LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, questo blend di Trebbiano e Malvasia si presenta, a due anni dall’imbottigliamento, di un giallo dorato, simile a quello della camomilla. Al naso è particolarmente intenso e complesso. Dapprima emergono note esotiche e di frutta matura, albicocca sciroppata, ananas, melone giallo.
Sorprendono i richiami a frutta a polpa rossa come l’amarena e il lampone stramaturo, di quello che si spappola appena lo prendi in mano. Il sottofondo, olfattivo e musicale, è quello di un sottile miele millefiori, corroborato da una preziosa vena campagnola, conferita dalla foglia di pomodoro rinsecchita.
L’ingresso in bocca è corrispondente al palato, più morbida che dura. Poi l’acidità accende il sorso, d’un tratto. Caldo per l’alcolicità, il Biferno Bianco Kantharos Angelo D’Uva trova un perfetto equilibrio al palato, grazie al calibro di un’acidità che sembra dosata col misurino.
Retro olfattivo sullo stesso fil rouge, citrico, tutto giocato su note di lime e pompelmo. Una chiusura austera rispetto alla “grassezza” e all’opulenza del primo bacio col nettare. Un vino, questo Kantharos di D’Uva, che alla cieca potrebbe essere scambiato per un Gewurztraminer di ottima fattura. Filo conduttore, l’aromaticità che accomuna Traminer e Malvasia.
In cucina, questo ottimo vino del Molise, perfettamente maturato in bottiglia – anche se non si tratta, formalmente, di un pensato per lunghi affinamenti – si presta bene all’accompagnamento di piatti della cucina asiatica, speziati, o di carni leggere.
LA VINIFICAZIONE
Sono Trebbiano (90%) e Malvasia (10%) a comporre il delizioso blend molisano Kantharos. Milleseicento ceppi per ettaro la densità d’impianto delle viti, che affondano le radici in un suolo argilloso e calcareo. La vinificazione prevede diraspatura e pressatura soffice delle uve.
Segue la chiarifica con flottazione. La fermentazione avviene invece alla temperatura controllata di 15 gradi. Il Biferno Doc Bianco Kantharos affina poi in acciaio per 4 mesi e riposa in bottiglia diverse decine di giorni prima di essere commercializzato.
Angelo D’Uva è uno di quelli che si fa chiamare ancora “vignaiuolo”. Con quel “iu” che sottolinea, forse, ancora meglio il concetto. La sua terra è Larino, in Molise: regione che ha tanto da dare all’enologia italiana. La storia della cantina “è una storia di famiglia”.
Fu il nonno Angelo a piantare i primi vigneti, negli anni Quaranta. Il figlio Sebastiano, negli anni 60-70 contribuisce alla crescita della cantina. Ad Angelo, l’attuale titolare, si deve la definitiva consacrazione. Un percorso iniziato nel 2001, anno in cui dà avvio alla trasformazione diretta delle proprie uve e alla produzione di vini Doc e Igt.
“Coniugare l’esperienza contadina e le moderne conoscenze e tecnologie enologiche” è il credo di Angelo D’Uva, condiviso dal suo giovane enologo Donato Di Tommaso. Per entrambi “un buon vino inizia da un frutto sano e la vinificazione deve essere semplice ed essenziale. Perché il vino sia una sincera e schietta espressione della sua terra”.
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