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Crisi vino, Oiv fa scuola in Moldova: oltre al palco, pista da ballo e dj set

Balla anche il vicepresidente Luigi Moio, insieme ai delegati e ai rappresentanti dell’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino delle varie nazioni. La Moldova, teatro dell’evento, si riscopre terra di rilancio del settore, che deve saper parlare anche ai giovani e alle future generazioni

È successo qualcosa di storico. Ma forse nessuno se n’è accorto, davvero. Alla cena di gala che ha fatto seguito al 46° Congresso Mondiale della Vigna e del Vino, precedendo la 23a Assemblea Generale dell’Oiv, in Moldova, i delegati dei Paesi partecipanti si sono scatenati in un ballo, quasi liberatorio. Sotto al palco dei cantanti locali e dei dj invitati alla cantina Cricova, poco lontano dalla capitale ChiÈ™inău, è andato in scena uno scatto genuino che non può non assumere (anche) un significato “politico”. Forte. Di rottura col passato.

Dopo anni di “gesso” e di “manuale”, l’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino – per molti aspetti la più importante entità globale in materia vitivinicola – ha mandato un messaggio chiaro: il vino è anche gioia. È anche allegria. È condivisione vera. Non solo protocollo.

BASTA VINO DA MANUALE

Il vino, per troppo tempo, è stato raccontato come fosse un codice cifrato. Termini astrusi, degustazioni, punteggi. Punteggiature tra aggettivi. Divise da sommelier come fossero uniformi militari, anche quando il contesto è gioioso e non istituzionale. Il risultato? Intere generazioni che si avvicinano più volentieri al gin tonic da discoteca, che a un calice di rosso. Perché? Perché è più semplice. Più diretto. Più libero.

Eppure il vino ha tutto per essere anche questo. Senza perdere la sua identità, senza rinunciare alla cultura che porta con sé. Ma deve smettere di parlarsi addosso. Deve scendere in pista, letteralmente. Proprio come è accaduto in Moldova ai delegati Oiv, tra i quali il vicepresidente, Luigi Moio. Tutti sobri. Nessun gesto fuori dalle righe. Solo la gioia della condivisione di un momento di festa, accompagnato dai calici di vini moldavi.

UNA RISPOSTA A CHI VORREBBE VIETARLO

Tirando la corda, il ballo dei delegati Oiv potrebbe essere anche interpretato come un atto di resistenza. In un’Europa dove il vento “proibizionista” torna a soffiare – Bruxelles in testa, col suo sostegno ipocrita a politiche che faticano a distinguere l’abuso dal consumo di alcol, in primis quel (poco) contenuto nel vino – brindare (con moderazione) e ballare è diventato un gesto politico. Una rivendicazione di libertà culturale.

Il vino non è una droga. Non è un vizio. È un patrimonio. E come tale va vissuto. Raccontato. Protetto. Non col moralismo, ma con l’educazione. Non con la paura. Ma con la conoscenza. Con le masterclass, sì, d’accordo, quando serve. Ma anche con quella leggerezza che aiuta a snellire una comunicazione divenuta noiosa, in fin dei conti, persino per gli addetti ai lavori (o, almeno, per quella piccola frangia meno affezionata all’autoreferenzialità e all’esibizione smisurata dell’ego). Ed è proprio questa la chiave: mostrare che il vino, se rispettato, sa unire. Sa creare relazioni. Anche tra popoli lontani. Il vino fa ballare. Come, anzi meglio, di tre cocktail tracannati.

IL FUTURO DEL VINO: MENO PALCO, PIÙ PISTA

L’Oiv, in maniera quasi inconsapevole, lontana dalla casa madre francese e dai relativi palazzi dei delegati, ha indicato la via giusta. Ha tolto il papillon. E ha alzato il volume. Ha rotto la gabbia dei formalismi. E ha mostrato un’altra faccia del vino. Quella che parla alle persone comuni, non solo agli addetti ai lavori. Quella che balla, in pista. Con spensieratezza.

Quella che può davvero far innamorare le nuove generazioni, se si smettesse di tenerle fuori con un linguaggio da iniziati a sette e correnti di incravattati, muniti di spillette da sbattere in faccia ai produttori e agli astanti, agli eventi del vino organizzati da New York a Calvisano. Che questa Moldova diventi un simbolo. Di un vino più umano, più vero, più accessibile. Meno inchiodato alla sedia e alle divise, come ha mostrato di saper fare di recente Vinaltum, in Alto Adige. Perché se il vino è cultura, la cultura deve comprendere – anzi includere – il divertimento, nelle sue forme più libere. Non per convenienza, ma per convinzione e filosofia.

Allora, viva il vino che fa ballare. E viva le tante cantine che stanno nascendo un po’ in ogni angolo del mondo -Moldova compresa (chiedere per credere anche a Castel Mimi, altra cantina moldava che si è dotata di un bar, dove serve cocktails ottenuti a partire dai propri vini e liquori). Viva chi è capace di porsi come interprete del terroir delle nuove generazioni. Qualcosa che non ha a che fare col suolo, con le grandinate o con le annate torride, o pervase dalla peronospora. Ma l’unico elemento che può salvare il settore da una lenta, cronica, sistematica estinzione. “Norok” alla Moldova, teatro di quest’eccezione. “Norok” all’Oiv.

Oiv fa scuola in Moldova: oltre al palco, pista da ballo e dj set. Balla anche il vicepresidente Luigi Moio, insieme ai delegati e ai rappresentanti dell’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino delle varie nazioni. La Moldova, teatro dell’evento, si riscopre terra di rilancio del settore, che deve saper parlare anche ai giovani e alle future generazioni https://oiv2025.md/it/

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