IN BREVE
- Il Concours des Grands Vins du Monde di Macon ha visto una partecipazione deludente con solo 245 vini iscritti per ben 84 giudici.
- La metodologia di valutazione dei vini è apparsa superficiale e poco tecnica, senza una scala di punteggio chiara.
- Durante la degustazione, i giudici erano liberi di discutere tra loro, influenzandosi a vicenda e con confusione tra i campioni in degustazione.
- Il concorso si proclama internazionale, ma la lingua ufficiale utilizzata è solo il francese, limitando l’efficacia della comunicazione tra organizzatori e giudici.
- L’approccio autoreferenziale degli organizzatori suscita domande sull’utilità dell’evento, in un momento di grande difficoltà per il settore.
In un mondo del vino che registra consumi in picchiata, in un contesto internazionale che ridisegnerà il paesaggio vitivinicolo e la mappa della cantine nelle principali regioni vinicole globali, alcuni concorsi enologici continuano a mostrarsi spocchiosi. Lontani dai problemi reali del settore. E, soprattutto, animati da un irrefrenabile, quanto incomprensibile, spirito di autoreferenzialità. Ne è una prova la prima edizione del Concours des Grands Vins du Monde, andato in scena a Macon, in Borgogna, il 14 novembre 2025.
Si tratta dello spin-off “internazionale”, pressoché solo nelle premesse, del più noto Concours des Grands Vins de France, manifestazione che da settant’anni si svolge in Francia. Ho avuto modo di partecipare come giudice italiano al Concours des Grands Vins du Monde di Macon. Quello che ho visto merita di essere raccontato con estrema onestà e consueto spirito di servizio nei confronti di tutte quelle cantine – italiane e non solo – che hanno inviato i campioni al concorso. O pensano di farlo nelle prossime edizioni.
Poche, in verità, le sottoscrizioni del 2025. Solo 245 i vini complessivamente iscritti, a fronte di (ben) 84 giudici invitati da 18 Paesi, alcuni dei quali hanno dichiarato di non percepire alcun rimborso spese o “gettone di presenza”. Avete letto bene. Solo duecentoquarantacinque vini per ottantaquattro degustatori. Suddivisi in tavoli da 6 o 7 membri.
la prima edizione del “concorso grandi vini del mondo” di macon: Gli ambasciATORI
Numeri che già danno l’idea di quanto il Concours des Grands Vins de France possa essere definito, se non altro, un concorso enologico sui generis. I 70 anni di esperienza nell’organizzazione del concorso principale, quello francese, non sono bastati ad assicurare una partecipazione copiosa alla prima edizione del concorso “internazionale”.
La raccolta campioni è stata affidata anche alla buona volontà di alcuni “ambasciatori”, individuati in diversi Paesi. Tra questi figura anche una “comunicatrice digitale” italiana, che non ama essere definita influencer – piuttosto “wine educator” – pur operando principalmente sui social, con una community che essa stessa definisce «molto larga e fedele». Una volta arrivato al tavolo della degustazione, mi sono reso conto che i vini da degustare nell’intera mattinata erano solo 18.
Solo diciotto vini per me e per gli altri 6 giurati, seduti al tavolo numero 5, in un arco temporale larghissimo: dalle 9.30 alle 13. Ma la cosa più sconvolgente è stata la “scheda di valutazione” dei vini fornita dagli organizzatori del Concours des Grands Vins du Monde di Macon ad ogni giurato. Tutto tranne che il classico schema dei concorsi internazionali, che consente – tra l’altro – di fornire ai produttori un feedback completo dei pregi e degli eventuali difetti organolettici dei vini inviati in degustazione, nonché il punteggio in centesimi che determina l’assegnazione – o meno – di una medaglia.
COME VENGONO GIUDICATI I VINI AL Concours des Grands Vins du Monde di Macon?
Ogni vino doveva essere degustato secondo un banalissimo schema che comprendeva “Vista”, “Naso”, “Palato”, “Armonia”. Parametri da valutare, altrettanto poco tecnicamente, come “Eccellente”, “Molto buono”, “Buono”, “Accettabile” o “Mediocre”. Nessuna possibilità di assegnare un punteggio in centesimi, o su altro tipo di scala. Al presidente di giuria veniva fornita però l’indicazione del Paese di provenienza del campione, dell’annata e della denominazione. Dettagli che venivano comunicati al resto dei degustatori, prima dell’assaggio. Al mio tavolo, una certa confusione ha portato il presidente a presentare – con grande convinzione – come Gavi Docg i primi tre campioni. Per poi scoprire che si trattava di vini francesi.
LE MEDAGLIE DEL CONCOURS DES GRANDS VINS DU MONDE DI MANCON
Senza una scala di valori vera e propria, come vengono assegnate le medaglie al Concours des Grands Vins du Monde di Macon? La domanda resta piuttosto nebulosa, dal momento che nel discorso iniziale degli organizzatori – membri del Comité des Salons et Concours de Mâcon – nessun riferimento è stato fatto alla metodologia di assegnazione delle medaglie.
«Le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo vengono – rispondeva il presidente di giuria alla mia specifica domanda – vengono assegnate passando sotto a uno scanner le singole schede dei giudici, semplicemente sulla base del profilo del vino definito da “Vista”, “Naso”, “Palato” e “Armonia”, giudicati “Eccellente”, “Molto buono”, “Buono”, “Accettabile”, “Mediocre”». Un livello di precisione di giudizio piuttosto amatoriale. Decisamente lontano dagli standard internazionali, che prevendono schede di valutazione molto più tecniche e precise.
NIENTE SECONDA BOTTIGLIA: MA SUI SOCIAL IL CONCORSO è UN “SUCCESSONE”
C’è di più. I giudici, al “Concorso dei Grandi Vini del mondo” di Macon, sono liberi di chiacchierare tra loro durante l’analisi dei vini, ancor prima di giudicarli personalmente. Si finisce così per influenzarsi a vicenda, spesso in maniera molto evidente e pacchiana. Il presidente stesso del mio tavolo, un italiano, ha sovente presentato malamente alcune regioni vinicole italiane – nello specifico il Veneto del Prosecco e l’Oltrepò pavese – ridendo e scherzando con gli altri giudici sui «vini di massa e di bassa qualità» prodotti in queste regioni, presenti proprio in quel momento nei calici. Qualcosa di incredibile, inaccettabile ed irrispettoso nei confronti dei produttori che hanno riposto fiducia nella credibilità del Concorso di Macon.
Di certo c’è poi che ogni tavolo, al termine della degustazione, aveva il compito di stabilire i 5 migliori vini degustati nel panel, allo scopo di portarli al pranzo previsto dalle ore 13 per i degustatori. Il tutto mentre sui social, sin dalle prime ore del mattino, iniziavano a comparire entusiastici commenti sul concorso, a corredo di foto e selfie delle decine di giudici arrivati a Macon. Una versione che mi è parsa patetica nella sua parzialità. Lontanissima da quanto andato in scena in uno dei luoghi simbolo della Borgogna. Sconvolgente per qualsiasi (vero) professionista con un minimo di esperienza nel settore.
PERDONATECI SE RACCONTIAMO SOLO LA VERITà, SU WINEMAG…
Il modello di giornalismo e la linea editoriale ferrea di Winemag, che porto avanti ormai da anni tra mille tentativi di discredito che giungono quotidianamente alle mie orecchie, mi impongono di raccontare ai produttori, ai lettori e a tutti i portatori di interesse del mondo del vino cosa succede davvero al Concours des Grands Vins du Monde di Macon.
Una competizione durante la quale, a fronte della richiesta di una seconda bottiglia, per un dubbio su una possibile deviazione organolettica del primo campione servito, alcuni giudici italiani si sono sentiti rispondere: «No, non serviamo il secondo campione a meno che non ci siano evidenti difetti, come il sentore di tappo».
A chi servono, dunque, le seconde bottiglie chieste ai produttori?! Chi beneficia, davvero, di questo concorso internazionale? Perché i produttori dovrebbero inviare più d’un campione, se i giudici non solo liberi di assaggiare una seconda bottiglia, in caso di dubbi?
UNA CADUTA DI STILE DELLA FRANCIA E DELLA BORGOGNA
Quello di Macon è un concorso, aggiungo in chiusura, che si proclama “internazionale”, ma in cui pochi dei giudici presenti – nonché degli organizzatori e, pensate un po’, degli ambasciatori nominati dal Comité des Salons et Concours de Mâcon – parla un inglese definibile anche solo “decente”. La lingua ufficiale, ai tavoli della degustazione e alla masteclass organizzata nel pomeriggio, è il francese. E solo il francese.
Partecipo come giurato a decine di concorsi nazionali e internazionali serissimi, in cui la professionalità è assoluta, uno su tutti Mundus Vini. Forte di questa esperienza, vi assicuro che quanto successo a Macon è stato un vero e proprio shock. Una caduta di stile impietosa di un grande Paese produttore di vino, come la Francia, che per 24 ore mi è sembrata provincia e non cuore battente del mondo del vino internazionale. Uno scivolone inaccettabile, che ha avuto per teatro una regione vinicola prestigiosa come la Borgogna. Regina delle migliori carte vini del mondo.
Dettagli che non importeranno ai tanti che utilizzano questo tipo di eventi come vetrina personale, utile ad affermare la propria esistenza e il proprio (presunto) “valore” nel settore, con selfie e sorrisi che sanno di beffa nei confronti di centinaia di produttori di vino, spesso ignari di come vadano per davvero le cose in questi contesti. A loro – ai vignaioli e ai produttori – va il mio Santé. E un invito elevato alla terza: selezionate, selezionate, selezionate.
Concours des Grands Vins du Monde di Macon: quello che nessuno vi dirà. https://concoursvinsmonde.com/.






