Coldiretti: “Frena l’export del vino per la prima volta in 30 anni a causa del Covid”

Calo del 3,2% in valore nel 2020. Prandini “Serve regia nazionale per l’internazionalizzazione”

Il terremoto Covid si abbatte sul mondo del vino che per la prima volta in 30 anni registra una frenata dell’export con un calo del 3,2% in valore nei primi sette mesi del 2020 con una storica inversione di tendenza che non ha precedenti. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti che ha promosso l’incontro “Covid, la sfida del vino Made in Italy“.

Con il moltiplicarsi dei Paesi che hanno adottato misure di contenimento con la chiusura di bar e ristoranti sale il conto dei danni alle esportazioni di vino italiano, che è il più bevuto nel mondo. Germania, Stati Uniti e Regno Unito che rappresentano i principali mercati di sbocco delle bottiglie tricolori sono infatti in sofferenza per il rapido diffondersi della pandemia che rischia di compromettere anche gli ordini per la fine dell’anno.

Il terremoto sull’economia provocato dal coronavirus mette a rischio il fondamentale motore economico generato dal vino italiano che realizza oltre la metà del proprio fatturato all’estero. Lo scorso anno infatti su un totale di 11 miliardi, che hanno sviluppato 1,3 milioni di posti di lavoro lungo la filiera ora in pericolo, le esportazioni sono risultate pari a 6,4 miliardi.

“Grazie alla azione di Coldiretti sono state adottate varie misure finalizzate a dare liquidità ai produttori e ridurre le giacenze di vini e di uve della nuova vendemmia ma anche sgravi contributivi, incentivi all’acquisto di vino e prodotti italiani” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “c’è incertezza e preoccupazione fra gli imprenditori, ma l’Italia ha le potenzialità per ripartire meglio degli altri. L’internazionalizzazione è dunque una scelta obbligata per il nostro Paese che deve cogliere questo momento di crisi per mettere a punto una strategia più incisiva di presenza sui mercati stranieri”.

Vanno aiutate le imprese a superare questo difficile momento – prosegue Prandini – e va preparata la ripresa con un piano straordinario di internazionalizzazione anche con la creazione di nuovi canali commerciali e una massiccia campagna di comunicazione superando l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse puntando, in primo luogo, ad una regia nazionale attraverso un’agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo, valorizzando il ruolo strategico dell’Ice e con il sostegno delle ambasciate”.

“In questo contesto un primo obiettivo è stato raggiunto – dichiara ancora Prandini – con la presenza di Josè Rallo come primo rappresentante agricolo nel consiglio di amministrazione dell’Ice che viene proprio dal mondo del vino ma anche con l’arrivo per la prima volta nelle ambasciate italiane della figura del Consigliere Diplomatico agricolo come abbiamo chiesto”.

“Serve poi recuperare i ritardi strutturali – conclude Prandini – e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export e una ‘bolletta logistica’ più pesante per la movimentazione delle merci“.

Un duro colpo per l’Italia che ha una produzione di oltre 46 milioni di ettolitri nella vendemmia 2020 che conferma il proprio ruolo di leader mondiale davanti alla Francia. Un primato consolidato grazie a 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi, con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt. 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt).

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