). Chi produce Barolo non potrà tuttavia imbottigliarlo a Barbaresco, e viceversa. Porte sbarrate, dunque, all’interscambiabilità – quella che tecnicamente viene definita “reciprocità” – dei due areali, che contano rispettivamente 2258 e 859 ettari.
Queste le principali novità che arrivano dalle Langhe, in seguito alla votazione delle modifiche al disciplinare di produzione di Barolo e Barbaresco che ha visto impegnati i rappresentanti delle cantine locali. Di fatto, le principali proposte approvate dal Cda guidato da Matteo Ascheri sono state bocciate dalla base sociale, oggi rappresentata ai vertici dal nuovo presidente Sergio Germano.
BAROLO E BARBARESCO: NO AL NEBBIOLO SUI VERSANTI NORD DELLE COLLINE
Chiusa, dunque, la querelle che ha visto scendere in campo una trentina di produttori contro la possibile apertura ai versanti Nord, considerata una scelta pericolosa per l’ambiente e per la biodiversità delle Langhe. I cambiamenti climatici e le mutate condizioni di maturazione delle uve Nebbiolo atte a produrre vini Barolo e Barbaresco avevano spinto il Cda a proporre un allargamento della zona ai versanti settentrionali, ma alla fine hanno avuto la meglio i detrattori e la difesa delle aree boschive, che si trovano principalmente sui pendii affacciati a Nord. L’eventuale eliminazione del divieto di impiantare Nebbiolo sui versanti Nord non avrebbe comunque comportato un aumento la superficie vitata delle due denominazioni, legata al contingentamento stabilito dai bandi regionali per l’iscrizione dei vigneti.
INTERSCAMBIABILITÀ-RECIPROCITÀ DELLE ZONE DI PRODUZIONE
Interessanti anche i risvolti del voto sull’interscambiabilità-reciprocità della zona di vinificazione, affinamento e imbottigliamento dei due grandi vini rossi a denominazione di origine controllata e garantita. La maggioranza dei produttori di Barbaresco ha votato “no”; ancora più scettiscismo a Barolo, con la base sociale del Consorzio che si opposta a larga maggioranza alla proposta di autorizzazione varata dal Cda. Sul fronte dei grandi formati, Barolo non ha raggiunto il quorum, mentre si potrà produrre (e vendere) Barbaresco fino al formato cosiddetto “Melchior” (18 litri).
NO AI GRANDI FORMATI DI BAROLO, SÌ AL BARBARESCO
Il disciplinare stabilisce che «su richiesta delle ditte interessate, a scopo promozionale, può essere consentito, con specifica autorizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l’utilizzo di contenitori tradizionali di capacità di litri 6, 9, 12 e 15». Lo scopo promozionale non ammette dunque la vendita. La modifica avrebbe permesso ai produttori delle due Docg di utilizzare formati di capacità superiore a 6 litri e sino a 18 «anche per la vendita». Barbaresco ha votato sì. Barolo è invece rimasto al palo, votando contro la modifica.
BOCCIATE LE MENZIONI COMUNALI DEL BARBARESCO
Importante anche il voto che avrebbe introdotto le menzioni comunali a Barbaresco, sul modello del Barolo. La proposta non è stata approvata, soprattutto – secondo rumors raccolti da winemag.it – per via della reticenza delle cantine di Barbaresco del comune di Neive, timorose di poter essere in qualche modo “penalizzate” da un’eventuale etichettatura “Barbaresco del Comune di Barbaresco“. Non solo: a dividere, sul fronte delle menzioni comunali, sarebbe stato anche il potenziale “Barbaresco del Comune di Alba“, il cui territorio è incluso nella Docg delle Langhe solo in piccola parte, con la frazione di San Rocco Seno d’Elvio (218 abitanti). Restano invece invariate le 66 mga comunali del Barbaresco, frutto del lavoro concluso dal Consorzio nel 2007.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.