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Cantina Ripa della Volta: (green) message in a bottle, in Valpantena

Ripa della Volta sostenibilità in Valpantena valpolicella
Cantina Ripa della Volta ha presentato i propri vini e il proprio progetto legato alla sostenibilità con una degustazione presso la propria sede di Verona, lo scorso 15 ottobre. Un’occasione propizia anche per approfondire l’espressione della Valpantena, sottozona della Valpolicella sempre più in auge.
Nata nel 2015 dalla volontà del giovane imprenditore Andrea Pernigo, Ripa della Volta punta a unire territorio, vino e cultura. L’idea è quella di una “Creative Organic Farm“: un’azienda agricola guidata dal rispetto per la terra. Un rispetto che si concretizza in una coltivazione biologica mirata a preservare il suolo e ad arricchirlo nel tempo.

RIPA DELLA VOLTA E IL SUO APPROCCIO SCIENTIFICO E SOSTENIBILE

Nei 25 ettari di proprietà, di cui 15 vitati, non si coltivano solo i vigneti ma anche ulivi ed erbe aromatiche. Un ecosistema agricolo in cui, grazie al riutilizzo degli scarti delle singole produzioni, si contribuisce al circolo virtuoso della sostenibilità. Le circa 50 mila bottiglie prodotte diventano così espressione di una filosofia artigianale, rispettosa della terra e volta alla sostenibilità. Le fasi della produzione sono seguite direttamente dalla cantina, a partire proprio dalla cura dei vigneti, gestiti non solo in “bio” ma soprattutto attraverso un approccio scientifico. Ripa della Volta letteralmente “misura” i propri vigneti attraverso l’Indice Bigot. Un metodo brevettato, che consente di valutare il potenziale qualitativo di ogni singolo vigneto.

L’Indice Bigot misura 9 parametri di ogni appezzamento (produzione, superficie fogliare esposta, rapporto fra metri quadri di foglie e uva per ceppo, sanità delle uve, tipo di grappolo, stato idrico della pianta, vigore vegetativo, biodiversità, età del vigneto) che prendono in considerazione il vigneto nel suo insieme, come un organismo vivente. Oltre 10 mila dati all’anno, che permettono di ottimizzare la produzione e la gestione delle uve.

LA VALPANTENA DI RIPA DELLA VOLTA

Ripa della Volta si candida così a un ruolo primario tra le cantine che intendono valorizzare la Valpantena. Situata nel cuore della Valpolicella, la Valpantena è una valle che nasce a ridosso della città di Verona e che conduce ai Monti Lessini. I suoi suoli marnosi e calcarei sono ricchi di elementi che conferiscono ai vini una spiccata mineralità e complessità. La disposizione nord-sud della valle e la presenza dei Monti Lessini favorisce inoltre la ventilazione, a beneficio della sanità delle uve. Le quote mediamente più alte rispetto al resto della Valpolicella, inoltre, garantiscono un clima più fresco ed una buona escursione termica fra il giorno e la notte.

I VINI DI RIPA DELLA VOLTA

«Svincolarsi dallo stereotipo dell’Amarone come “vino di metodo”» e «realizzare vini che siano identitari e rappresentativi del territorio». È con questa idea che nascono i vini di Ripa della Volta. Una scelta che si traduce anche nei vitigni utilizzati: accanto ai classici Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta troviamo così anche Spigamonte e Turchetta (vitigno, quest’ultimo, che sta trovando spazio anche nella zona di Rovigo). Vitigni ormai pressoché dimenticati.

VALPOLICELLA SUPERIORE DOC 2022

Un vino fresco, asciutto, snello. Già dal colore rubino brillante tradisce la sua agilità. Al naso apre floreale su note di violetta, rosa e lavanda. Seguono sentori di frutto rosso, ciliegia matura e melograno arricchite da una piacevole nota pepata. Al palato è scorrevole, con una freschezza scalpitante. Verticale e sapido con tannini setosi.

VALPOLICELLA RIPASSO DOC 2021

Due anni di affinamento in botti grandi per il Valpolicella Ripasso Doc 2021 di Ripa della Volta. Quel tanto da arrotondare il vino, quel poco da non marcare troppo coi sentori terziari e perdere l’identità territoriale. Al naso affianca ad un frutto rosso giovane, delicato e goloso un frutto più scuro come mora e prugne essiccate. Leggera nota tostata e speziata. Il tannino è più vivo e presente che nel Superiore ma non per questo invasivo o troppo “asciugante”. La viva freschezza resta come marchio distintivo della Cantina.

AMARONE DELLA VALPOLICAELLA 2019

Tre anni in botte grande, come da disciplinare. Tempo sufficiente alla polimerizzazione dei tannini senza spingere sui sentori. Ne risulta un Amarone fresco e dalla grande bevibilità nonostante i 15% vol. Al naso non sono in sentori legnosi, vanigliati e di tostatura, a dominare. Ciò che guida il quadro olfattivo sono le note di frutta matura, di rosa, di ciliegie sotto spirito, note agrumate ed un tocco balsamico-mentolato. In bocca è ricco, con l’alcool molto ben integrato ed un’acidità vibrante. Beva asciutta, contemporanea, verticale e con tannini vellutati.

AMARONE DELLA VALPOLICELLA RISERVA 2016 (ANTEPRIMA)

Attualmente non in commercio e prodotto in sole mille bottiglie, l’Amarone della Valpolicella Riserva 2016 di Ripa della Volta affina per circa 3 anni e mazzo in botti piccole. Naso ricco che spazia dalla rosa canina alla frutta sotto spirito ed al ribes nero, dal cioccolato fondente al pepe al chiodo di garofano fino a note tostate. Bevuta importante, quasi in controtendenza rispetto agli alti vini di Ripa della Volta. Corpo pieno e tannini risolti che avvolgono il palato. Resta il marchi di fabbrica della cantina: la viva acidità che sembra quasi voler tagliare a metà il corpo. Finale lungo.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

“Cercastelle”, il “Supervalpolicella” di Eleva: matrimonio riuscito tra Merlot e Oseleta


Ha il fascino delle storie impossibili “Cercastelle“, il nuovo “Supervalpolicella” della cantina Eleva. Un Rosso Veronese Igt 2019 ottenuto da uve Merlot e Oseleta, con cui Davide Gaeta e Raffaella Veroli sondano le potenzialità del matrimonio tra la varietà bordolese e l’antico autoctono veneto, sulle 18 terrazze vitate lasciate in eredità dalla compianta Franca Maculan, lungimirante fondatrice della Società Agricola Eleva.

Il risultato? È super. Con “Cercastelle”, la collina in località La Palà, a Sant’Ambrogio di Valpolicella, si colora di una luce nuova. Che sa di sfida e di una chiave di lettura diversa, per il futuro dell’intera Valpolicella.

«Ci vogliono passione, preparazione, rigore, organizzazione, sacrificio, cocciutaggine, autorevolezza, umiltà, pazienza, amore», sostiene il docente Davide Gaeta, che ha trovato nell’enologa Raffaella Veroli la miglior compagna di viaggio possibile, “donna del vino” tenace e determinata come la fondatrice. La prova è nella traduzione degli intenti nella lingua del calice. L’esito di 9 anni di prove e ricerche sulla combinazione delle due varietà.

ROSSO VERONESE IGT 2019 “CERCASTELLE”, ELEVA

Alla vista, il vino si presenta di un rubino luminoso. Naso delizioso, al contempo largo (su fiori e frutto polposo) e profondo (grazie a una speziatura balsamica). Esemplare utilizzo del legno, che contribuisce a stratificare il naso, rendendolo non solo elegante, ma ancor più goloso, grazie a leggere note tostate, dolci, unite a una spolverata di spezie orientali. Un quadro che vede assolute protagoniste le due varietà Merlot e Oseleta, unite in un ensemble perfetto.

Il Merlot accarezza, mentre un’addomesticata Oseleta ruggisce. Compostamente. Ingresso di bocca quasi in punta di piedi, su tensione fresca e frutto rosso – più che a polpa scura – perfettamente maturo. Netta la ciliegia, più in sottofondo la mora e la prugna. Progressione elegante al palato per il Rosso Veronese Igt 2019 “Cercastelle” di Eleva, che in fase centrale mostra la verve elettrica dell’Oseleta, sempre più avvolta, nell’allungo, dal manto carezzevole ed elegante del Merlot.

A somme tirate il sorso è fresco, dinamico, di ottima stratificazione. Ben lavorato anche il tannino, che fa capolino in una chiusura asciutta, segnata dall’equilibrio tra le componenti e da una preziosa impronta sapida, capace di chiamare il sorso successivo. Non manca, insomma, quel carattere del vino rosso moderno, la cui bottiglia a tavola finisce, non stanca. Anzi, invita al riassaggio. Il Supervalpolicella “Cercastelle” 2019 di Eleva è giovane e di grande prospettiva, pur già godibilissimo se ben abbinato a tavola.

LA VINIFICAZIONE

Concorrono all’uvaggio un 60% di Merlot e un 40% di Oseleta allevate da Eleva a Sant’Ambrogio di Valpolicella, in località Conca d’Oro. La raccolta delle uve avviene in due momenti distinti, per via delle diverse tempistiche di maturazione delle due varietà di “Cercastelle”. La vinificazione inizia in tanks di acciaio a temperatura controllata, inferiore ai 25°-26°. Segue la macerazione a contatto con le bucce.

La fermentazione dura circa dieci giorni. Nello stesso periodo il vino svolge la malolattica spontanea, senza alcuna induzione. L’affinamento del Rosso Veronese Igt 2019 “Cercastelle” di Eleva è in barrique di rovere francese per due anni, con legni di diversa stagionatura e dimensione. Che sia l’inizio della definitiva riscoperta (e valorizzazione) dell’Oseleta in Valpolicella?

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Molinara-centrica e biologica: la “Valpolicella in Purezza” di cantina Buglioni


Prima vendemmia dal riconoscimento della certificazione biologica per cantina Buglioni. Ma la notizia non è solo questa. La raccolta 2019 attesta il lavoro di recupero della varietà Molinara, tipica della Valpolicella.

Una scelta per noi doverosa – spiega Mariano Buglioni alla guida dell’azienda – dal momento che il nostro obiettivo è esaltare la ‘Valpolicella in Purezza’. Un concetto che passa anche per il rispetto dell’ambiente. Nella nostra filosofia, inoltre, è importante valorizzare le diverse sfaccettature della denominazione, a partire dai vitigni autoctoni che la caratterizzano”.


Per questo motivo, Buglioni dedica un’attenzione particolare alla Molinara. Un vitigno per molti versi sottovalutato, che dà vita a due vini dell’azienda di Corrubbio (VR): “Molì“, prodotto con metodo ancestrale, che prevede la rifermentazione naturale in bottiglia, Molinara in purezza.

E Il Vigliacco, spumante metodo Charmat 100% Molinara. “La vendemmia di questa varietà – continua Mariano Buglioni – si è dimostrata positiva, in calo quantitativo, ma compensato da una buona qualità”.

Contraddistinta da una maturazione anticipata rispetto alle altre varietà, che Buglioni riesce ad esaltare, preservandone freschezza e l’acidità. Caratteristiche favorite anche dall’andamento climatico della vendemmia 2019.

Quanto alle altre varietà, le uve destinate all’appassimento sono state già messe a dimora e l’intera vendemmia si concluderà in questi giorni. Per l’Oseleta, altro autoctono della Valpolicella, la raccolta è prevista a inizio novembre.

LA CANTINA

L’ingresso della famiglia Buglioni nel mondo del vino risale al 1993, quando Alfredo e il figlio Mariano si innamorano di un casolare circondato da vigneti e si appassionano alla viticoltura. Decidono di realizzare la cantina sotto casa e di esprimere il proprio stile in modo originale.

Per questo, si rivolgono all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige e puntare su un giovane enologo, Diego Bertoni. Una scelta coraggiosa che nel tempo ha ripagato creando vini “contrari all’omologazione, che ricercano la piacevolezza e l’abbinamento a tavola”.

Buglioni è anche ospitalità: due casolari antichi vengono restaurati per realizzare la Locanda del Bugiardo, ristorante gourmand immerso nei vigneti, e la Dimora del Bugiardo, agri-relais B&B. Completano l’accoglienza le tre Osteria del Bugiardo situate a Verona.

La più storica risale al 2005, le due più recenti, nel cuore della città, al 2018. Ultimo progetto è Piscaria, pescheria con cucina, ideata per far scoprire le molte possibilità di abbinamento tra il pesce e i vini di cantina Buglioni.

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#oggirosa: un brindisi con il Chiaretto di Bardolino

Venerdì 21 giugno, primo giorno d’estate, si terrà #oggirosa, manifestazione promossa dal Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino per celebrare l’arrivo della bella stagione con il Chiaretto di Bardolino, il “vino rosa” della sponda veronese del lago di Garda.

L’iniziativa prevede una serie di aperitivi, cene e degustazioni e coinvolgerà cantine, enoteche, wine bar e ristoranti del territorio gardesano e della Valpolicella. A Torri del Benaco, sul Molo De Paoli, ci sarà l’aperitivo in rosa con AIDO, accompagnato dalla musica della Old Pepper Jess Band. Per l’occasione, grazie al Comune di Torri, all’imbrunire il Castello Scaligero verrà illuminato di rosa.

A Bardolino l’Hollywood Dance Club, tra i più celebri locali del lago di Garda, aprirà sulle note dei Friday Sinatra. A bordo piscina, durante l’happy hour, si festeggerà con il Bardolino Chiaretto Heaven Scent di Vigneti Villabella. L’azienda agricola Bigagnoli, invece, brinderà a #oggirosa sia a Calmasino di Bardolino, con un aperitivo in cantina, che a Garda, all’OsteriaA22.

Al ristorante Oseleta di Cavaion Veronese, una stella Michelin, lo chef Giuseppe D’Aquino abbinerà le sue creazioni al Chiaretto di Bardolino di Villa Cordevigo e Vigneti Villabella in una cena esclusiva, realizzata per l’occasione, a partire dalle ore 20.

Tenuta La Presa, invece, offrirà un aperitivo di Bardolino Chiaretto nei ristoranti El Brol a Costermano sul Garda, Bonaparte a Rivoli Veronese e Miralago a Pastrengo. In Valpolicella, a Pedemonte, al Wine Shop di Tommasi Family Estates, verrà offerto un calice di Bardolino Chiaretto Granara e sarà possibile acquistare i tre “vini rosa” prodotti sul lago di Garda, in Oltrepò Pavese e in Puglia ad un prezzo scontato. Sempre a Pedemonte, anche l’azienda Santa Sofia applicherà degli sconti sull’acquisto di Chiaretto di Bardolino.

Giunta alla sua seconda edizione, la campagna #oggirosa è nata per volontà dei sei Consorzi (Chiaretto di Bardolino, Chiaretto Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte, Salice Salentino, Cirò e Melissa) che hanno aderito a RosAutoctono, l’Istituto del “Vino Rosa” Autoctono Italiano. La manifestazione infatti è la risposta nazionale all’International Rosè Day, in programma il 28 giugno in Provenza e dedicato esclusivamente ai rosé provenzali.

Non solo a Bardolino e in Valpolicella dunque, ma anche negli altri territori della penisola si festeggerà l’estate con una serie di eventi e iniziative dedicate ai “vini rosa”.

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I migliori assaggi a Vinitaly 2018

VERONA – Vinitaly in versione “Fast and Furious” quest’anno per la nostra redazione, al termine di una settimana di degustazioni in giro per mezza Italia (visita alle tre Tenute Lunelli, poi ViniVeri e VinNatur, prima della domenica d’apertura della Fiera veronese).

Tutti momenti che vi racconteremo quanto prima. Oggi è il turno dei migliori vini scovati a Vinitaly 2018. Eccoli di seguito, nel consueto ordine: dalle “bollicine” ai rossi.

SPUMANTI
Spumante Millesimato Pas Dosè 2016, Tenuta Sarno 1860. Sua maestà il Fiano di Avellino, in una versione spumantizzata degna delle geometrie di Kandinsky. Punto, linea e superficie, tutte in un sorso.

Si parte di fatto da un’ottima base. Quella del vigneto “Giardino”, a Candida (AV), il più alto in Irpinia destinato a varietà a bacca bianca (650 metri sul livello del mare). Per la produzione dello spumante, Maura Sarno e il suo entourage scelgono il versante nord ovest, meno esposto al sole rispetto a quello destinato al Fiano fermo.

Punto, linea e superficie si incontrano così in un calice che si veste d’un giallo luminoso, rinvigorito da un perlage fine e vivace, glitterato. Il naso cattura con i suoi richiami agrumati e taglienti di lime e bergamotto.

La balsamicità espressa dalle note di salvia dà un tono ancora più fine, assieme a misurate tinte di miele d’acacia. In bocca la corrispondenza è pressoché totale, con una nota di pesca a iniziare un valzer di sensazioni verticali, con nota minerale salina netta.

Un Pas Dosè godurioso, gastronomico (nel senso nobile del termine), ben fatto. Settemila bottiglie prodotte per l’annata 2016 (12 mesi sui lieviti), non prodotto lo scorso anno per via del caldo eccessivo.

 

Metodo Classico Brut “N1”, Azienda Agraria Moretti Omero. Trenta mesi sui lieviti (vendemmia 2015) per uno spumante insolito, prodotto con uve Trebbiano Spoletino biologiche allevate a 400 metri sul livello del mare, a Giano dell’Umbria, in provincia di Perugia.

Giallo paglierino, perlage fine e persistente. Naso a metà tra il fruttato e il floreale, con pregevole risvolto sulle erbe di campo e un tocco (che non guasta, in questo caso) di crosta di pane. Liqueur ben dosata, non snaturante, e pregevole sbuffo leggero di pepe bianco.

Bello il gioco, in bocca, tra le fresche note agrumate (lime), quelle più morbide di pesca e la chiusura sulla nocciola. Il tutto avvolto da una “bollicina” cremosa. Ottimo compromesso per chi cerca l’equilibrio tra croccantezza, rotondità e freschezza nello stesso calice di spumante. Prezzaccio (in cantina): solo 14 euro!

VINI BIANCHI
Colline Laziali Igt Bianco 2017, L’Avventura Società Agricola. In attesa della versione “non filtrata”, che si preannuncia ancora più interessante, ecco un bianco da uve Frascati dall’eccezionale rapporto qualità prezzo (4,50 euro agli operatori).

Si tratta infatti del vino “d’ingresso” de L’Avventura, la recente scommessa di Stefano Matturro e consorte a Paliano, in provincia di Frosinone. Un prodotto senza solfiti aggiunti. A colpire è un naso giocato a metà tra le noti verdi, erbacee, e la frutta esotica. Bella beva, di semplicità solo apparente.

Umbria Igt Grechetto 2017 senza solfiti aggiunti, Vini Di Filippo. Protocollo biodinamico per il Grechetto senza solfiti aggiunti della cantina Di Filippo. Siamo a Cannara, in provincia di Perugia.

Qui i vigneti sono lavorati da Roberto Di Filippo con l’ausilio di cavalli, oche e mezzi artigianali di legno e ferro prodotti dallo stesso viticoltore, in pieno stile Agro forestry.

Ecco dunque l’Amish dei Grechetto. Un vino che si stacca nettamente dalla media di tanti altri bianchi del Centro Italia. Giallo dorato nel calice, dove il nettare presenta leggere velature naturali.

Naso bellissimo, ed è già un successo: fiori secchi, frutta a polpa bianca e gialla matura, un tocco minerale e un rintocco speziato. Un vino da aspettare e riannusare per apprezzarne tutti i profumi.

Come quello di radice di liquirizia, dapprima timido, poi quasi impetuoso. Al palato un filo di tannino rende il quadro ancora più interessante, su note corrispondenti all’olfatto. Davvero un bell’unicum.

Alto Adige Gewürztraminer Doc 2016 “Nussbaumer”, Cantina Tramin. Tra tutti i prodotti di cantina di Cantina Tramin, segnaliamo questo: un “must” per chi non l’avesse ancora testato.

Un Gewürztraminer capace di incollare letteralmente naso e bocca al calice, un passo sopra il (seppur ottimo) Gewürz “base” 2017 di Tramin, “Selida” (sempre se di “base”, con Tramin di mezzo, si possa parlare).

Straordinaria, a Vinitaly, la prova della longevità di questo vitigno con l’assaggio della vendemmia 2011 di Nussbaumer, concessa a vinialsuper dal direttore tecnico Willi Stürz e da Günther Facchinelli, Pr & Communication di quello scrigno altoatesino chiamato Cantina Tramin.

Un aspetto, questo, che approfondiremo presto attraverso un altro articolo, con l’intervista esclusiva ai due rappresentanti della cooperativa di Termeno.

Friulano (Jakot) 2016 “t.f.”, Valter Sirk. In Vino Valter. Potrebbe suonare così la sintesi dei nostri assaggi di tutta la linea di Valter Sirk a Vinitaly 2018. Siamo tra Dobrovo (italianizzato “Castel Dobro”) e il piccolo villaggio di Višnjevik, nel cuore pulsante del Collio Sloveno. Dieci minuti dal confine italiano.

Valter Sirk e il suo socio Giuseppe Aldé paiono Stanlio e (C)Ollio. Vinitaly, in fondo, può essere una festa se le cose ti girano bene. E allora tutti invitati. Tanto il vino lo portano loro. E che vino. Non ce n’è uno che delude in tutta la linea. Ma a noi tocca scegliere.

Potremmo parlarvi del superlativo Pinot Bianco 2011 della linea “Contea”. Invece vi suggeriamo la tipicità di Jakot, corrispettivo sloveno di “Friulano” (“t.f.” sta proprio per “Tocai Friulano”: provate a leggere “Jakot” al contrario). Un nettare che matura per l’80% in acciaio e, per la restante parte, in acacia.

Il naso è di un’ampiezza rara: si incontrano una buona vena minerale, profumi di erbe, frutta a polpa bianca e fiori. In bocca la sapidità è evidente, ma è solo una dei convitati.

La vinificazione in acciaio valorizza i primari dell’uva e l’acacia non li snatura. E dunque ecco una bella vena fresca, rinvigorita da sbuffi di pepe bianco. La chiusura è più che mai tipica, sulla mandorla amara. Ottimo vino, oggi. Domani ancor di più, per chi ha il coraggio di aspettarlo.

VINI ROSSI
Oseleta 2016, Corte Archi. A nostro avviso uno dei vitigni a bacca rossa meno noti, eppure più interessanti, dell’intero panorama del Veneto. Non a caso, da sempre, è tra le varietà che compongono (seppur in percentuali minime) l’Amarone della Valpolicella.

Proprio in Valpolicella opera Corte Archi, per mano di Fernando Campagnola e consorte. In questa Oseleta si trovano splendidamente mixati tutti i tratti tipici del vitigno: la vena animale, grezza, quella vegetale speziata, oltre a pennellate di frutto raffinato che conferiscono eleganza al quadro.

Un vino capace di coniugare potenza, persistenza, complessità e lunghezza. Tra l’altro, con evidenti potenzialità d’invecchiamento.

Cannonau di Sardegna Doc 2016, Antonella Corda. Fate largo in cantina per un Cannonau sui generis, che ci piace definire con un neologismo: Pinotnau.

Se avete in mente la potenza imperscrutabile e l’alcolicità spinta di tanti (troppi) Cannonau, ecco un’interpretazione elegantissima del re dei vitigni a bacca rossa Made in Sardegna.

Un vino che assomiglia tanto ad Antonella Corda, donna dai modi eleganti che nel 2010 ha preso in mano l’azienda di famiglia a Serdiana, poco lontano da Dolianova (CA), assieme al compagno Christian Puecher, venuto dal lontano Trentino.

Un Cannonau che, nel calice, pare un Pinot Nero. Sin dal colore. Un luminoso rosso rubino, dal quale si spigionano note raffinate di piccoli frutti a bacca rossa che ritroveremo anche al palato, assieme a tannini di velluto e un tocco speziato che non guasta.

Ad accompagnare verso un finale lungo sono le note minerali, che ben si coniugano con quelle fruttate. Un vino dall’alcolicità sostenuta (14%) ma tutt’altro che percettibile. Tanto da far pensare a un perfetto consumo anche d’estate, leggermente raffreddato.

Il segreto del Cannoau “Pinotnau” di Antonella Corda consiste nel mix tra una macerazione delicatissima delle uve, in grado di non snaturare il varietale, e l’utilizzo sapiente di botti di non tostate di rovere francese. Chapeau.

Trentino Marzemino Superiore d’Isera Doc 2015, De Tarczal. “Mr Marzemino” sta a Isera e di nome fa Ruggero dell’Adami De Tarczal. Il piccolo borgo alle porte di Trento, a un passo dalla cittadina di Rovereto, custodisce cantine ancora tutte da scoprire, come De Tarczal.

Una storia antica quella della famiglia di Ruggero, che oggi può contare sull’apporto delle due figlie (una in cantina, l’altra impiegata nell’annesso ristorante-vineria) e sulla mano di giovane ed ottimo enologo, Matteo Marzari, che dal 2003 sta valorizzando in maniera esemplare il patrimonio viticolo dei De Tarczal.

Tra i rossi preferiamo il Marzemino Superiore 2015 (vino, tra l’altro, dall’ottimo rapporto qualità prezzo). Naso elegante, tutto giocato sulle note tipiche di un vitigno da altri (troppi) bistrattato e scialacquato.

E dunque ribes, lamponi, marasca, un tocco di mora e viola mammola. Con l’inconfondibile risvolto speziato. Un nettare che evidenzia la giusta corrispondenza al palato, con l’apporto di pregevoli venature minerali.

E in effetti è la mineralità il fil rouge che lega i vini di De Tarzal (provare per credere anche il blend Manzoni Bianco-Pinot Bianco “Belvedere” 2013 e lo Chardonnay in purezza “Felix” 2016). Chiusura altrettanto raffinata, con rintocchi di liquirizia dolce. Il Marzemino in cravatta.

Chianti Classico Docg 2015 Borgo Scopeto. E’ il Chianti Classico che ha ottenuto il punteggio maggiore (94 punti) in occasione della degustazione alla cieca effettuata a Vinitaly 2018 in collaborazione con il Consorzio Chianti Classico (qui tutti i punteggi). Un vino prodotto dall’omonima azienda agricola di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena.

Una cantina che collabora con la catena di supermercati a insegna “Iper La Grande i” per il progetto di private label “Grandi Vigne” e che, per questo, è stata inserita nella blind tasting.

Un risultato – il primo posto assoluto – che dimostra il grande lavoro fatto in Italia dall’agenzia Think Quality di Cuneo, assieme al buyer di segmento di Iper (ve ne abbiamo già parlato qui) per la selezione di incredibili referenze “qualità prezzo” da proporre a scaffale.

I vigneti da cui si ottiene l’omonimo Chianti Classico si trovano a un’altezza compresa tra i 350 e i 420 metri (70 ettari complessivi).

Si tratta del prodotto d’entrata della cantina toscana, che produce anche una Riserva (“Vigna Misciano”), un Supertuscan (“Borgonero”) e lo storico “Vin Santo”, oltre a grappa ed olio (non presenti in Gdo).

Il Chianti Classico Docg 2015 “Borgo Scoperto” (campione cieco numero 10), colpisce sin da subito per il suo colore luminoso, limpidissimo. Al naso la gran finezza espressa dalle note di piccoli frutti di bosco, degne di un grande Pinot Noir.

Un’eleganza che si ripropone con prorompente determinazione anche al palato, lunghissimo. Il frutto è di pulizia cristallina e il tannino è molto ben integrato. Un vino pronto, dall’equilibrio straordinario. Ma anche di chiara prospettiva.

VINI DA DESSERT
Alto Adige Gewürztraminer Doc 2009 “Epokale”, Cantina Tramin. Torniamo a Termeno per raccontare quell’angolo di paradiso in terra che Cantina Tramin ha deciso di racchiudere in bottiglia, chiamandolo non a caso “Epokale”.

In realtà il nome è dovuto all’annata straordinaria in Alto Adige, la 2009 appunto, che ha consentito la produzione di questa vendemmia tardiva di Gewürztraminer. Nel calice il colore giallo oro è di per sé invitante.

La sorpresa (una conferma assoluta per chi conosce il modus operandi di Tramin) è il perfetto, divino, equilibrio tra note dolci, acidità e mineralità.

Frutto non solo di un’annata da ricordare, ma anche del coraggio di aspettare il momento giusto per l’immissione in commercio di questo raro Gewürz.

Si comincia della cernita dei migliori acini di due vigneti, vicino a Maso Nussbaumer, tra i 420 e i 440 metri sul livello del mare. Dopo un’attenta vinificazione, la fase delicata di affinamento in piccoli contenitori d’acciaio, a contatto continuo con i lieviti per otto mesi.

Dopo l’imbottigliamento, avvenuto nell’agosto del 2010, “Epokale” è stato portato nella miniera di Monteneve, in Val Ridanna (2 mila metri di quota).

Qui è stato stoccato per quasi sette anni al buio, a 4 chilometri dall’imbocco della galleria, a una profondità di 450 metri sotto la montagna. Temperatura e umidità costanti hanno consentito al nettare di trasformarsi, oggi, in pura poesia nel calice.

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La Grola Veronese Igt 2001, Allegrini: quando il tempo si ferma in una bottiglia

Il vino è un mondo estremamente vario. Si passa da etichette giovani, che esprimono freschezza e vivacità, a prodotti più “datati”, che regalano morbidezza e calore. Quando troviamo però bottiglie che dovevano essere bevute giovani, riscoperte dopo anni e date ormai per “spacciate”, che una volta aperte e decantate si mostrano eccellenti e complesse… Beh, il nostro amore per il mondo del vino si rinnova e rinvigorisce. E’ il caso de La Grola Veronese Igt 2001 della nota casa vinicola veneta Allegrini.

LA DEGUSTAZIONE
Il vino, di color rosso granata con qualche riflesso mattone, presenta una leggera torbidezza, ma data l’età ormai avanzata gli concediamo questo piccolo difetto. Conserva comunque una buona scorrevolezza e una buona concentrazione di glicerolo.

Il naso si presenta ancora pulito e senza odori strani. Qualche componente volatile fastidiosa è sparita dopo 2 ore di passaggio in decanter. Sentori delicati di vaniglia si mescolano a note balsamiche e frutti rossi, nel complesso empireumatico, un vino non semplice, con mille sfaccettature che si mescolano, dal cuoio al pepe nero.

Al gusto si presenta ancora vivo. E dopo ben 15 anni, un vino da bere nei primi 3-4 anni dalla vendemmia che si presenta in questa “forma”, fa capire che l’azienda ha ben lavorato. Troviamo un corpo non troppo spinto, che conserva una bevuta delicata e scorrevole. Compaiono ribes e mela, con note balsamiche addomesticate da una certa sapidità. Il che conferma la freschezza di questo vino. Turando le somme: un’esperienza gustativa complessa da giudicare e raccontare, proprio per la rarità dell’occasione. Ma è questa la benzina che alimenta la nostra ricerca.

LA VINIFICAZIONE
Il Podere “La Grola” rappresenta, secondo l’antica leggenda che vuole l’uva Corvina nata proprio su questa stupenda collina, il luogo eletto “a fare vino” e, da sempre, il vigneto simbolo della Valpolicella Classica. Siamo esattamente a Sant’Ambrogio di Valpolicella, Verona. E questo prodotto di Allegrini è ottenuto appunto da Corvina e Corvinone (80%), Oseleta 10% e Syrah 10%. Il terreno è prevalentemente argilloso e calcareo, ricco di scheletro e povero di sostanza organica. La raccolta manuale delle uve viene effettuata nella seconda metà di settembre.

Segue una pigiatura soffice con diraspatura delle uve. La fermentazione avviene in acciaio inox a temperatura controllata, con rimontaggi giornalieri periodici. La Grola viene dunque sottoposto a fermentazione malolattica, naturalmente svolta nel mese di ottobre in barrique. La maturazione si compie in barrique di rovere francese di secondo passaggio per 16 mesi, con ulteriore affinamento in bottiglia per 10 mesi, prima della commercializzazione.

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