Lavoro nero nelle vigne del Valdobbiadene Prosecco Docg (video)

IN BREVE
  • Durante i controlli per la vendemmia 2025, la Guardia di Finanza ha scoperto 14 braccianti irregolari, di cui 13 lavoravano in nero.
  • Un imprenditore pakistano a Zenson di Piave era coinvolto in un appalto con una società agricola per la produzione di Prosecco Docg.
  • Tra i venti lavoratori controllati, uno era senza permesso di soggiorno e un altro completamente in nero.
  • Le indagini hanno rivelato un appalto illecito, con l’imprenditore privo di autonomia organizzativa sui lavoratori.
  • Sono stati denunciati l’imprenditore pakistano e il rappresentante legale della società agricola per violazioni previsti dal Decreto Biagi.

In occasione della vendemmia 2025, la Guardia di Finanza di Treviso ha eseguito una serie di controlli su ditte e società agricole della Marca, rilevando «numerose violazioni della normativa sul lavoro». Nel corso delle verifiche sono stati scoperti 14 braccianti irregolari, di cui 13 completamente in nero.

PROSECCO VALDOBBIADENE IN NERO: INDAGINI SU DITTA DI ZENSON DI PIAVE

Le successive indagini hanno portato l’attenzione dei finanzieri della Compagnia di Conegliano su una ditta individuale di Zenson di Piave, guidata da un cittadino di origine pakistana. L’uomo aveva sottoscritto un contratto d’appalto con una società proprietaria di terreni a Valdobbiadene, destinati alla produzione di Prosecco Docg.

Durante un controllo, i militari hanno trovato venti lavoratori impegnati nella raccolta delle uve. Diciotto di loro risultavano formalmente dipendenti della ditta del titolare pakistano.

LAVORATORI IRREGOLARI E IPOTESI DI APPALTO ILLECITO

Gli accertamenti hanno permesso di scoprire che tra i dipendenti vi era un cittadino bengalese privo di permesso di soggiorno, oltre a un lavoratore totalmente “a nero”. Per questo motivo, il titolare e il lavoratore bengalese sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Treviso.

Ma le verifiche hanno anche fatto emergere un quadro più complesso. Secondo la Guardia di Finanza, il contratto stipulato tra l’imprenditore e la società agricola mascherava un vero e proprio appalto illecito.

L’elemento decisivo riguarda l’assenza di autonomia organizzativa dell’appaltatore, che non aveva alcun potere direttivo sui lavoratori. Gli stessi utilizzavano strumenti e attrezzature forniti direttamente dalla società agricola, segno che il rapporto tra le due parti non corrispondeva alle condizioni previste dal contratto di appalto.

SEGNALAZIONE ALLA PROCURA DEI DUE RESPONSABILI

Sulla base di tali elementi, i finanzieri hanno segnalato entrambi – l’imprenditore pakistano e il rappresentante legale della società agricola – alla Procura della Repubblica di Treviso. L’ipotesi di reato è di appalto illecito, previsto dal Decreto Legislativo n. 276/2003, noto come “Decreto Biagi”.

La Guardia di Finanza ha sottolineato come questa attività rappresenti un’ulteriore dimostrazione del proprio impegno nel contrastare il lavoro sommerso. Un fenomeno che «mina i diritti dei lavoratori e altera la concorrenza a danno delle imprese oneste».

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