Sfrattato il centro sociale milanese, che negli anni aveva dato spazio a iniziative legate al mondo del vino naturale. Con l’operazione di polizia si chiude un capitolo che univa barricate e degustazioni, tra politica e caraffe di “rosso sfuso” in bottiglia. Lo sgombero chiude probabilmente (anche) la stagione del “calice ribelle” del Folletto di Abbiategrasso.
EDITORIALE – Questa mattina lo sgombero del Leoncavallo ha riportato ordine in via Watteau, a Milano. Un’operazione rapida, senza resistenza e violenza. Che chiude oltre trent’anni di occupazione. Al di là dei concerti, delle assemblee e dei graffiti, tra le mura del centro sociale scorreva anche il vino. Non quello delle grandi fiere, del Vinitaly di Verona o delle “kermesse” che si spostano da Piacenza a Bologna Fiere. Ma quello autogestito, servito tra dibattiti e piatti manifesto del “km 0” dell’agricoltura, molto più Fichi di certi Fico, tanto per tornare al refrain bolognese.
Negli anni, il Leoncavallo si era ritagliato uno spazio anche nel panorama enogastronomico, ospitando iniziative come La Terra Trema, fiera di produttori e vignaioli artigianali indipendenti. Il vino, in via Watteau, diventava così simbolo di resistenza nella città della moda e del calice modaiolo. Quasi più manifesto politico che prodotto agricolo, in senso alto. Bicchieri alzati non tanto per celebrare le vendemmie. Ma per contestare il sistema. Non senza voli pindarici anacronistici, spacciati per cronaca fedele dell’Hic et nunc. Del Qui e Adesso che ci porterà tutti alla malora, legato a doppio filo con le logiche delle multinazionali del settore.
IL CALICE DOLCE-AMARO DEL GOVERNO
Una cosa è certa. Con lo sgombero di oggi, 21 agosto 2025, il Governo Meloni ha tolto il tappo a una vicenda che durava da decenni. La premier ha parlato di fine delle “zone franche”. E di ritorno alla legalità. Un brindisi istituzionale che lascia in sospeso la memoria dei calici condivisi al Leoncavallo. Ma segna anche la chiusura di un’anomalia che da tempo divideva la città. E la politica.
Il vino servito al centro sociale aveva il pregio dell’originalità, ma non sempre della forma. Degustazioni autogestite, caraffe collettive e calici non sempre tecnicamente “puliti” raccontavano un modo alternativo di avvicinarsi al nettare di Bacco. Un linguaggio lontano da quello delle guide e delle cantine più blasonate. Più slogan che terroir? Più militanza che consapevolezza dei difetti? La risposta, oggi, ha importanza ancora più relativa.
Con la chiusura del Leoncavallo, Milano perde un luogo dove vino e politica si intrecciavano in modo unico. Ma al tempo stesso si chiude una stagione in cui l’alcol diventava bandiera di battaglie che poco avevano a che fare con vigne e vinificazioni spontanee. Ben oltre l’impegno etico, sociale, a cui sono chiamate le persone, ancor prima dei professionisti con un minimo di dignità.
CHI C’È DIETRO “LA TERRA TREMA” AL LEONCAVALLO
La fiera non nasce al Leoncavallo, ma altrove. È il collettivo Folletto 25603 di Abbiategrasso, città alle porte di Milano, ad aver ideato l’evento all’inizio degli anni Duemila. Una rassegna autogestita che, con il tempo, ha trovato nel centro sociale milanese la sua sede più comoda. Scontata. Lì si è trasformata in appuntamento fisso per vignaioli indipendenti, agricoltori e curiosi in cerca di un bicchiere alternativo. Lontano dalle logiche delle grandi fiere ufficiali.
La particolarità de La Terra Trema era proprio questa: nessuno sponsor, nessun contributo istituzionale, solo volontariato e militanza. Per degustare, l’obbligo di iscrizione al collettivo, anche per la stampa. Il risultato? Un miscuglio tra degustazione e manifestazione politica, dove il vino rischiava di diventare – qualche volta, non tutte – pretesto per altre battaglie. Con lo sgombero, cala il sipario anche su questo rito, per lo meno al Leoncavallo. E forse Milano, adesso, potrà finalmente discutere seriamente di vino. Senza dover passare per una tessera di partito preso.
Sgombero Leoncavallo, addio a vino resistente e La Terra Trema? https://www.laterratrema.org/. https://www.leoncavallo.org/.