Il silenzio sui dazi Usa di Trump. E i “dazi” della critica enogastronomica italiana

L’editoria, in Italia, è morta. Se ne facciano una ragione (anche) i produttori di vino del Belpaese

EDITORIALE – Da un lato i dazi di Trump, che potrebbero decimare (se non annientare) le esportazioni di vino italiano negli Usa, soggette al 100% di ricarico. Dall’altro gli attacchi social di qualche produttore di vino del Belpaese alle “testate giornalistiche” italiane, colpevoli di non fare abbastanza informazione sull’argomento: “Tutto tace“, scrive per esempio il vignaiolo Fivi piemontese Gianluca Morino su Facebook. Un quadro che mette a nudo il sostanziale stallo – per non parlare della vera e propria involuzione – dell’editoria enogastronomica italiana. La situazione – se non fosse chiaro – è drammatica. Da una parte e dall’altra della bottiglia. O della penna, s’intende.

Chi chiede alla stampa di schierarsi non sa – o non considera – che il giornalismo (non solo quello enogastronomico) in Italia è sostanzialmente morto. Si scrive in prima persona, si attacca chi prova a cambiare il sistema, si accusa di far marchette chi, nella duplice veste di editore e direttore responsabile di una testata, cerca di tenere in piedi tra mille sacrifici personali gli unici due progetti editoriali “di rottura” presenti in Italia.

Una duplice veste dettata, appunto, dall’assenza di editori puri, interessati a promuovere contenuti più che pubblicità. Un invito spassionato giunga a chi oggi si appella alle “testate giornalistiche” contro i dazi di Trump: chiedete di difendervi – facendo i nomi – a chi vi prospetta premi per portare i vostri vini in giro per il mondo, per cifre che si aggirano attorno ai 30 mila euro.

Chiedete di prendere posizione a chi intasca i vostri soldi per due foto col vostro vino in mano pubblicate su Instagram, col nome dell’account che richiama l’Ais (Associazione italiana sommelier). Chiedete di difendere il Made in Italy enologico a quelle testate a cui pagate fior di redazionali, mai pubblicati come tali.

Perché chi si sorprende del silenzio, spesso, è lo stesso che alimenta forme alternative all’informazione professionale. E non è il caso di Morino. La stampa, insomma, pare tornar buona solo al momento del bisogno.

Potremmo scrivere tutti a Trump, o potremmo averlo già fatto, senza fare troppa pubblicità. Potremmo anche fare tutti fronte comune, ma per cosa? Cosa hanno fatto le istituzioni italiane, sino ad ora, per bloccare Trump?

Troppo poco, se non nulla. L’ultimo comunicato della ministra Bellanova (Mipaaf) riguarda un (seppur nobilissimo) bando Agea per gli indigenti. Non resta che sperare che resti qualcosa di buono sotto al ciuffo di Donald. Cin, cin.

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