La democratizzazione dello Champagne in Italia

Dopo aver proposto in occasione dello Champagne Day 2024 l’abbinamento con i formaggi italiani, il Bureau du Champagne Italia fa un ulteriore passo coerente, in vista dell’edizione 2025, in calendario il 24 ottobre. Lunedì 20 ottobre, a Milano, proporrà a un «ristretto numero di giornalisti» (noi ci saremo) l’abbinamento delle pregiate bollicine francesi con i salumi. «Giocheremo a trovare gli accordi ideali tra alcuni salumi italiani e altrettanti Champagne, sotto la guida dell’Ambasciatore dello Champagne Marco Chiesa», è l’intrigante premessa del Bureau. Come leggere queste scelte se non come una sorta di democratizzazione dello Champagne, in un mercato, quello italiano, che rimane fondamentale per le esportazioni?

La comunicazione del brand Champagne in Italia sembra sempre più virare, se non sul consumo quotidiano – sarebbe troppo! – perlomeno su una visione meno elitaria e più “popolare”. Nulla di sbagliato, anzi: ben venga. Ma vien da sorridere se si pensa che uno dei vini italiani notoriamente e storicamente più popolari stia percorrendo la via inversa. Il riferimento è al Lambrusco: per l’edizione 2025 del World Lambrusco Day, lo scorso luglio, il Consorzio di Tutela ha puntato in alto. Anzi, in altissimo. Al Monte Bianco, per l’esattezza. Con degustazioni per i turisti e una masterclass condotta dal master of wine Gabriele Gorelli, tra il castello di Sarre e il Pavillon Skyway Monte bianco.

L’ITALIA DEL VINO DELLE CONTRADDIZIONI

La sensazione, in quest’Italia del vino in cui programmare sembra ormai un lusso per pochissimi, è un po’ che si vada a tentoni. Il fighetto si leva giacca e cravatta e va a farsi un panino. E il contadino vuol fare l’americano, indossando la tuta da sci. Battute a parte, la questione Champagne in Italia si fa sempre più seria. Si tratta infatti dello stesso mercato da cui proviene il Prosecco, artefice dell’ennesima impresa storica, oltreconfine.

Notizia di questi giorni: Prosecco batte Champagne negli Stati Uniti, sia in volume sia in valore, seppur di poco. Il dato emerge dall’ultima indagine di Vinitaly Usa, che precisa come lo sparkling Made in Veneto e Friuli Venezia Giulia valga ormai mezzo miliardo di dollari. E registri un incremento del 178% negli ultimi sette anni.

PROSECCO VS CHAMPAGNE: IL SORPASSO OLTREOCEANO

Prosecco supera Champagne, negli Usa: vale mezzo miliardo“. Winemag titolava così, ieri, nel documentare come il Prosecco abbia assunto un ruolo dominante nel mercato statunitense. Oggi rappresenta il 31 % delle vendite di vino italiano negli Usa, con un valore che supera i 531 milioni di dollari. Nei primi sette mesi del 2025, il Prosecco ha già sorpassato lo Champagne. Detenendo una quota del 30 % degli sparkling contro il 28 % del concorrente francese.

Questo sorpasso ha implicazioni emblematiche. Un prodotto italiano, costruito e promosso attraverso strategie di branding, logistica e presenza sul mercato, riesce a competere e a prevalere su un marchio storico come lo Champagne. È un segnale forte del mutamento delle dinamiche globali del vino. Non solo delle bollicine.

L’EXPORT DELLO CHAMPAGNE: DATI E TENDENZE

Un sorpasso coerente con le ultime statistiche. Nel 2023, secondo dati The World Integrated Trade Solution (WITS), la Francia ha esportato bollicine – sotto la voce “Champagne e sparkling wine” – per 209,973 milioni di litri. Per un valore di circa 4,9 mld USD. Sempre nel 2023, secondo il Comité Champagne, l’interprofessione della denominazione francese, sono state esportate circa 172 milioni di bottiglie di Champagne.

Numeri che hanno certificato un calo dell’8,2 % rispetto al 2022. Restando, tuttavia, ben al di sopra del livello del 2019 (156 milioni). Le esportazioni rappresentano oggi oltre il 57 % del totale delle vendite dell’appellation, contro il 45 % di dieci anni fa. «Champagne has returned to a steady pace», sentenziavano allora da Épernay. Ovvero: «Lo champagne è tornato a un ritmo costante».



LE INCOGNITE DELLO CHAMPAGNE

Nel 2024, il valore delle esportazioni di Champagne è stato stimato in 3,75 miliardi di euro. Cifra in calo rispetto agli anni precedenti, in un contesto di difficoltà globale. Il dato è dell’Union des Maisons des Champagne. Secondo Wine-Intelligence, l’industria segnala una contrazione delle esportazioni globali del 9,2 %, con 271,4 milioni di bottiglie spedite nel 2024.

Questi dati mostrano, da un lato, come lo Champagne resti un riferimento nel panorama delle bollicine di prestigio. Ma non immune da pressioni economiche. Inflazione, calo del potere d’acquisto, variabili geopolitiche e fenomeni speculativi condizionano domanda e prezzo.

L’ITALIA, IMPORTATORE E MERCATO DI RIFERIMENTO PER LO CHAMPAGNE

L’Italia si conferma comunque tra i maggiori importatori di Champagne al mondo. Nel 2023 ha importato “Champagne e sparkling wine” per un valore di poco superiore ai 389 milioni USD. Un posizionamento che rafforza il ruolo dell’Italia come “porta” privilegiata per il consumo e la distribuzione delle bollicine francesi.

La proposta del Bureau du Champagne di articolare percorsi di abbinamento con formaggi e salumi, in occasione degli ultimi Champagne Day, sembra di fatto ricalcare una strategia di penetrazione più ampia. Che mira a legare lo Champagne a momenti gastronomici tipici del consumo italiano.

Il carattere elitario dello Champagne è quindi destinato a sfumare? Impossibile. Ma proporre salumi (e, prima ancora, formaggi) in abbinamento, significa avvicinare il prodotto al quotidiano gastronomico italiano. Ampliando il bacino di potenziali consumatori e dando un taglio agli schemi rigidi del lusso.

DEMOCRATIZZAZIONE O STRATEGIA DI RILANCIO?

La scelta di proporre lo Champagne in abbinamento ai salumi non è semplice folklore gastronomico. È un gesto strategico. Abbassare le barriere d’accesso culturale, far percepire il prodotto non solo come lusso da celebrazione, ma come parte del dialogo quotidiano con il gusto italiano. In un contesto in cui il Prosecco guadagna terreno anche in contesti sempre più turbolenti come gli Stati Uniti, il Bureau du Champagne Italia adotta una mossa difensiva e offensiva al tempo stesso.

Se questa è democratizzazione, è una democratizzazione controllata. Lo Champagne non si uniforma al Prosecco o al metodo italiano, ma sceglie di incidere in modo più capillare nella cultura del bere italiano. Trasformandosi da oggetto esclusivo a protagonista anche dei momenti conviviali meno formali.

L’equilibrio è fragile. Dovrà preservare l’identità, la qualità. La percezione del valore. E, allo stesso tempo, crescere nella massa critica. Solo così lo Champagne potrà restare una bollicina globale e, al contempo, radicarsi nel quotidiano enogastronomico di un Paese che continua ad essere essenziale per le sue esportazioni. Mossa giusta? Lo dirà solo il tempo.

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