EDITORIALE – Quattro Pinot Nero per capire l’Oltrepò pavese, senza complicare troppo il concetto. Anzi, rendendo chiaro a tutti perché il territorio (o, meglio, il “nuovo” Consorzio tutela vini guidato da Francesca Seralvo) stia puntando in primis sulla valorizzazione di questo vitigno. Quattro Pinot Nero, ovvero quattro versioni. La prima: spumantizzato, rigorosamente con il Metodo classico, “in bianco” (Blanc de Noir, direbbero i francesi). La seconda: ancora una volta spumantizzato col Metodo classico, ma “in rosa” (Rosé, direbbero i francesi; Cruasé, si dice – o si dovrebbe dire – secondo un vecchio progetto mai davvero decollato tra i produttori di bollicine rosate dell’Oltrepò pavese).
Terza versione del tema: vinificazione in rosso, in solo acciaio. Quarta ed ultima tesi: vinificazione in rosso e affinamento in legno, a completare quel quadro che porta qualcuno – avventurosamente, anzi avventatamente – a parlare non di Pinot Nero ma di Pinot Noir, paragonando l’Oltrepò pavese a Borgogna e Champagne. Chi vuole davvero bene a questo territorio, non lo fa ancora. Magari, domani. Magari mai. E sarebbe, questa, una vittoria ancora più grande.
I PINOT NERO DELL’OLTREPÒ PAVESE DI CALATRONI, TRAVAGLINO, FRECCIAROSSA E LE FRACCE
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Oltrepò pavese Docg Metodo classico Pinot Nero Pas Dosé 2019 Riva Rinetti, Calatroni
L’etichetta prende vita da un vigneto a 400 metri di altitudine, ma l’altimetria non è l’unico fattore determinante: lo sono ancor più i suoli di questo cru, situato nel comune di Montecalvo Versiggia. I suoli bianchi, ricchi di calcare, regalano un Metodo classico da uve Pinot Nero principesco, teso, sapido, dalla solidissima colonna vertebrale minerale, su cui danzano agrumi e piccoli frutti rossi. Un Docg di terroir, come pochi. Sua maestà il Pinot Nero dell’Oltrepò pavese, ai livelli che gli competono. Da notare la relativa gioventù del vigneto, che ha da poco superato il decennio. Dietro a questa etichetta, un’intera storia ancora da scrivere.
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Oltrepò pavese Docg Metodo classico Pinot Nero Rosé Extra Brut 2020 Montecérésino, Tenuta Travaglino
Dai vigneti di Travaglino che portano il nome del “Monte Ceresino”, collina di quasi 450 metri nel comune di Calvignano, ecco un “rosé” coi fiocchi. Tutto tensione e croccantezza, ma col garbo e l’eleganza estrema dei grandi. Ancora una volta, la differenza la fanno i suoli. Quelli del Pinot Nero da cui nasce questa etichetta di Tenuta Travaglino sono argilloso-calcarei, su marne e arenarie.
Convince per la gran pulizia del sorso, pur concreto e dinamico grazie alla breve macerazione a freddo e a una pressatura soffice che dimezza la resa succo d’uva-vino. Buona la struttura e l’allungo, tanto da fare di Montecérésino un Metodo classico dell’Oltrepò pavese ambidestro: capace di giocare sull’antipasto, quanto nell’area di rigore dell’abbinamento gourmet.
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Pinot Nero dell’Oltrepò pavese Doc 2023 Carillo, Tenuta Frecciarossa
“Frecciarossa” e “Pinot nero dell’Oltrepò pavese vinificato in rosso”: se non un sinonimo, poco manca (e qualcuno, un giorno, dovrà pur dirlo a Treccani, Zingarelli, Devoto-Oli e compagnia bella). Quel che piace di questa etichetta è il binomio modernità-territorio. Frecciarossa resta uguale a se stessa, insieme al suo Pinot Nero 2023 Carillo, che definire “d’entrata” è poco, se non si precisa che si tratta delle arcate del Colosseo, non dell’uscio d’un condominio di borgata.
Alcol contenuto, ad appena 12,5%; carezza di spezia lussuosa, leggera, dal naso al retro olfattivo. Profilo rivolto come un girasole al frutto del vitigno. Alla sua estrema croccantezza, succosità e all’espressione sincera dei suoli argilloso-calcarei delle prime colline di Casteggio, restituiti con sapienza al calice grazie alla vinificazione in soli serbatoi d’acciaio. Se non lo conosci, Carillo è il vino che avresti voluto scoprire prima. Insieme alla sua reggia: l’Oltrepò pavese.
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Pinot Nero dell’Oltrepò pavese Doc Riserva 2018, Le Fracce
Forse è solo un caso. Fatto sta che nella (stratificata) gamma de Le Fracce, il Pinot Nero Riserva è l’unico vino senza “nome di fantasia”. Come a dire che basta se stesso, a chi lo assaggia. Come a dire che “togliere” o, quantomeno, non aggiungere, è di per sé aver già vinto a metà. Sulla linea di partenza. Come a dire che l’originalità vince su tutto, se l’obiettivo è farsi ricordare. Il Pinot Nero dell’Oltrepò pavese Doc Riserva 2018 de Le Fracce è capolavoro e manifesto di un territorio. In primis, per la palese, assoluta, estrema, qualità della materia prima: uve raccolte nel comune di San Biagio di Casteggio, a 200 metri sul livello del mare.
Poi, per la sapienza e la visione con cui, quelle stesse uve, sono state lavorate in cantina. Maneggiate “coi guanti bianchi” – pare quasi di vederli, un sorso dopo l’altro – per non rovinarle. Per preservarle intatte, dando loro una nuova “casa”: 24 mesi in barriques, derivanti da un assemblaggio di legni di rovere francese provenienti da tre diverse foreste, prima di trascorrere 6 mesi in acciaio ed essere imbottigliato. Dove vuole (e dove può?) arrivare l’Oltrepò pavese col suo Pinot Nero vinificato in rosso? Speriamo qui. Preghiamo, qui.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.