Alzano, Cutrera, Dunnuni; Insolia nera, Vitrarolo, Bracau. Sono solo alcuni dei vitigni autoctoni che AssuliWinery sta recuperando in Sicilia, in collaborazione con l’Istituto Vite Vino di Marsala. Il progetto interessa ben 14 “vitigni reliquia” dell’isola, messi a dimora in un vigneto sperimentale di 0,3 ettari a Carcitella, nel comune di Mazara del Vallo.
Tra i bianchi ci sono anche Nave, Oriddu, Recuno, Reliquia bianco. Tra i rossi ‘Anonima’, Catanese nero, Lucignola e Rucignola. Nomi pressoché sconosciuti anche tra gli esperti, che restituiscono la caratura di un progetto destinato ad avere sempre più spazio nei 130 ettari di proprietà della cantina trapanese, nella Sicilia occidentale.
“Assuli – spiega Roberto Caruso, uno dei titolari – è una cantina interamente vocata alla produzione di vini biologici da vitigni autoctoni della Sicilia. Crediamo che questa sia l’unica strada percorribile per il futuro”.
I ‘vitigni reliquia’, a differenza dei più noti Grillo e Nero d’Avola, a loro volta presenti nel parco vigneti di Assuli Winery, non sono stati ancora vinificati. “Abbiamo effettuato alcune prove di microvinificazione – spiega Caruso – per valutarne i singoli parametri, sia dal punto di vista analitico sia degustativo”.
Siamo ancora lontani dalla vera e propria produzione, ma fiduciosi che questi autoctoni possano darci gli stessi risultati di vitigni come il Perricone, abbandonato in Sicilia e riscoperto solo di recente”.
Il Dna dei ‘vitigni reliquia’ è stato indagato in laboratorio. Secondo gli studi condotti da Assuli, alcune delle varietà presenti nel vigneto sperimentale di Mazara del Vallo hanno Trebbiano e Grenache come “parenti”, oltre agli stessi Insolia e Nero d’Avola.
“C’è un gran lavoro dietro ai vini di Assuli Winery – commenta l’enologo Lorenzo Landi – soprattutto per i cosiddetti ‘vitigni reliquia’ che ci fanno confidare in un futuro di grandi soddisfazioni”.
La grande cura che mettiamo, dalla coltura del vigneto fino alle nostre bottiglie, esprime la tipicità e l’originalità dei vitigni tardivi per la zona, nonché la particolare ricchezza dei vitigni autoctoni, alcuni dei quali recuperati dall’oblio totale”.
Curiosa, su tutte, la storia del Vitrarolo, la cui coltivazione era limitata a pochi ceppi, nei vigneti più antichi dell’area dei monti Nebrodi. Si tratta, non a caso, di una delle zone di maggiore interesse per la viticoltura siciliana dei prossimi secoli.

Risale infatti al Vinitaly dello scorso anno l’annuncio dell’avvio, sempre da parte dell’Istituto Vite Vino di Marsala, di un importante progetto che riguarda la produzione di uno spumante di montagna, “Selecto“, da uve Catarratto (Lucido ed Extralucido) allevate appunto sui Nebrodi.
Grazie al vigneto sperimentale di Assuli si potranno valutare le risposte agronomiche ed enologiche del Vitrarolo nell’areale di Mazara del Vallo, in un microclima differente. Da un vitigno che racconta sin dal nome la caratteristica di tralci ‘vitrei’, che si spezzano facilmente d’inverno, potrà forse attecchire parte del futuro più solido della viticoltura siciliana.
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Nato con la penna in mano, poi c’è finito pure un calice. Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi WineMag.it. Segno Vergine allergico alle ingiustizie, innamorato delle cause perse e del blind tasting, vivo questo mestiere come una missione e una delle più alte forme di altruismo. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100” migliori vini italiani, in collaborazione con la redazione. Apprezzi il nostro lavoro e la nostra indipendenza? Sostienici con un euro al mese