Squilla a lungo il telefono di Cantina Toblino, prima che qualcuno alzi la cornetta. L’interno è quello dell’amministrazione. Una voce femminile rompe il silenzio del centralino di via Longhe 1, a Sarche di Madruzzo (Trento): “Provo a passarle il direttore” (Carlo De Biasi, ndr). Pochi secondi per rimbalzare l’ospite sgradito. “Non siamo interessati a queste cose“, taglia corto la voce femminile.
“Queste cose” sono il licenziamento in tronco dei due enologi Lorenzo Tomazzoli e Marco Pederzolli. Fatti fuori dalla cooperativa guidata dal presidente Bruno Luterotti, stando alla ricostruzione dei winemaker, per aver declassato circa 2.500 quintali di uve destinate alla produzione di alcuni vini Igt Vigneti della Dolomiti: Nosiola, Schiava e Müller-Thurgau provenienti dai vigneti di 600 soci, nella Valle dei Laghi.
Un provvedimento impugnato dai due enologi, decisi a far valere le loro ragioni. Il licenziamento in tronco, di fatto, è stato deciso “per giusta causa“. Un duro colpo soprattutto per Tomazzoli, a Cantina Toblino da quasi 40 anni.
Sino a quel momento, secondo i due enologi, a Cantina Toblino non erano mai stati accettati gradi inferiori al 9% vol per l’Igt, nonostante il disciplinare dell’indicazione geografica non imponga soglie minime. Un motivo di vanto per la cooperativa, che al contempo assicurava una corretta remunerazione delle uve ai soci viticoltori virtuosi, senza ricorrere all’arricchimento in cantina.
“Ponendo di partire dai 10% vol prescritti per legge per il consumo dell’Igt Vigneti delle Dolomiti – continua Pederzolli – avremmo dovuto procedere, come mai fatto prima, a un eventuale arricchimento fino a 1,50% vol delle uve giunte in cantina a 8,50% vol. Una pratica lecita, ma mai effettuata prima, in difesa della qualità della produzione”.
Pederzolli non è in grado di stabilire a quanto ammonti il danno arrecato da questa scelta. Anzi, rincara la dose ai microfoni di WineMag.it: “Credo di essere oggettivo nell’affermare che il danno posto alla base del nostro licenziamento non esista affatto, dal momento che la vendita del vino come Igt o come vino da tavola, in canali interni all’azienda, avrebbe generato valori molto simili. L’azienda, peraltro, non hai mai parlato di cifre”.
La lettera di contestazione che preannunciava il licenziamento è stata notificata ai due enologi di Cantina Toblino alla fine di settembre. La coppia di winemaker, sentendosi in trappola, ha deciso di ingaggiare uno dei migliori avvocati giuslavoristi su piazza, Osvaldo Cantone del Foro di Verona (studio legale Menichetti).
La risposta dei due enologi è arrivata nei tempi previsti sulla scrivania del presidente Bruno Luterotti e del direttore generale Carlo De Biasi. “Abbiamo chiesto un’audizione orale di fronte al Cda, che si è sempre negato, mandando avanti l’avvocato. Non avremmo chiesto pietà o uno sconto di pena, ma quantomeno di essere ascoltati”, continua Pederzolli.
Per meglio comprendere quanto accaduto, l’enologo ricorre a un esempio figurato. “Mettiamo il caso che un trasportatore percorra un tratto urbano. Qui il limite di velocità non è segnalato, ma è risaputo essere di 50 km/h. Il trasportatore conduce il veicolo a 49,99 km/h, ma si vede contestare di non aver transitato a 55 km/h, esistendo probabilmente una tolleranza, ed avendo quindi creato un danno alla ditta per il ritardo che ha accumulato andando più prudente”.
Se poi avesse preso una multa o causato un incidente? A questo proposito i vertici di Cantina Toblino hanno sempre tenuto a ribadire che ‘chi sbaglia paga’. La contestazione viene mossa praticamente per ‘eccesso di zelo’ agli esecutori diretti o indiretti”.
“Nulla viene invece addebitato al direttore generale – continua Marco Pederzolli – più volte intervenuto nella gestione dei gradi minimi delle bolle, o al consulente incaricato dal Cda nella vendemmia 2017 (e anche dopo) di controllare ed impostare il funzionamento della contabilità vitivinicola”.
Inoltre si prescinde dal fatto che tutti, ivi compreso il Presidente e l’intero Cda avessero piena conoscenza circa l’operato oggetto di contestazione visto che era espressamente previsto nel regolamento di conferimento per soci e delegati dai soci”.
“Il grado minimo delle uve – continua l’enologo trentino – garantisce, attraverso il vinificatore, la migliore qualità possibile del prodotto al consumatore, tutelando l’immagine della maison e del territorio di cui porta il nome”.
Pederzolli rivolge alla sua ormai ex azienda una domanda: “Quale immagine dei ‘Vigneti delle Dolomiti’ passa al consumatore con un vino prodotto da uve a soli 8% vol? In questo caso meglio la denominazione generica ‘Vino Bianco’ o ‘Vino rosso’, che comunque i normali canali di vendita aziendali sono in grado di valorizzare nel prezzo”.
I due enologi, di fatto, si sentono vittime di questa vicenda e non colpevoli: “La questione è un pretesto creato in ‘laboratorio’, sottoposto solo a cose fatte al Cda, il quale, ritengo in modo discutibile, non ha ritenuto di sentire altri punti di vista. La partita era già chiusa prima di essere aperta, poco importa delle giustificazioni addotte, e doveva essere messa via il più rapidamente possibile”.
Poi, alcune considerazioni più generali: “Secondo me la posta in gioco non è solo liberare i posti di due ‘rompi’. Ritengo che, alla vigilia del rinnovo di tutto il Cda, serva un capro espiatorio per ‘coprire’ la decisione arbitraria della cantina di pagare 40 €/q.le l’uva sotto i 14,20 babo (9 %vol), quindi Nosiola, Müller-Thurgau e Schiava.
Evidentemente questo ha messo in difficoltà i viticoltori eroici dei vitigni emblema della Valle dei Laghi che, con il precedente sistema di pagamento, potevano almeno coprire i costi di produzione”.
La situazione, a Sarche di Madruzzo, sarebbe agitata. “Se si conferma il trend dell’anno scorso – attacca Pederzolli – l’attuale presidenza potrebbe trovare un fronte critico alla prossima assemblea dei soci. Creando ad arte un motivo di preoccupazione si libera il campo da possibili outsider verso la riconferma”.
“Il più prestigioso e prezioso vignaiolo collettivo espresso dal Trentino’ – continua – oggi dimostra una triste similitudine con il Titanic. Tutti abbiamo in mente lo splendido ‘Transatlantico’ di quattro anni fa (2016)”.
Il lungo umile lavoro degli ‘Uomini della Toblino’ ha costruito in 50 anni di storia una azienda ben organizzata, con due società controllate (per gestire azienda agricola ed osteria) ambiziose ed in sostanziale equilibrio. Stiamo ancora apprezzando la qualità di vini buoni venduti ad un giusto prezzo, in decisa corsa verso il bio”.
“Da tempo il Titanic però ha cozzato nell’iceberg – continua Pederzolli – e sta calando su un fianco. Calano i prezzi delle uve, nonostante siano aumentate le liquidazioni del consorzio di secondo grado o le cantine consorelle migliorino le performance di bilancio”.
Per la prima volta è iniziata una fuga di soci verso altre cooperative dove, oltre alle migliori liquidazioni, possano trovare la disponibilità ad affrontare serenamente le situazioni che la produzione viticola propone. Le due società controllate sono entrate in una fase di pesante perdita di bilancio”.
Durissima anche la chiosa dei due enologi licenziati da Toblino: “L’orchestra continua a suonare sulle note di ‘circolari soci’ autocelebrative, post, foto che ritraggono un paesaggio ormai passato. E quando due marinai lanciano l’allarme, il capitano preferisce farli fuori e buttarli a mare, calpestandone la dignità di persone e lavoratori”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.