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Emilia Sur Lì: vini liberi, anche dal Fisco

Ci sono sfumature capaci di rovinare un bel quadro. Un po’ come i baffi sulla Gioconda, se fossimo al Louvre. Venature dadaiste, in grado di farti andar via dall’edizione 2017 di Emilia Sur Lì – festival dei Vini emiliani rifermentati sui lieviti, con la bocca in paradiso. Ma la coscienza all’inferno.

Tanti buoni vini rifermentati e qualche eccezionale metodo classico (“outsider” solo in teoria) all’Agriturismo La Longarola di Lesignano de Bagni, poco fuori Parma, venerdì 2 giugno. Ma una “leggerezza fiscale” impressionante, con bottiglie vendute da alcuni produttori senza alcuna ricevuta. Vini liberi, insomma. Anche dal Fisco. Vini anarchici. Vini, in realtà, masochisti.

Di fatto, un vero peccato in termini di lungimiranza. Al di là degli aspetti legali della questione, non è la prima volta che assistiamo in presa diretta allo “smercio” di vino senza scontrino, a fiere ed eventi che spesso vedono protagonisti vignaioli “controcorrente”. I paladini della naturalità in vigna, in grado di concordare su rigidi disciplinari di produzione che prescindono (in positivo) dai disciplinari, scivolano (non tutti, è chiaro: ma a questo punto qualcuno isoli i furbi) sulla buccia di banana della legalità.

Un trend pericoloso, che rischia alla lunga – su scale nazionale – di non dare il giusto valore alla produzione di vino naturale. Un’evasione fiscale che fa male a un movimento, quello dei vini prodotti “secondo natura” (senza solfiti aggiunti, biologici, biodinamici…) che meriterebbe d’essere raccontato ogni giorno per l’aumento di interesse da parte del pubblico. Dati positivi a cui questo fenomeno perverso – più italiota che italiano – non può che tranciar le gambe. Perché la storia – da che mondo e mondo – si fa coi numeri. Non con le chiacchiere o le poesie su madre natura, nemica – evidentemente – più dell’industria del vino che dell’industria del denaro.

I MIGLIORI ASSAGGI
Emilia Sur Lì 2017 resta comunque, a tutti gli effetti, una manifestazione di livello nel panorama dei vini “alternativi”. Ecco i nostri migliori assaggi di vini rifermentati e sboccati, compresi alcuni “Metodo Classico” esemplari.

1) Grechetto, Azienda Agricola Gradizzolo. Sono tutti da assaggiare i Grechetto dell’Azienda Agricola Gradizzolo di Monteveglio, in provincia di Bologna. Che si tratti di “Gradizzolo” 2005, rifermentato erbaceo, balsamico, dalla chiusura speziata e lunghissima, o del Grechetto 2015 in anfora (naso splendido sull’anice), oppure del Grechetto 2012, imbottigliato a febbraio 2013 (gran pienezza e complessità, pur mantenendo una straordinaria facilità di beva) i vini di Antonio Ognibene lasciano il segno.

2) “Per Franco” e “Rosso Bergianti”, Azienda Agricola TerreVive Bergianti Vino. Qui siamo a Gargallo di Carpi, in provincia di Modena. “Per Franco” è uno spumante Metodo Classico Rosè ottenuto in purezza da uve Lambrusco della varietà Salamino. Nulla a che vedere con la media dei Lambruschi tradizionali, da cui si discosta fin dalla prima olfazione di cipria, che vira subito sulla frutta.

Uno spumante deciso, di carattere, ben retto su una schiena muscolosa. Non tanto, però, da comprometterne l’assoluta piacevolezza della beva. Rosso Bergianti è invece ottenuto con l’aggiunta di un 20% di uve Lambrusco Sorbara alla base Salamino. Un Metodo Classico giocato sull’acidità tipica, appunto, del Sorbara. Un Lambrusco da bere tutto d’un fiato.

3) Harusame, Casè… naturally wine. Alberto Anguissola tira fuori dal suo scrigno di Casal Pozzino di Travo in Val Trebbia (Piacenza), uno spumante rosato di Pinot Nero in purezza a dir poco eccezionale. Ne vanno matti in Giappone, ma anche in Italia rischia di creare dipendenza. Dopo un affinamento in acciaio per circa un anno, al vino viene aggiunto mosto fresco di Pinot Nero della vendemmia successiva, “in modo da ottenere il livello zuccherino corretto per avviare la rifermentazione in bottiglia”.

Non viene fatto uso di zuccheri industriali o lieviti selezionati per Harusame: solo madre natura per la presa di spuma. Al naso nocciola tostata, che torna prepotente in un palato a dir poco sconvolgente per l’uvaggio. Fragranza pura, soprattutto quando nel retro olfattivo fa capolino l’arachide. La frontiera naturale e dorata di un Pinot Nero, a pochi chilometri dalla sua patria d’elezione: l’Oltrepò Pavese.

4) Spumante Metodo Classico Brut Bianco Antico 2014 Vej, Podere Pradarolo. Altro assaggio sconvolgente il 100% Malvasia di Candia aromatica prodotto in località Serravalle, nel Comune di Varano dè Melegari. Siamo nella bassa Valle del Ceno, in provincia di Parma. Nove mesi complessivi di macerazione: i primi tre prevedono profondi rimontaggi, che anticipano i successivi 6 mesi a cappello sommerso. L’estrazione è totale e in bocca è evidente l’eccezionale equilibrio tra bollicina e tannino. Per la seconda fermentazione è stato utilizzato il mosto 2015.

“Facciamo tanta fatica in vigna per portare in cantina uve sane, comprese ovviamente le bucce: perché poi dovremmo gettarle via?”: il commento di Claudia Iannelli, toscana doc trapiantata in Emilia per seguire il sogno del marito Alberto Carretti, lascia pochi spazi alle interpretazioni. Un Pas Dosè sboccato alla Volé da lasciare il segno. Vej si presenta nel calice di un giallo intenso, tra la camomilla e l’ambrato. Al naso la tipicità della Malvasia di Candia, con uno spunto floreale di rosa. Al palato si fa serio, grazie all’apporto dei tannini che chiamano piatti anche importanti. Lo immaginiamo su un’anatra all’arancia. Divino.

5) Barbera 2014, Camillo Donati. Gli effetti della rifermentazione in bottiglia sono ormai pressoché svaniti nella Barbera 2014 di Camillo Donati, orgoglioso viticoltore emiliano di Barbiano, Parma. Frutta rossa deliziosa al naso, di rara pulizia (alla cieca, note che farebbero quasi pensare a un Pinot Nero altoatesino).In bocca, il residuo zuccherino non infastidisce la beva, che resta seriosa nonostante la predominanza delle note fruttate. D’obbligo lasciare respirare un po’ il vino nel calice, per assaporarne l’evoluzione all’olfatto: la frutta rossa diventa cornice di liquirizia dolce e note erbacee mediterranee. Tutto bellissimo.

6) Frisant Bianco 2016, Il Farneto. A Castellarano, provincia di Reggio Emilia, Bella interpretazione del vitigno Spergola, autoctono dell’Emilia, cui viene aggiunto un 40% di Sauvignon In degustazione la vendemmia 2016, rifermentata a maggio.Naso delicato di pera Williams e fiori bianchi freschi per questo “Frizzante” di colore giallo paglierino intenso. Inattesa un’acidità così spiccata al palato, ben equilibrata con il ritorno delicato delle note fruttate e una mineralità che chiama il sorso successivo.

7) Lambrusco dell’Emilia Igt Rosso Frizzante Secco “Al Scur”, Ferretti Vini.. Frizzanti per Natura. Ottenuto da un 90% di uvaggio composto da sette varietà di Lambrusco (Maestri, Marani, Salamino, Grasparossa, Oliva, Barghi, Foglia frastagliata) e un 10% di uva Ancellotta, altra autoctona emiliana. E’ un Lambrusco sui generis, tutt’altro che “piacione” o “femminile”.

Solo apparentemente una contraddizione, se si considera che la Ferretti Vini è oggi un’azienda a conduzione femminile, grazie all’impegno delle sorelle Elisa e Denise, che hanno saputo far tesoro degli insegnamenti del padre Sante, per 40 anni cantiniere alla Cantina Sociale di Campegine.

“Al Scur”, di fatto, è tradizione e naturalezza. Spuma corposa che tinge un calice porpora, impenetrabile. Naso di quelli che rendono giustizia ai vini naturali, grazie all’apporto di un Grasparossa audace, animale. Il tutto senza perdere finezza. Un anziano contadino con le mani sporche di terra, ma in camicia. Pronto per la messa della domenica.

8) Lambrusco dell’Emilia Igp Frizzante Rosso Secco “Ponente 270”, Podere Cipolla. Denny Bini ci manda in confusione. Tocca rileggere tre, quattro volte gli appunti prima di battere la recensione del suo Lambrusco Ponente 270, piena di ossimori: degustandolo al banco d’assaggio di Emilia Sur Lì, scriviamo prima “austero”, poi “rotondo”. Proprio così, non è un errore. Un’interpretazione esemplare di un blend di Lambrusco Salamino, Malbo Gentile, Grasparossa e Sorbara.

Un vino fresco ed equilibrato, sia al naso sia in bocca, tutto giocato su grasse note fruttate (tendenti al maturo) e su una bevibilità eccellente. Un Lambrusco semplice, ma tutt’altro che banale. Da provare, sempre in casa Podere Cipolla – Denny Bini, il Grasparossa Libeccio 225: più spigoloso e muscoloso, per via di una spalla acida ben più consistente.

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