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E se l’Asti Docg fosse dry?

Asti Docg, vino unico nel suo genere a Denominazione di Origine Controllata e Garantita è lo spumante aromatico dolce per eccellenza. Ma qualcosa potrebbe cambiare. Una versione dell’Asti Docg meno dolce potrebbe arrivare presto sugli scaffali di gdo ed horeca. E’ in corso la valutazione, da parte del Consorzio, di inserire una versione “dry” dell’Asti. A dichiararlo è lo stesso presidente Giorgio Bosticco durante un’intervista alla Stampa. Il lavoro è iniziato da circa un anno, a seguito delle sollecitazioni di alcuni membri del Consorzio. E’ stato costituito un team di progetto di enologi per verificare la fattibilità di una versione a ridotto contenuto zuccherino. La richiesta nasce dalla tendenza del consumo in ambito spumantistico verso contenuti più secchi. Il nome di questa nuova versione Asti Docg è ancora tutto da definire ed è stato commissionato ad una agenzia specializzata anche se sono già molte le polemiche sul rischio di compromettere ulteriormente le vendite in crisi dell’Asti Docg e del Moscato di Asti. La volontà è comunque quella di non snaturare l’identità dell’uva moscato, un’ uva aromatica unica ed irripetibile. Da settembre  saranno eseguite ricerche di mercato in Italia ed in Germania per avere riscontri  lato consumatore . Una mossa delicata che si gioca da un lato sull’opportunità di cogliere positivi trend di mercato, sulla scia della prosecco mania, dall’altro sul cercare di evitare confusioni al consumatore che  riconosce nell’Asti Docg da sempre un prodotto dolce. Difficile quindi il corretto posizionamento, ma in Italia e all’estero ci sono già history case di successo, basti pensare allo champagne che resta champagne anche se si può scegliere un dosaggio da brut a dolce, o al prosecco dry o extra dry o brut.  Una mossa che potrebbe dare un po’ di respiro ai produttori ancora divisi tra lo svoltare e il rimanere nella cosiddetta zona di confort.

 

 

 

 

 

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