Maurizio Zanella ca' del bosco Franciacorta amarcord. Sognando il Lambrusco

Maurizio Zanella, Franciacorta amarcord. Sognando il Lambrusco

«Quando iniziai a tentare di vendere le mie prime bottiglie a Milano, il punto più importante era Drogheria Gaboardi, in piazza del Tricolore. Lì vendevano il Barolo a 990 lire ogni tre bottiglie. Io avevo la pretesa di vendergli il Franciacorta a 770 lire. A bottiglia. Ricordo ancora benissimo cosa successe. Mi chiesero se ero pazzo. E mi ricordarono che venivo da Brescia (non dalle Langhe, ndr). Il mio primo impatto con il mercato milanese non fu molto facile».

Agita vorticosamente due bacchette da sushi, Maurizio Zanella, nel ripercorrere uno degli episodi che lo ha portato a diventare un nome pesante della storia del vino italiano, con Ca’ del Bosco. Un viaggio nella memoria che sa di rivincita. Il sommelier del Sachi di via Orefici, elegante ristorante giapponese al quarto piano di Palazzo Cordusio, ha appena versato nei calici il Franciacorta Cuvée Prestige Rosé Edizione 46 della maison di Erbusco. Sullo sfondo della sala privé, allestita nel minimo dettaglio per la speciale Wine Dinner, il sole abbassa le serrande baciando le guglie del Duomo.

FRANCIACORTA AMARCORD: MAURIZIO ZANELLA E I SEGRETI DELLA DENOMINAZIONE

Drogheria Gaboardi le ha abbassate per sempre ormai da un pezzo, inghiottita insieme a tanti altri negozi di vicinato da una Milano sempre più globalizzata e internazionale. Al contrario, la Franciacorta e il Franciacorta, sono divenuti fenomeni italiani mondiali. Un successo che si deve al genio e allo spirito imprenditoriale di bresciani come Maurizio Zanella. Gente passata, in cinquant’anni o giù di lì, dall’essere considerata pazza e pretenziosa, a lungimirante e visionaria.

Drogheria-Gaboardi-in-piazza-del-Tricolore-a-Milano-foto-d-epoca

«Quello del Franciacorta è un progetto senza precedenti in Europa. Molte cose simili sono state fatte, in un tempo relativamente breve, negli Stati Uniti. In Europa non è mai accaduto che qualcuno abbia raggiunto una tale qualità e notorietà in soli 50 anni. Per questo mi piace dire che la Franciacorta non è bella perché è giovane, ma è bella perché è bella.

Abbiamo potuto realizzare questo progetto molto velocemente soprattutto per due motivi. In primis, sul territorio non c’erano né cooperative né industrie, ma solo agricoltori che avevano la vigna. In secondo luogo, abbiamo deciso di utilizzare il disciplinare dello Champagne come base d’ispirazione, rendendolo però ancora più severo, per far bene sin dal principio e mettere i “paletti” alla qualità».

LA FRANCIACORTA ANNI SESSANTA

Anche dalle parti di Brescia, però, le cose non sono sempre state rose e fiori. «Prima degli anni ’60 – ha ricordato Zanella – il vino locale era destinato quasi esclusivamente a nobili e frati. Il cambiamento è stato favorito dall’ingresso di produttori con idee nuove, che hanno trasformato una viticoltura italiana sino ad allora orientata alla quantità e al prezzo basso, in una produzione votata alla qualità».

Zanella ha sottolineato che fino alla fine degli anni ’70, l’enologia in Italia non era insegnata nelle università: «Le scuole formavano agronomi, non enologi. Gli veniva insegnato come produrre tanto e massimizzare i costi, riducendoli». Il passaggio a una viticoltura più attenta alla qualità ha segnato l’inizio di quello che Zanella definisce il «Rinascimento enologico del nostro Paese». Uno scatto in avanti dovuto, dolorosamente, anche al metanolo, «che ci ha aiutato a comprendere che la nostra filosofia votata alla qualità, e non alla quantità, non era follia».

LE UGA DEL FRANCIACORTA

Nel frattempo, la Franciacorta si era vista riconoscere la Denominazione di Origine Controllata (Doc), nel 1967. Quasi un decennio dopo lo scandalo dell’alcol metilico, nel 1995, ecco la promozione a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg). A distanza di 20 anni, la zona si prepara a dare il benvenuto all’ennesimo upgrade. Il Cda del Consorzio vinicolo bresciano ha dato il via libera alle Uga del Franciacorta, ovvero alle Unità Geografiche Aggiuntive. Saranno 134.

«La mappa – ha spiegato Maurizio Zanella – sono di Alessandro Masnaghetti. Alessandro ci ha messo tre anni e ci ha detto che è stato il più facile di tutti i lavori simili che ha realizzato. Ha già lavorato sul progetto delle Uga in altre aree rinomate, come Barolo, Barbaresco, Napa Valley, Sauternes. Secondo lui, quello della Franciacorta è stato il più bello e anche il più semplice, perché è potuto partire da basi solide, precostituite».

Quali? «Siamo partiti dal catasto napoleonico. Napoleone creò un catasto in Franciacorta nel 1800. Questo ha reso tutto molto più semplice per Masnaghetti, perché su quelle carte era indicato addirittura il tipo di coltivazione presente in ogni parcella. Non c’è stato bisogno di inventare nulla o di chiedere ai vecchi contadini il nome delle colline, come in altre regioni».

Le Uga saranno presenti in etichetta solo sui Franciacorta millesimati e sui Franciacorta Riserva, le cui uve dovranno provenire per almeno il 90% dalla parcella indicata. Ci vorranno anni, presumibilmente 5 o 6, prima di vedere le prime Unità Geografiche Aggiuntive sulle bottiglie. «Serve il completamento di tutti i passaggi burocratici – ha sottolineato il patron di Ca’ del Bosco – con l’approvazione da parte del Ministero, a Roma, e dell’Unione europea, a Bruxelles. E poi bisogna considerare i tempi produttivi. Per un vintage servono almeno cinque anni, considerando i 48 mesi sui lieviti richiesti in Franciacorta».

MAURIZIO ZANELLA E QUELL’OCCHIOLINO AL LAMBRUSCO

Sempre in occasione della Wine Dinner al Sachi Milano, con gli abbinamenti di 6 etichette di Ca’ del Bosco (tutte formato magnum) ai piatti dello chef Anthony Calò ben centrati dai sommelier Alessandro Celegato e Raffaele Silvestre, c’è stato spazio anche per un curioso siparietto. Rispondendo alla domanda: «Dove investirebbe oggi?», Maurizio Zanella ha spiazzato tutti rispondendo: «Nel Lambrusco».

«È un vino che dà gioia, un vino piacevole, straordinario e che nessun altro ha – ha commentato il patron di Ca’ del Bosco – purtroppo minacciato da produzioni massive, in qualche caso imbevibili. Ma, se di qualità, è il vino più buono che c’è, stupendo, gioioso». Da qui a una riflessione sulla comunicazione del settore, il passo è stato breve. «Dobbiamo rendere il vino una cosa più semplice. Lo abbiamo fatto diventare un mostro che spaventa la gente, invece dobbiamo avvicinarla. Più ce la tiriamo, più allontaniamo il consumatore».

Un appello come tanti, che forse cadrà nel vuoto. Per essere poi ricordato, magari, su per giù, tra 50 anni. Quando tutto sarà diverso. Com’era diversa la Franciacorta degli anni Sessanta, in quella drogheria milanese da cui Zanella uscì «pazzo». Ma ancor più fieramente «bresciano» di quanto fosse entrato.

Maurizio Zanella, Franciacorta amarcord. Sognando il Lambrusco. https://www.cadelbosco.com/it/. https://sachirestaurants.com/it/milan-2/.

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