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Fivi, tieni accesa la fiamma

EDITORIALE – Avete presente le candele? Fanno luce. Ma basta un soffio per spegnere la fiamma. La Fivi, oggi più che mai, somiglia un po’ a una candela. Fa luce, una luce bellissima, che illumina il lavoro, la fatica e i territori in cui operano vignaioli veri, innamorati della loro terra.

I vini degli associati Fivi sono proiettati nel futuro: infusi che raccontano la vendemmia, sussurrando già qualcosa di quella dopo. Perché sono “vini pensati” e “pensanti“. Molto più buoni di quelli “solo buoni”. I vini Fivi contengono un seme. La gemma di un pensiero, l’etica che ha mosso e muove i padri fondatori della Federazione.

Non a caso, il Mercato di Piacenza è diventato un evento cult per i winelover che cercano emozioni nel calice, oltre a prodotti sani, sostenibili e rispettosi del vitigno e del terroir. Il pubblico del Mercato, sino all’edizione record del novembre 2019, è cresciuto a livello esponenziale, sino a toccare le 22.500 presenze.

Ma sulla Fivi soffiano venti che potrebbero rendere tutto vano. Sferzate che minacciano una fiamma che non può, non deve spegnersi. Ci ho pensato al termine del Mercato 2019, pensando al commento “a caldo” affidato dalla presidente Matilde Poggi al proprio ufficio stampa.

“Il rapporto speciale tra il pubblico del Mercato e i vignaioli – commentava Poggi – traspare anche sui social, dove il movimento e l’interesse per questa manifestazione è veramente altissimo“. I social, già. La terra di tutti e di nessuno. Dei professori e degli influencer. Degli haters e dei soloni.

Certamente un “luogo” popolato da winelover, che non va tuttavia scambiato da Fivi come sede privilegiata in cui misurare il proprio consenso, ma soprattutto il proprio peso. Almeno fino a quando un like non conterà come un’alzata di mano in sede istituzionale.

Che la fiamma della Fivi, dunque, continui a risplendere di battaglie sindacali e di sindacato – lo ricorda oggi Walter Massa su WineMag.it – come quelle sulla rappresentatività dei vignaioli all’interno dei Consorzi del vino, o quelle sull’eccessiva burocrazia che attanaglia le piccole e medie aziende vitivinicole.

Sui dazi Usa, la fiamma Fivi, ha perso un’occasione di risplendere. Come e più di ieri. Come e più di prima. Mostrandosi, peraltro, quanto mai frammentata e divisa in correnti che attendono l’ok (del “capo”) non per alzare la mano o prendere una decisione, ma anche solo per “pensare”.

Tutto ciò non è etico. Non è Fivi. Non è “fiamma”. Qualcuno tenga accesa la luce. Perché l’Italia ha bisogno di Fivi e Fivi ha bisogno dell’Italia che “beve” e che “pensa”, per iniziare a pesare davvero. Dentro e fuori dagli smartphone. Cin, cin.

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