Valpolicella alla Beaujolais accanto a Ripasso e Amarone sempre più di terroir

Le nuove sfide del mercato e dei cambiamenti climatici discussi nel pomeriggio alla Annual Conference

Sono terminate da poco le tre sessioni di degustazione della Valpolicella Annual Conference 2021, l’evento digitale organizzato dal Consorzio che tutela i vini rossi veneti capeggiati dall’Amarone. Diversi gli spunti di riflessione anche sul “base” Valpolicella e sul Ripasso, tutti sotto all’ombrello della parola “cambiamenti“: climatici, di mercato e d’approccio, sia sul fronte dei consumatori che della produzione.

Come nei film di successo, dove il finale è inatteso e tiene incollati allo schermo gli spettatori, gli spunti più interessanti sono arrivati dall’ultimo dei tre tasting. Merito, soprattutto, dell’intervento di Gabriele Gorelli, il primo Master of Wine italiano (nomina avvenuta proprio in mattinata), che ha parlato delle prospettive per il vino “base” della zona, il Valpolicella per l’appunto.

Secondo Gorelli, l’esempio da seguire è in Francia. Il Valpolicella avrebbe la grande opportunità di divenire “vino di terroir” guardando all’esempio del Beaujolais, ovvero attraverso un lavoro sui cru. Un percorso, c’è da dirlo, già avviato brillantemente da un’altra (vicina) denominazione del Veneto, quella del Bardolino e delle sue sottozone.

Si può essere “uncomplicated” (semplici, ndr) ma al contempo molto interessanti – ha suggerito il primo Master of Wine d’Italia – cambiando il paradigma e usando il concetto di “village” come opportunità. La Valpolicella, di fatto, viene considerata zona di produzione di vini da ricetta, di metodo, più che di terroir: attraverso il vino che sta alla base della piramide qualitativa, si potrebbe dare valore alla Denominazione».

Non a caso, come annunciato in occasione del secondo tasting in programma quest’oggi, il Consorzio ha varato la modifica del disciplinare che consente ai produttori di utilizzare lo screwcap, ovvero il tappo a vite, non solo sui Valpolicella – come consentito dal 2019 – ma anche sui vini con menzioni quali “Classico”, “Superiore” e “Valpantena”.

«L’obiettivo – ha spiegato Alberto Brunelli, enologo e advisor del Consorzio – è quello di aumentare le potenzialità dei vini in alcuni mercati». Il riferimento, per rimanere in Europa, è chiaro: Paesi come la Norvegia, dove un quinto dei rossi consumati annualmente proviene dal Veneto (parola di Tone Veseth Furuholmen, senior product manager del Vinmonopolet As, il monopolio norvegese) accoglie già senza ritrosie questa tipologia di chiusura.

Durante i tasting sono state ribadite poi le modifiche che riguardano il disciplinare del Ripasso (denominazione cresciuta del 128% nel decennio 2008-2018) introdotte sempre nel 2019 ma ancora poco note, anche tra i 100 professionisti collegati alla Valpolicella Annual Conference da 25 Paesi del mondo.

Tra queste, nell’ottica di una sua migliore qualificazione nell’ambito della piramide qualitativa che vede in testa l’Amarone, l’eliminazione del cosiddetto “contoterzismo” delle uve/vinacce atte alla produzione (devono provenire tutte da pertinenze aziendali); la presenza di una percentuale obbligatoria di un minimo del 10% e di un massimo del 15%, di vino atto a diventare Amarone e/o Recioto lasciato sulle vinacce dopo la loro svinatura.

O, ancora, l’obbligo di effettuare la pratica del “ripasso” in un’unica soluzione, con macerazione di almeno 3 giorni. «Regola che assicura l’estrazione delle componenti più nobili – ha ricordato Alessandro Bellotto, winemaker e advisor di Giotto Consulting – ma che non vieta di procedere oltre, in base alle scelte stilistiche dei produttori».

E l’Amarone? Se ne è discusso in occasione del tasting di apertura, alle ore 14. Alta la qualità dei vini presentati in forma anonima in batteria, ognuno con le proprie specificità, utili a dimostrare le diverse sfaccettature di un vino che è sì “di metodo”, ma che è in grado di preservare le caratteristiche intrinseche del terroir della Valpolicella.

Territorio e scelte dei produttori, come confermato dall’enologo Enrico Nicolis e dal professore di Enologia dell’Università degli Studi di Verona, Maurizio Ugliano, consentono infatti di presentare sul mercato vini rossi capaci di incontrare il gusto dei consumatori moderni.

La vera sfida dell’Amarone della Valpolicella è di fatto questa: restare al passo dei consumatori che prediligono sempre più vini rossi connotati dalla freschezza e da una beva non troppo impegnativa.

Tratti che possono essere assicurati anche dal “re dei vini del Veneto” (lo dimostrano le scelte stilistiche delle ultime Anteprime alla Gran Guardia di Verona), attraverso un attento lavoro in vigna volto alla ricerca della perfetta maturazione e a uno stile che predilige la freschezza all’abbondanza e opulenza glicerica.

Le altitudini non mancano nelle valli della Valpolicella e la presenza di uve autoctone naturalmente ricche di “rinfrescanti” componenti speziate, gioca dalla parte dei produttori. La sfida al mondo è aperta, senza perdere di vista la tipicità.

Al via la Valpolicella Annual Conference: il vino italiano ha retto alla pandemia

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