Champagne Jacquesson entra interamente nell’Olimpo di Artémis Domaines, holding creata prima dell’acquisizione di Château Latour, nel 1992. I titolari Jean-Hervé e Laurent Chiquet (nella foto) lasceranno la nota maison di Rue du Colonel Fabien 68, a Dizy, consentendo al colosso della famiglia Pinault la gestione totale dell’azienda. Artémis Domaines aveva messo i piedi in Champagne Jacquesson 8 mesi fa e così completa l’opera di acquisizione, passando da un 33,5% all’intero patrimonio.
Secondo fonti locali, ad assumere la direzione della casa di Dizy sarà Jean Garandeau, attuale direttore vendite e marketing di Artémis Domaines. I fratelli Chiquet, proprietari di alcuni vigneti nel comune della Grande Vallée de la Marne, dovrebbero continuare a collaborare con la casa madre, conferendo le preziose uve sino ad ora patrimonio di Champagne Jacquesson. Artémis Domaines continua così a investire in vigneti e tenute vinicole di alta qualità.
IL PORTAFOGLIO DI ARTÉMIS DOMAINES
Nel portafoglio della famiglia Pinault figurano tre delle cinque principali denominazioni francesi, grazie a sei proprietà. Oltre a Château Latour (Bordeaux), Domaine d’Eugénie in Côte-de-Nuits (Borgogna), Clos de Tart in Côte d’Or (Borgogna) e Jacquesson (Champagne), la holding possiede Château-Grillet in Côtes du Rhône e Eisele Vineyard in California (15 ettari Napa Valley). Quasi tutti i vigneti sono certificati biologici e vengono allevati secondo i principi della biodinamica e dell’agroforestazione.
Un approccio che Artémis Domaines e la famiglia Pinault assicureranno anche a Champagne Jacquesson, nella Valle della Marna. La Maison è diventata negli anni un simbolo per gli amanti dello Champagne. La produzione è deliberatamente limitata a 250 mila bottiglie, «per preservare la viticoltura e i processi di vinificazione senza compromessi».
François Pinault ha lanciato Artémis nel 1992, investendo attraverso una partecipazione personale in PPR, il gruppo da lui fondato nel 1963 e rinominato Kering nel 2013. L’obiettivo iniziale era quello di utilizzare una struttura leggera attraverso la quale investire senza alcuna restrizione in termini di settore industriale o di ubicazione fisica. Artémis ha trascorso gli ultimi tre decenni acquisendo e sviluppando una vasta gamma di attività in diversi settori di business, nel segno della diversificazione tra magazine (Le Point), case editrici (Tallandier), case d’asta (Christie’s) e immobili di pregio (Palazzo Grassi a Venezia).
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Nasce “Legàmi di Vite“, importante contratto di sviluppo “green” nel comparto vitivinicolo dell’Emilia Romagna che prevede interventi per oltre 115 milioni di euro di cui 81 milioni sul versante ambientale. Il progetto, con il coordinamento di Enoteca Regionale e il supporto tecnico della società Artemis e dello Studio Salami, è stato presentato al Ministero dello Sviluppo Economico per il tramite di Invitalia.
Obiettivo del contratto è lo sviluppo di una filiera sostenibile e circolare, anche con la messa a punto di un protocollo ambientale. Un nuovo modello virtuoso di integrazione e aggregazione per valorizzare al meglio l’immagine del vino regionale, ottenuto con il supporto dalla Regione Emilia Romagna con gli Assessorati allo Sviluppo economico e green economy e all’Agricoltura e agroalimentare ed Art-Er.
Gli interventi realizzati saranno molteplici, tra i quali la trasformazione di prodotti agricoli del settore vitivinicolo e loro sottoprodotti (circa 67.000 tonnellate/anno derivanti dai processi di vinificazione) in acido tartarico naturale e biocarburanti avanzati, efficientamento energetico nei processi produttivi, riduzioni dei gas effetto serra.
Previste inoltre azioni per la riduzione dell’impatto ambientale dei processi, la realizzazione e potenziamento di sistemi di depurazione delle acque reflue in uscita dagli stabilimenti (attualmente 560 mila m³/anno di reflui da attività agroalimentare ceduti in depurazione), il miglioramento dei sistemi di confezionamento e di stoccaggio, oltre ovviamente, a un ampliamento della capacità produttiva.
“Il progetto, che la Regione sostiene e promuove – affermano gli assessori regionali Vincenzo Colla (Sviluppo economico) e Alessio Mammi (Agricoltura) – ha caratteristiche davvero innovative per il contesto nazionale: cooperative e aziende, che di norma competono, hanno avuto l’intelligenza e la lungimiranza imprenditoriale di mettersi insieme e strutturarsi per essere ancora più forti, mantenendo un fortissimo legame con il territorio, gli agricoltori e i produttori, salvaguardando la qualità dei loro prodotti e creando al contempo le condizioni per stare su un mercato sempre più globalizzato”.
“Un progetto – concludono Colla e Mammi – davvero capace di raccontare e attuare il modo di fare impresa e creare lavoro del nostro territorio, coerente con una direttrice strategica del Patto per il Lavoro e per il Clima, poiché investe sull’economia circolare in un’idea di riciclo, recupero e riuso della materia prima utilizzata, che è il grappolo d’uva”.
“Una quota importante dell’investimento – sottolinea il presidente di Enoteca Regionale, Giordano Zinzani – servirà anche per proiettare le aziende regionali verso un’industria 4.0, digitalizzata e con un alto grado di innovazione tecnologica. Il tutto si tradurrà anche in un aumento occupazionale stimato in circa 70 nuove assunzioni”.
Al progetto hanno aderito le più importanti realtà regionali cooperative, rappresentative di 12 mila imprese agricole socie, per un totale di 470 mila tonnellate di uva lavorata (il 61 % della produzione dell’Emilia Romagna, dato 2019) e di 3.400.000 ettolitri di vino imbottigliato all’anno.
Numeri importanti anche sotto il punto di vista occupazionale, con ben 1.232.000 giornate/lavoro agricolo e con circa 2.800 unità impiegate nelle cantine. Le aziende aderenti al progetto sono: Caviro Extra, Caviro, Agrintesa, Cantina Forlì Predappio, Cantina di Carpi e Sorbara, Terre Cevico, Le Romagnole, Medici Ermete, Cantine Riunite & Civ, Enomondo.
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Minerali, più che salini, i vini bianchi. Gastronomici e freschi i vini rosati, che spaziano dal tipico rosé provenzale al rosa più marcato. Caldi e importanti i vini rossi, con qualche rara – moderna e apprezzabile – eccezione. Il nuovo Eldorado dei vini del Portogallo è l’Algarve, intenzionata a conquistare un posto d’onore accanto a Porto, Douro, Madeira e Alentejo, sfidando i “tempi moderni” con un nuovo nome e una nuova tipologia certificata, molto in voga tra i consumatori internazionali: lo spumante.
Il primo scoglio da circumnavigare non è da poco. Con la dicitura “Vinho Regional Algarve” si intende infatti attualmente l’Indicazione geografica protetta (Igp) dei vini prodotti nell’intero areale, che non potrà dunque essere utilizzato per la nuova Denominazione di origine protetta (Dop) a cui sta pensando la Comissão Vitivinícola do Algarve (Cva) presieduta dall’aprile 2019 da Sara Silva (nella foto, sotto).
Il disciplinare in vigore per l’Igp, peraltro, è a maglie piuttosto larghe: i vitigni internazionali (Syrah, Cabernet Sauvignon, Petit Verdot, Chardonnay, Viognier e Sauvignon Blanc) possono essere utilizzati assieme alle varietà autoctone come Negra Mole, Castelão (Periquita), Trincadeira, Crato Branco (Síria), Arinto e Moscatel.
La nuova era dei vini dell’Algarve passerà dunque dal concetto di “semplificazione”. Al momento sono infatti addirittura 4 le Denominacões de origem, equivalenti alle Doc/Dop italiane, presenti all’interno della regione (da ovest a est Lagos, 45 ettari; Portimão, 15 ettari, Lagoa, 183 ettari e Tavira, 14 ettari), baciate da 3 mila ore di sole all’anno, circa 400 in più di Sicilia e Sardegna.
Le differenziazioni di terroir e microclima non sono sostanziali da est (Barlavento) a ovest (Sotavento). La vera differenza consiste nella maggiore o minore vicinanza al mare. Da sud a nord, si passa infatti dai 155 chilometri di costa, il Litoral, alla zona intermedia del Barrocal, sino alla Serra, ovvero il confine settentrionale con l’Alentejo.
La maggior parte della superficie vitata, circa 1.400 ettari complessivi, di cui 257 registrati a Dop e 329 a Igp (ben 150 gli ettari impiantati nel 2019) si trova nella fascia nord e centrale, con terreni poveri in cui si registra la presenza di scisto e calcare, a differenza della zona sabbiosa del litoranea.
E non è un caso se l’80% dell’1,2 milioni di bottiglie prodotte nella regione siano a indicazione geografica. La maggior parte dei produttori locali – circa 45 cantine, di cui 30 molto attive sul mercato, specie dopo il boom del turismo registrato negli ultimi 10 anni – privilegia l’utilizzo dell’Igp sulle proprie etichette, rispetto alle quattro Dop.
Il nome “Algarve”, del resto, soffia vento in poppa alle vendite, in quanto brand già noto a livello internazionale, legato appunto alla nuova meta del turismo portoghese. Sarà difficile slegarsene del tutto, in futuro.
Quello del nome – sottolinea a WineMag.it la presidente del Consorzio Vini Algarve, Sara Silva – è un procedimento che intentiamo portare a termine nei prossimi due anni, anche per dare una spinta all’export, che al momento si assesta attorno al 10%. L’altra sfida è quello dello spumante.
Al momento si può trovare senza certificazione, come vino generico. L’idea è quella di dare ulteriore importanza alle nostre uve autoctone, come per esempio la versatile Negra Mole, attraverso un disciplinare legato al Metodo classico con affinamento minimo sui lieviti di 9 mesi“.
Si tratta della stessa crianza minima prevista nel disciplinare del Cava, lo Champenoise prodotto in Spagna, nazione che confina a est col Portogallo e con la stessa Algarve. Quel che è certo è che la battaglia tra i cugini iberici non si giocherà sui numeri, o sui prezzi stracciati.
“In generale – sottolinea Sara Silva – il posizionamento del marchio dovrà riflettere tutti gli sforzi compiuti dai produttori nel loro impegno per la qualità, specie attraverso la valorizzazione e riscoperta della varietà autoctone”.
VINI DELL’ALGARVE: DEGUSTAZIONE E RATING
Vinho regional Algarve 2019 Sauvignon Blanc “Dom Vicente”, Artemis – Monte da Ria (13%): 87/100
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Naso suadente, fiore fresco, agrumi, il tocco verde dosato, tipico del vitigno. Ingresso teso, minerale, centro bocca fresco e chiusura altrettanto fresca, con assaggio di spezia. In particolare, il finale è asciutto, lungo.
Vinho regional Algarve 2019 Sauvignon Blanc, Villa Alvor – Aveleda (12%): 86/100
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Molto più salino e ‘verde’ del precedente, anche al palato. Struttura esile per il perfetto vino ‘da spiaggia’, da aperitivo, senza impegno, tipicità in salsa ‘light’. Altra piacevole chiusura asciutta.
Vinho regional Algarve 2018, Quinta Do Francês (12,5%): 88/100
Prodotto in quella che viene definita qui la ‘Douro Valley’ dell’Algarve, per le caratteristiche pedoclimatiche. Giallo che tende al dorato. Vino che ha una matrice diversa, internazionale, con un tocco di legno. Camomilla in filtro e fiori secchi al naso, tocco di arancia ed agrume che accompagna anche un sorso molto gastronomico, equilibrato, fresco, con finale sulla frutta matura.
Vinho regional Algarve 2017 Verdelho “Onda nova”, Vida Nova – Adega do Cantor (14%): 89/100
Giallo paglierino luminoso. Naso di agrumi perfettamente maturi, bel tocco di pesca, esotico, fiore fresco. Ingresso e sorso con buon equilibrio tra morbidezze e freschezza, chiusura su tocco mielato. Incredibile come i 14% siano perfettamente integrati nel sorso, grazie a una gran bella freschezza e a una vena minerale ‘pietrosa’.
Vinho regional Algarve Encruzado 2019 Dom Vicente, Artemis – Monte da Ria (13%): 87/100
Encruzado in purezza, tra le varietà predilette della cantina. Giallo paglierino. La varietà, dalle tinte aromatiche delicate, si esprime sulla spinta della frutta matura (tropicale), accanto al fiore secco. Un bel gioco. Sorso semplice, di sufficiente freschezza, chiude asciutto, su ritorni di frutta esotica matura (mango, melone bianco) e un accenno di nocciola.
Vinho regional Algarve Branco “Estate Blend” 2019 Dom Vicente, Artemis – Monte da Ria (12,5): 86/100
Giallo paglierino. Tanto agrume al naso, prettamente connotato dalla frutta esotica matura. Eppure, al palato, il vino si rivela più teso del previsto, semplice da bere. Sorso fruttato e minerale, giusta freschezza. Ancora una volta il melone bianco, la pesca, l’esotico a guidare il sorso, sino alla chiusura, sufficientemente persistente.
Vinho regional Algarve Branco Reserva 2019, Herdade Barranco do Vale (13%): 90/100
Giallo paglierino luminoso, riflessi dorati. Agrume, ma anche tocco, evidentissimo, di radice di liquirizia, che si ritrova anche in chiusura, assieme a un accenno di miele e a una mineralità spinta, che asciuga il sorso. Apprezzabilissima la lunghezza, su ritorni di agrumi. Vino molto interessante, da valutare anche nel tempo, viste le premesse di una buona evoluzione. Una prova positiva per una cantina all’esordio.
Vinho regional Algarve 2018 “Domus Branco”, Villa Alvor – Aveleda (12,5%): 88/100
Verdello e Sauvignon Blanc le varietà che compongono l’uvaggio. Giallo paglierino, riflessi verdolini alla vista. Naso dai profumi delicati ma ampi, che spaziano dal verde tipico del Sauvignon a sentori di fiori macerati, con un tocco di radice di liquirizia. In evidenza anche gli agrumi, nel consueto quadro esotico. Si ritrova tutto al palato, in un sorso che chiude su una vena minerale per la prima volta spiccatamente iodica, che fa salivare e invita al sorso successivo. Vino con durezze perfettamente integrate, molto ben fatto.
Vinho regional Algarve Rosé 2019 Al-Ria, Casa Santos Lima (13%): 87/100
Rosato carico. Naso intenso, frutto e fiore, lampone, fragola. In bocca si conferma super fruttato, fresco, di buona concretezza e tensione. Bel vino concreto, ‘da abbinamento’, elegante, minerale, asciutto, che riempie la bocca senza stancare mai.
Vinho regional Algarve Rosé 2018, Quinta Do Francês (12%): 88/100
Rosa provenzale. Naso delicato, sorso su radice di liquirizia e frutto, tocco mielato, dattero e fico in grande evidenza. Tutti sentori di frutti stramaturi. Molto gastronomico. Vino che merita l’assaggio e un posto a tavola.
Vinho regional Algarve Rosé 2019, Vida Nova – Adega do Cantor (12,5%): 89/100
Vino in commercio tra poche settimane, che si presenta di un rosa provenzale. Gran vena minerale, sia al naso sia al palato, su esuberanti note di agrumate. Il naso evidenzia una pregevole componente floreale. Vino lungo, sulle note fruttate già avvertite e sulla bella vena minerale. Tra i migliori rosati d’Algarve.
Vinho regional Algarve Rosé 2019 “Estate Blend” Dom Vicente, Artemis – Monte da Ria (12,5%): 86/100
Rosa provenzale. Bel naso, delicato ma intenso, su frutto e fiore di rosa, agrumi. Sorso facile, sul frutto, piuttosto rotondo e morbido. Vino piuttosto commerciale, perfetto per un consumo spensierato.
Vinho regional Algarve Rosé 2019, Villa Alvor – Aveleda (12%): 87/100
Moscatel Galego Roxo in purezza. Rosa provenzale, scarico, tocco aranciato. Naso aromatico. Bocca precisa, quasi austera, timida, giocata sulla verticalità e su un frutto al braccio di ferro con la mineralità. Vino non di gran ampiezza o complessità, ma perfetto per l’estate. Può essere esaltato dal corretto abbinamento a tavola, specie per la nota minerale, pietrosa.
Vinho regional Algarve Rosé Reserva 2019, Herdade Barranco do Vale (12,5%): 90/100
Rosa provenzale scarico, tocco aranciato. Mono varietà, 100% Negra Mole, la regina autoctona della regione. Il naso è pieno, ricco di frutta perfettamente matura: si avvertono perfettamente gli agrumi, il lampone, un tocco di fragola, ma anche l’agrume, tra la buccia e il succo. In bocca una gran presenza di frutto, esuberante, piena, ricordi addirittura di anguria matura, unita a fragolina, ribes e lampone. Il tutto su una vena minerale-salina. Altro vino di questa cantina che merita di essere aspettato, atteso, scoperto nei prossimi mesi.
Vinho regional Algarve Tinto 2019, Casa Santos Lima (14,5%): 86/100
Touriga Nacional, Syrah e Tinta Roriz. Rosso impenetrabile. Vino dalla beva larga ma agile, grazie a una gradazione alcolica alta ma non disturbante. Le note di frutta tendono alla confettura, ma sono ben sostenute dalla freschezza. I terziari del legno (nello specifico la vaniglia) sono ben amalgamati nel corredo.
Vinho regional Algarve Reserva Tinto 2017 (14,5) Al-Ria, Casa Santos Lima: 87/100
Touriga Nacional, Tinta Roriz e Syrah a comporre l’uvaggio di un altro rosso importante, dalle spalle larghe. Primo naso sul legno, ma anche sulla macchia mediterranea e sulla spezia. Bella freschezza al palato, con la mentuccia che accompagna bene il fico maturo, la mora, il dattero e la spezia che tiene vivo il sorso. Tannino levigato, che lavora ancora bene sulla parte glicerica. Vino pronto da bere, a 3 anni dalla vendemmia.
Vinho regional Algarve Tinto Reserva 2015, Vida Nova – Adega do Cantor (14,5%): 88/100
Syrah e Alicante Bousquez. La spezia del Syrah irrigidisce il sorso, sulla frutta piena dell’Alicante. Tocco selvatico leggero sulla mora, il ribes nero, ma soprattutto fico e dattero. Ritorni di spezia e tannino presente, ma perfettamente integrato. Vino di gran piacevolezza e gastronomicità.
Vinho regional Algarve Tinto Reserva 2018 “Rabo de Galo”, Casa Santos Lima (14,5%): 88/100
Etichetta che colpisce a scaffale, con la raffigurazione di un gallo. Uve Touriga Nacional, Alicante Bouschet ed Aragonez. Naso non super espressivo ma elegante, su frutto perfettamente maturo e su tocco di radice di liquirizia, carruba. Vino fruttato, il più delicato al sorso e meno opulento della batteria dei rossi, da servire fresco e godere anche nelle giornate di caldo, grazie a un alcol molto ben controllato. Tannino presente, ma non disturbante.
Dop Lagoa Negra Mole “Signature”, Única – Adega Cooperativa do Algarve (13%): 87/100
Negra Mole 100%. Vino della cooperativa locale, che negli ultimi anni ha svoltato sul fronte della qualità. Ricorda per il colore e per la componente floreale e fruttata il Grignolino ancor più del Pinot Nero, evidenziando tuttavia tannini più setosi. Nella fattispecie, “Signature” ha un naso sanguigno, ferroso, delicato, floreale di violetta. È un vino di buona presenza al palato, pur semplice e beverino, fresco per la buona componente acida (la nota di limone in prima fila). Rivela anche una buona componente minerale, figlia del terroir, assieme a un tocco goudron. Vino perfetto in abbinamento con portate di pesce.
Vinho regional Algarve Tinto 2017, Quinta Do Francês (14,5%): 91/100
Uvaggio di Aragonêz, Cabernet Sauvignon, Syrah e Trincadeira, uva autoctona del Portogallo. Come gli altri, colore molto profondo, naso ampio, tra fiore di violetta, tocco selvatico, frutto rosso e mora e un rinvigorente tratto verde, molto ben dosato. Vino ancora giovane e di prospettiva. Il miglior assaggio tra i vini rossi dell’Algarve, per eleganza, precisione del frutto, piacevolezza attuale e capacità di ulteriore affinamento.
Vinho regional Algarve Tinto Reserva 2018, Herdade Barranco do Vale (14,5%): 89/100
Aragonêz in purezza. Colore rubino impenetrabile. Tanto frutto di bosco a bacca rossa e nera, tra cui merita una menzione la carruba, accanto alla mora e al lampone. In bocca si mostra caldo, morbido, su note di prugna e dattero, ancor più che di fico. Il tannino ci lavora bene sopra, con eleganza ed efficacia. Vino con buone prospettive di ulteriore affinamento, già dotato di un ottimo grado di gastronomicità e piacevolezza del sorso.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La strada che da Thira collega a Oia è un gomitolo d’asfalto a strapiombo sul mare. Curve mozzafiato, che preparano all’ingresso nel villaggio a nord dell’isola di Santorini. Poco più di 3 mila anime a popolare una terra resa nota dai tramonti sul mare, tra i più sensazionali al mondo.
Ma da qualche tempo, a Oia, ci si emoziona pure senza bisogno di cercare il riflesso del Sole sulle acque piatte che circondano la “Caldera”, ossia ciò che rimane del vulcano attorno al quale si è sviluppata – come in un abbraccio – l’intera pittoresca isola greca.
“Seconda svolta a destra, questo è il cammino”, canterebbe Edoardo Bennato in una rivisitazione ‘terrestre’ de “L’Isola che non c’è”: appena entrati a Oia, il cartello stradale indica il Domaine Sigalas, prima tappa del wine tour a Santorini.
Una discesa piuttosto ripida, col mare sullo sfondo. Poi le prime vigne di proprietà della Winery. La sala per la degustazione dei vini è all’aperto, sotto un ampio porticato di due livelli che si apre direttamente sulle vigne di Paris Sigalas. Le puoi quasi sfiorare, dai tavolini sui quali vengono serviti undici vini in assaggio.
Si tratta di 6 bianchi, un rosato, due rossi (il terzo, un Mavrotragano, risulta esaurito) e due vini da dessert tra cui il noto Vinsanto, che ha contribuito a rendere noto nel mondo il nome di Santorini legato alla produzione vinicola.
Ma ormai, anche e soprattutto grazie a enologi e viticoltori come Sigalas, che dal 1991 opera sull’isola e dal 1998 ha iniziato a introdurre metodi sperimentali e innovativi nelle proprie vigne, sostenere che il Vinsanto sia l’emblema del vino a Santorini non è solo riduttivo, ma addirittura fuorviante.
DOMAINE SIGALAS
Di fatto, durante il wine tasting, spiccano gli assaggi di due bottiglie, “Nychteri” e “Mm”, ottenute da uve autoctone dell’isola. La prima è il risultato della raccolta tardiva di uve Assyrtiko, da vigne di età compresa tra i dieci e i sessant’anni. La seconda risulta invece dal blend tra Mavrotragano (60%) e Mandilaria (40%).
Nychteri, annata 2012, è una vera sorpresa. Fermentazione e affinamento avvengono in vecchie barrique di legno di quercia, sur lies per per 30 mesi. Di colore giallo intenso, con riflessi dorati, Nychteri di Domaine Sigalas risulta complesso al naso, richiamando al contempo agrumi, miele, erbe aromatiche e nocciole, oltre a una spiccata mineralità. In bocca è pieno, dotato di buon corpo; aromi di nuovo citrici e agrumati, ben bilanciati con le sensazioni aromatiche. Si avverte un residuo zuccherino, che contribuisce a regalare un finale lungo e sostenuto a questa splendida bottiglia.
Viene da chiedersi come sarà tra quattro, cinque anni, dal momento che Nychteri è invecchiabile in bottiglia fino a dieci anni. Perfetto l’abbinamento con l’anatra all’arancia, nonché con i formaggi molto saporiti e con lo stufato. Mm è invece il rosso che più colpisce durante il wine tasting alla Sigalas Winery.
L’annata è la 2013, per questo calibrato mixaggio di uve Mavrotragano e Mandilaria, raccolte anche in questo caso da vigne di 60 anni. Vinificazione tipica, con fermentazione e affinamento in acciaio. Solo una parte del mosto viene trattata in barrique di quercia francese.
Di colore rosso piuttosto profondo, con riflessi violacei, Mm regala un naso complesso, di spezie e frutti rossi maturi. Al palato è elegante, pulito, regalando gli stessi sentori avvertiti al naso, con tannini e acidità ben bilanciati.
Vale la pena di un assaggio anche il Vinsanto di Sigalas: annata 2005, ottenuto da varietà Assyrtiko (75%) e Aidani (25%), viene ottenuto tramite l’essicamento delle uve al sole per 10-14 giorni, per poi essere invecchiato in botti di quercia per un minimo di 24 mesi.
Il Domaine Sigalas invecchia il proprio Vinsanto per almeno 7 anni. Procedimento che invece non viene applicato a Apiliotis, altro vino da dessert che durante il wine tasting viene proposto nell’annata 2009, risultando così ancora più dolce del Vinsanto.
Il continuo investimento in modernizzazione e sviluppo da parte del Domaine Sigalas lo ha portato in pochi anni a una capacità produttiva di 300 mila bottiglie all’anno. Gli ettari di vigne sperimentali superano addirittura quelli totali dell’azienda (20 su 27), che produce le varietà indigene Assyrtiko, Aidani, Athiri e Mavrotragano.
E l’ultima novità riguarda proprio il Mavrotragano: è infatti in arrivo un rosso coltivato col metodo internazionale delle vigne “a filari”, che a Santorini non viene praticato. Già, perché su questa splendida isola della Grecia le viti hanno sembianze molto particolari.
LA VITE DI SANTORINI
Avete presente il canestro nello sport del basket? Immaginate di doverlo riprodurre, utilizzando i rami della vite. E’ questo il metodo col quale, sin dall’antichità, i viticoltori di Santorini proteggono le piante di uva dal vento che costantemente sferza l’isola, nonché dal sole cocente dell’estate.
La vite cresce così protetta, all’interno del canestro realizzato in piccole fosse scavate appositamente diverse decine di centimetri sotto al livello del terreno della vigna, di origine vulcanica.
La pianta viene mantenuta molto bassa, così da poter ricavare dal terreno reso secco dalla scarsità di precipitazioni il massimo del calore nella stagione più fredda. Nonostante le difficoltà nella coltivazione, le vigne di Santorini non sono mai state attaccate dalla Fillossera (Phylloxeridae).
Il particolare terroir regala di per sé vini bianchi minerali e rossi di grande asprezza, che per questo hanno bisogno di essere ‘corretti’ (meglio sarebbe dire ‘ingentiliti’) in barrique. Dalle vie che collegano un villaggio all’altro, lo spettacolo regalato dalle vigne di Santorini è unico: a un passo dal mare e a due dai tetti azzurri delle case bianche dell’isola.
SANTO WINES WINERY E VENETSANOS WINERY
E a proposito di “paesaggi mozzafiato”, il wine tour di vinialsupermercato.it non poteva non passare da due ‘case del vino’ di Santorini che si affacciano direttamente sul mar Egeo e sulla Caldera del vulcano: la Santo Wines Winery e la Venetsanos Winery.
Due realtà che hanno sulla collocazione geografica, una accanto all’altra, il loro unico tratto in comune. Se da un lato la Santo Wines è certamente l’azienda vinicola che sull’isola può vantare tra le migliori ‘macchine del marketing’ – vera e propria schiacciasassi legata soprattutto però, fate bene attenzione, alla location suggestiva più che ai vini prodotti – la Venetsanos Winery bada molto più alla concretezza.
I camerieri (sommelier?) in divisa della Santo Wines non possono competere con il savoir-faire, la gentilezza e la preparazione tecnica di Giorgio, il giovane enologo che guida il wine tasting, districandosi tra un gruppo e l’altro di turisti e appassionati di Bacco. Di fatto, i vini della Santo Wines non lasciano il segno. Viene proposto un vassoio con sei vini in degustazione: tre bianchi, un solo rosso e i due vini da dessert Santo e Santorini Vinsanto.
Sopra la media solo Kameni (Kamenh), un rosso del 2012 piuttosto robusto ottenuto da uve 100% Mandilaria, lasciate a seccare per due giorni dopo la raccolta e affinate per 24 mesi in botti di quercia francese.
Delicato e minerale, invece, Santorini Nikteri Reserve, combinazione di Assyrtiko (75%), Athiri (15%) e Aidani (10%) che regala un naso complesso, buon carattere minerale e la bilanciata combinazione tra sensazioni agrumate-citriche e vaniglia, grazie a un affinamento di 12 mesi. Il “semi dolce” Santo pare un succo di frutta e il Santorini Vinsanto, con soli 3 anni di invecchiamento in barrique, non emoziona certo quanto altri provati sull’isola.
Due passi più in là, alla Venetsanos Winery, Giorgio accoglie i suoi ospiti con cortesia e professionalità, in un edificio che ha fatto dello sfruttamento della gravità il suo must nella scelta del design architettonico.
La struttura è stata realizzata dall’alto verso il basso e modernizzata di anno in anno a partire dal 1947 dalla famiglia che porta lo stesso nome. Qui sono quattro i vini proposti in degustazione. Non può mancare l’Assyrtiko, la varietà più importante per l’isola di Santorini, con il 75% della superficie vitata.
Di questa bottiglia colpiscono le note saline che emergono resistenti nel lungo finale, ad accompagnare le note citriche e minerali preponderanti. Più delicato è Nykteri (che Giorgio spiega essere “il vino della notte”, dal greco “nikta”, “notte”). Quattro mesi in barrique per maturare sentori di vaniglia dall’aspro uvaggio Assyrtiko in purezza.
Frutta a polpa bianca matura, fiori bianchi e burro al palato, da abbinare alle carni bianche (14 gradi per l’annata 2014). Il rosso secco proposto in degustazione alla Venetsanos Winery è un Mandilaria in purezza, l’uvaggio rosso più diffuso a Santorini. Un vino di grande potenza, con i suoi 15 gradi. Il 60% del mosto passa in barrique nuove di quercia francese e il 40% matura semplicemente in acciaio.
“Un procedimento – spiega Giorgio – necessario per sminuire gli eccessivi tannini dell’uvaggio, nonché l’acidità. I grappoli vengono precedentemente lasciati al sole per tre giorni, dopo la raccolta”.
Al naso frutti rossi e spezie. Al palato la curiosità di assaggiare la stessa annata, la 2014, tra qualche anno, con ottime prospettive. Perfetto l’abbinamento con carni cotte alla griglia o alla brace, da provare per esempio con l’agnello. Ultimo bicchiere è quello di Vinsanto, considerato uno dei migliori dell’isola. Parere che condividiamo in toto.
Per la sua produzione, alla Venetsanos viene utilizzato il 90% di uvaggio Assyrtiko e il 10% di Aidani. “Le uve – spiega Giorgio – vengono lasciate al sole dai 5 ai 10 giorni, a seconda delle condizioni meteorologiche. La sensazione dolce ottenuta è così naturale. Non commercializziamo il nostro Vinsanto prima di due anni di affinamento”. Al naso e al palato si evidenziano elegantemente mela matura, pesca, albicocca, miele, vaniglia, cioccolato e caramello.
BOUTARI WINERY
Nel sud dell’isola, il wine tour di Santorini prosegue alla Boutari Winery. Un colosso greco del vino, che sull’isola fa bella figura grazie alla sapiente presentazione di Maria Karamolegou, che ci guida nella degustazione. Viene proposta la degustazione di quattro vini autoctoni, tutti di buona qualità.
Dopo l’assaggio del bianco Santorini (100% Assyrtiko, 13,20 euro per la bottiglia da 750 ml) e la sorpresa Kallisti Reserve 2012 (di nuovo Assyrtiko in purezza, ma questa volta affinato in barrique prima e in bottiglia poi, per un totale di 14 mesi, ottenendo dal legno sentori di vaniglia) finalmente qui troviamo un rosè degno di nota, Kouloura, dal nome della forma a “cesto” tipica delle viti di Santorini.
L’annata è la 2013 e viene prodotto al 100% con uve Mandilaria. Al naso ciliegia, miele, fragola. Al palato, Kouloura è invece molto più secco di quello che ci si possa aspettare dal naso, con un finale amarognolo molto accattivante e sorprendentemente salino.
Buon livello anche per Kouloura red, vino rosso secco dai tannini nobili, delicati e dalla buona acidità. Incuriositi, alla Boutari Winery degustiamo anche un vino dell’area della Mantineia, a ovest di Atene: Ilida, blend tra un uvaggio autoctono (Moshofilero) e gli internazionali Chardonnay (affinato in barrique per 4 mesi) e Gewurztraminer.
Ottimo il risultato, da provare. Non a caso, la Boutary Winery è la più visitata dell’isola, grazie anche alla propria esperienza in un campo dove opera dal 1879, anno della propria fondazione a Naoussa. E, sempre non a caso, Boutari è stata nel 2008 la prima azienda vinicola greca ad aggiudicarsi il titolo di “European Winery of the year” per il prestigioso “Wine Enthusiast”.
GAVALAS WINERY Alla Gavalas Winery, l’atmosfera è invece molto intima e familiare. Si viene accolti dalla dolce Fotini Tsiboni, che con voce pacata accomodare gli ospiti sotto il porticato della casa vinicola, allestito a sala di degustazione. Una menzione particolare va al Santorini Natural Ferment, vino bianco secco molto pulito e delicato al palato, nonché dal perfetto bilanciamento tra sale, frutta e dolce.
“Le uve di Assyrtiko – spiega Fotini – vengono raccolte all’inizio del mese di agosto, selezionate accuratamente e poi vinificate secondo il metodo tradizionale di Santorini, ma allo stesso tempo avvalendosi di tutto il nostro know how nel settore, grazie all’apporto di vasche d’acciaio a temperatura controllata”.
Nasce così un vino bianco adatto all’abbinamento con piatti di mare e carne di pollo e tacchino. Non lasciano il segno, invece, né il Nykteri (di 14 gradi, da riassaggiare forse più maturo) proposto in degustazione né il Mavrotragano (risultato ancora troppo acido, nonché salino, nonostante l’utilizzo di barrique nuove di quercia francese per più di 12 mesi) e delude il Vinsanto, davvero troppo zuccherino.
ARTEMIS KARAMOLEGOS WINERY Il wine tour di Santorini di vinialsupermercato.it si chiude alla Artemis Karamolegos Winery, dove Fani ci guida nella degustazione di 6 vini dell’azienda, fondata nel 1952 e rinnovata dal 2004, pluripremiata in diversi concorsi internazionali.
Segni particolari? Un vero e proprio marchio di fabbrica: l’obiettivo di mantenere 3 grammi per litro di residuo zuccherino. Un grande lavoro di ‘chimica’ che si traduce in vini molto asciutti e puliti, che vale davvero la pena di degustare, magari in abbinamento ai piatti del vicino ristorante annesso alla winery, “Aroma Avlis”.
Del resto, dietro alle fatiche di laboratorio, va detto che la Karamolegos Winery può contare sui vigneti più ambiti sull’isola di Santorini, ovvero quelli a 600 metri sul livello del mare della zona di Pyrgos. L’assaggio del primo vino fa subito comprendere che siamo di fronte a un’azienda vinicola di tutto rispetto.
L’Assyrtiko in purezza è tra i più delicati degustati sull’isola, nonché tra i più fruttati. L’acidità non è così spiccata e, anzi, si fanno apprezzare le note di frutti a polpa bianca. Note fruttate che diventano addirittura esotiche in Santorini, blend di Assyrtiko con piccole percentuali di Athiri e Aidani. Apporto fondamentale, quello di quest’ultimo uvaggio, per conferire alla bottiglia note di pera e banana.
Nykteri è al solito di elevato grado alcolemico, ma quello di Artemis Karamolegos è pure ricco di vaniglia e miele, con palato pulito ed elegante che si accende di vaniglia e limone (3 mesi in barrique di quercia francese). In Santorini Barrel Aged, proposto in degustazione con l’annata 2013, troviamo addirittura l’ananas, in un finale lungo e strutturato.
Il rosato (blend Mandilaria e Assyrtiko) non è degno di nota, ma Fani avverte appunto che fa parte della linea “Terranera”, ovvero quella dei vini base, da tavola. La nostra guida torna subito su un buon livello, versando nel calice il Mavrotragano in purezza, maturato in barrique per oltre 24 mesi per l’annata 2010.
Vino potente, molto ben strutturato, con note speziate e di piccoli frutti di bosco a bacca rossa riscontrabili sia al naso che al palato, fa venir voglia di tornare a Santorini tra un altro paio d’anni, per provarlo nuovamente, ancora più maturato in bottiglia: ottimo e perfetto per accompagnare carni saporite e formaggi molto grassi.
“Produrlo – spiega Fani – è molto costoso. L’uva ha un valore di 3,50 euro al Kg e possono occorrere anche 2 Kg per produrre un solo litro di vino”. La Artemis Karamalegos Winery, inoltre, non lo commercializza prima di due anni di ulteriore affinamento in bottiglia.
IL WINE MUSEUM DI SANTORINI
A Santorini non poteva mancare un museo del vino. E’ il Koutsoyannopoulos Wine Museum di Santorini, che ospita la Koutsoyannopoulos Winery. Il cuore del museo è ricavato a una profondità di 8 metri rispetto al livello del suolo, su una superficie totale di 300 metri e presenta – grazie a supporti di audio guida in quattordici lingue – la storia del vino di Santorini dal 1660 al 1970. Anche qui, ovviamente, la possibilità di dedicarsi al termine della visita del museo al wine tasting di quattro diverse produzioni della Koutsoyannopoulos Winery. Il costo di ingresso al museo è di 8 euro.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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